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Men in Black: International, la recensione

Men in Black: International, la recensione

PANORAMICA
Regia (2.5)
Interpretazioni (2.5)
Sceneggiatura (2)
Fotografia (3)
Montaggio (2.5)
Effetti Speciali (4)

Il senso del film è tutto in quell’aggiunta nel titolo: International, che rompe l’americacentrismo della saga creata da Barry Sonnenfeld portando in scena il ritratto di una società globalizzata e più inclusiva.

Il nero del buddy movie diventa una donna, Tessa Thompson, mentre il suo compagno è Chris Hemsworth, australiano che però nella cultura pop è un alieno proveniente da un lontano pianeta, Asgard. L’avventura parte sulla Tour Eiffel di Parigi ma poi si trasferisce a Brooklyn, Londra, Marrakesh e persino Napoli: non ci sono confini geografici in questo film (ai protagonisti basta prendere una metropolitana dalla velocità supersonica per finire da un punto all’altro del globo), e, cosa anche più importante, non ci sono più nemmeno confini di gender: Men in Black: International, allora, prosegue innanzitutto il lavoro iniziato dall’ultima trilogia di Star Wars, presentandoci un’alternativa di fantascienza mainstream capace di riflettere un modello d’integrazione in linea con la sensibilità del pubblico odierno. D’altronde, se può esistere una donna jedi, perché non una woman in black?

Ciò che si guadagna in ampiezza di vedute, però, non necessariamente si traduce in coinvolgimento: a mancare all’avventura, infatti, è una solida storia capace di fare da collante alle varie tappe del racconto, una tensione in grado di spezzare e andare oltre lo scanzonato mood: Hemsworth e la Thompson sono belli e cool, ma raramente abbiamo l’impressione di entrare veramente nei loro personaggi provando un reale senso di affetto; una cosa, questa, che invece accadeva prontamente con i loro ruoli Marvel.

Per quanto non esente da momenti divertenti e da scene action girate con esaltazione, la resa finale pecca un po’ di superficialità, e nonostante tutti i viaggi intercontinentali che ci presenta il film, l’impressione è di aver visto tutti quei posti solo attraverso una cartolina. Men in Black: International non entra nel cuore dei suoi personaggi e dei suoi luoghi, mostrando più volte carenza d’empatia e stupore: le 2 ore di svago sono garantite, ma è un vero peccato non essere riusciti a superare la soglia del popcorn movie nonostante le premesse.

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