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The Imitation Game: la recensione di Barbara Monti

The Imitation Game: la recensione di Barbara Monti

Alan Turing è un brillante matematico ed esperto di crittografia inglese che, durante la seconda guerra mondiale, decide di cimentarsi in un’impresa quasi impossibile: decriptare Enigma, il codice utilizzato dai nazisti per comunicare segretamente le operazioni militari. Insieme ad un team di linguisti e matematici porta a termine il lavoro con successo ma, una volta finita la guerra, inizierà per Turing una battaglia molto più personale.
A tre anni di distanza da Headhunters, tratto da un romanzo di Jo Nesbø, Morten Tyldum realizza un altro adattamento cinematografico, questa volta da un’opera del matematico inglese Andrew Hodges: Alan Turing. Storia di un enigma.
Il film di Tyldum va ad inserirsi nel filone – al momento gettonatissimo – dei biopics, raccontando la biografia dell’uomo che è considerato il pioniere dell’informatica. In un’alternanza di flashback e flashforward il regista ci mostra Turing da bambino e da adulto, soffermandosi su alcuni episodi significativi della sua vita. La regia scorre fluida, ma senza particolari guizzi, conformandosi ai canoni stilistici del genere biografico.
Emerge con forza la tematica del diverso, personificata ovviamente da Turing. Il suo approccio alla vita, totalmente difforme rispetto agli schemi imposti dalla società, e la sua omosessualità lo rendono inadeguato. Inadeguato a rapportarsi con i suoi colleghi ed i suoi superiori. Inadeguato a vivere nell’Inghilterra degli anni ’50, che prevedeva la prigione o la castrazione chimica per gli omosessuali. Ciò che colpisce e trascina della storia di Turing è la sua radicata convinzione di poter risolvere il problema assegnatogli: la sua fede nelle macchine, diverse dall’uomo, ma in grado di imitarne il pensiero, non crolla mai.
Benedict Cumberbatch regala un’interpretazione toccante, di un uomo geniale e terribilmente solo. Calato perfettamente nella parte, riesce a far trasparire le molteplici sfaccettature del carattere di Turing, dall’arroganza dettata dall’estrema fiducia nella propria intelligenza, alla fragilità di un uomo mortificato perché “diverso”.
Brava anche Keira Knightley, che interpreta Joan Clarke, unica figura femminile nell’ universo esclusivamente maschile di Bletchley Park (sede centrale della Goverment Code and Cypher School) e unica vera amica di Turing.
Già candidato a cinque Golden Globes, The imitation game ha ottime probabilità di essere tra i favoriti alle nominations degli Academy Awards.
Il pregio maggiore di questo film, oltre all’ottima performance del protagonista, è senz’altro quello di ridare dignità e valore alla figura di un uomo troppo a lungo ignorato. Il lavoro di Turing, rimasto coperto dal segreto governativo per cinquant’anni, ha contribuito ha cambiare la storia, anticipando la fine della guerra di almeno due anni e salvando così milioni di vite.
Il trattamento ignobile e colmo di ingratitudine ricevuto dal suo stesso Paese, ancora troppo ottuso e perbenista per ammettere la diversità, non può che lasciare lo spettatore con l’amaro in bocca.

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