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Chupa: la recensione dell’avventuroso teen movie di Netflix di Jonás Cuarón, figlio d’arte di Alfonso

Durante un viaggio in Messico con la sua famiglia, il giovane Alex scopre un piccolo chupacabra nascosto nel ranch del nonno. Alex insieme ai suoi cugini deciderà di salvare la creatura partendo per un'indimenticabile avventura

Chupa: la recensione dell’avventuroso teen movie di Netflix di Jonás Cuarón, figlio d’arte di Alfonso

Durante un viaggio in Messico con la sua famiglia, il giovane Alex scopre un piccolo chupacabra nascosto nel ranch del nonno. Alex insieme ai suoi cugini deciderà di salvare la creatura partendo per un'indimenticabile avventura

Chupa
PANORAMICA
Regia
Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora

Il cinema teen e di avventura per ragazzi è ancora oggi una bussola imprescindibile e un barometro insostituibile del nostro immaginario cinematografico: un genere-caposaldo del “sentimento del mondo”, che mappa e riordina senza colpo ferire epoche, stagioni, nostalgie e languori, evocando molto spesso quell’abusato ripiegamento anni ’80 che va dagli Stand by me a tutti gli Stranger Things di questo mondo.

Non si dissocia da tale obbligato filone (e fa specie, visto che è collocato temporalmente nel decennio successivo, cioè nel 1996) anche Chupa, diretto da Jonás Cuarón, figlio d’arte del cineasta due volte premio Oscar Alfonso, regista di film come Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Gravity e Roma. Protagonista un tredicenne del Kansas (ma non siamo più nel Kansas anymore, per citare Il mago di Oz così come l’ha ripreso di recente Avatar – La via dell’acqua), che s’imbatte in un cucciolo di chupacabra, creatura leggendaria che attacca e uccide animali domestici, spesso capre, dissanguandoli e bevendone il sangue.

Facendo ricorso a un mito molto popolare nei paesi sudamericani e nella comunità latinoamericana degli Stati Uniti, Cuarón junior gira il film a New Mexico, ma, al di là delle giuste ambientazioni, il film purtroppo è un fiasco colossale e non ha nessun’altra freccia al suo arco: i ragazzini sono piatti e monodimensionali, il senso dell’avventura misero e non pervenuto, le creature digitali, che potevano suscitare un senso di insondabile mistero e di ancestrale sgomento, quantomeno da sopracciglio alzato, deludono. ¡Madre mía!

Foto: 26th Street Pictures, Pimienta Films

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