Festival di Cannes 2021, è il giorno di Matt Damon: «Non mi sento arrivato. Avatar? Rifiutandolo persi tantissimi soldi»

L'attore presenta fuori concorso sulla Croisette "La ragazza di Stillwater" di Tom McCarthy e si racconta in una masterclass gremita: la commozione per il ritorno in sala dopo la pandemia, la gavetta squattrinata in affitto con l'amico di sempre Ben Affleck, il modo rilassato di vivere il lavoro e quel "gran rifiuto" a James Cameron che ancora pesa

Matt Damon

Al Festival di Cannes 2021 è il giorno di Matt Damon: il popolare attore statunitense è il grande ospite d’onore e accompagna sulla Croisette Stillwater, il thriller di Tom McCarthy (Il caso Spotlight) Fuori Concorso a Cannes 74. Il film racconta la storia di Bill Baker (interpretato dallo stesso Damon), un operaio petrolifero di una piccola città dell’Oklahoma che attraversa l’oceano per andare a trovare la figlia Allison (Abigail Breslin), condannata a nove anni e detenuta nel carcere di Marsiglia per l’accoltellamento di una coetanea con cui aveva una relazione e sempre dichiaratasi innocente (il regista ha ammesso, in conferenza stampa, che la storia è ispirata al caso di Amanda Knox e all’omicidio di Meredith Kercher, anche se nello sviluppo della sceneggiatura ha finito per discostarsene). 

Alla fine della proiezione ufficiale l’attore si è commosso quasi fino alle lacrime, faticando a trattenere l’emozione e apparendo con gli occhi vistosamente lucidi durante l’ovazione di ben cinque minuti di applausi. Il lungometraggio era forzatamente ai box da un anno causa pandemia e potrebbe essere legittimamente uno dei protagonisti della prossima stagione dei premi, nei quali anche Damon potrebbe tornare protagonista con una nomination all’Oscar. 

«Ciò che abbiamo vissuto negli ultimi mesi è davvero inumano – ha detto lui – dopo un anno e mezzo passato a vedere la tv ritrovarsi in una sala con tantissimi spettatori accomunati dall’amore per il cinema è qualcosa che mi ha profondamente commosso. Non avevo mai provato un’esperienza così forte in sala».

Abigail Breslin, Lilou Siauvaud, Matt Damon, Camille Cottin, Tom McCarthy al photocall di Stillwater. Foto: Stephane Cardinale – Corbis/Corbis via Getty Images

L’attore nel corso del pomeriggio ha poi tenuto banco in un atteso e gremito rendez-vous con il pubblico, che ha fatto seguito a quello dei giorni scorsi con protagonista Jodie Foster (trovate qui il resoconto completo). Durante la conversazione ha toccato diversi argomenti nell’arco di ben un’ora e mezza, raccontandosi con generosità e partendo ovviamente dai suoi esordi. «Non mi sento arrivato, è un mestiere che più lo fai e più impari – esordisce Damon – Il mio lavoro mi piace completamente, sulla riga dove bisognava indicare la professione scrivevo sempre: “Voglio fare l’attore”. Se non fossi più entusiasta smetterei, farei altro. Fare film è artigianato, si impara solo facendolo. Non credo se ne possa parlare in teoria, è un lavoro duro. L’ambiente è feroce, ma anche fantastico».

La sua carriera fu immediatamente benedetta da un Oscar alla sceneggiatura di Will Hunting – Genio Ribelle, scritta insieme allo storico amico e collaboratore Ben Affleck per il film diretto da Gus Van Sant. Il ricordo di quel 1997, anno cruciale per la vita e la carriera di Damon, è ancora vivido: «Io e Ben vivevamo insieme nello stesso appartamento piccolissimo, facevamo i turni per dormire sul divano, erano i primi memorabili passi. Lui doveva sposarsi, ma poi si mollò con la ragazza. L’Oscar ci fece finire sulla copertina di Variety e andavamo in giro col giornale per prendere in affitto una casa. Dicevamo: “Ehi, noi siamo questi qui”. Quella con Ben è la collaborazione più importante della mia vita e per Will Hunting non volevamo seguire formule o regole per piacere a tutti i costi al pubblico. Scrivemmo pensando a Robin Williams, come aveva fatto Tarantino con Harvey Keitel per Le iene qualche anno prima, e quando vendemmo il copione le nostre esistenze cambiarono».  

Matt Damon al photocall di Stillwater. Foto: Stephane Cardinale – Corbis/Corbis via Getty Images)

Tanti i successi, i film in carriera – dalla saga action di Jason Bourne («Pensavano sarebbe stata un disastro, infatti non bisogna mai prenderla sul personale in questo lavoro, è solo business alla fine») a The Departed , passando per Il talento di Mr. Ripley e i vari Ocean’s fino al Golden Globe per The Martian – e gli autori di primo piano che l’hanno diretto, tanto che solo a snocciolarne alcuni (Scorsese, Eastwood, Coppola, Spielberg, Nolan, i fratelli Coen, Soderbergh) la lista si fa immediatamente interminabile. Un rimpianto però Damon, che ha compiuto 50 anni lo scorso ottobre, ce l’ha eccome, ed è la mancata partecipazione ad Avatar di James Cameron, film che avrebbe poi incassato (ad oggi) la cifra mostre di 2,8 miliardi di dollari, ancora oggi il maggior risultato al botteghino della storia del cinema.

«Ero impegnato nella post-produzione del nuovo The Bourne Ultimatum e volevo lavorarci per bene – racconta lui – James Cameron mi chiamò dicendomi che stava montando Avatar e mi chiese se volessi far parte del film. Mi avrebbe potuto dare il 10% degli incassi. Dissi di no (qui la sala è esplosa in una risata fragorosa, ndr). Ora, ditemi: conoscete un altro attore che ha potuto rifiutare così tanti soldi ricevendo solo una pacca sulla spalla da James Cameron? Spero mi richiami, sogno un giorno di lavorare per lui gratis»

Matt Damon alla conferenza stampa di Stillwater. Foto: JOHN MACDOUGALL/AFP via Getty Images

C’è tempo anche per un aneddoto e un commento scherzoso sugli amici Clooney e Pitt: «Eravamo a Monaco, io Brad e George, per girare Ocean’s Eleven. Ci furono degli istanti di panico, Brad era completamente braccato dai fan. Fare una vita così priva di privacy è complicato, ma io sono fortunato, sono sposato e noioso, tanto che i magazine di sesso e gossip mi hanno mollato quasi subito. Perché lavoro spesso con loro due? Beh, in fondo ho trascorso un sacco di tempo su Marte!».

A chi gli chiede del mimetismo delle sue trasformazioni, anche in ruoli apparentemente da americano medio e ordinario come in The Informant! o Suburbicon, Damon replica infine: «Le trasformazioni fisiche a volte sono fondamentali. Per Stillwater ho preso peso, non so quanto, iniziando a camminare e parlare in modo diverso. Abbiamo trascorso anche del tempo in Oklahoma, che è molto diverso da dove sono cresciuto: sono accoglienti, fanno i barbecue nel retro delle chiese, ogni tanto qualcuno tira fuori una chitarra e canta canzoni di Chiesa». 

Matt Damon al photocall di Stillwater. Foto: VALERY HACHE/AFP via Getty Images

Foto di copertina: Getty (VALERY HACHE/AFP via Getty Images)

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