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Cannes 2016: la conferenza stampa della giuria. Foto e dichiarazioni

George Miller, Valeria Golino, Mads Mikkelsen, Kirsten Dunst e gli altri dicono la loro prima di partire ufficialmente con il Concorso

Le conferenze stampa delle giurie sono, di solito, quanto di più inutile si possa immaginare. Non sapremo mai quali sono i criteri che guideranno il presidente e i suoi colleghi nei giudizi; non sapremo quali sono i punti di divergenza, che cosa li farà litigare. Difficile immaginare i giurati che stringeranno alleanze, quelli che si troveranno insopportabili.

Alla conferenza stampa iniziale, sono tutti bravi, tutti umili, tutti modesti. E tutti in incredibile sintonia. La Palma d’oro fiorirà per evoluzione naturale, come quando la mattina ti svegli e vedi che sul balcone, nel vaso che era rimasto lì da mesi, sono spuntati dei fiori.

Non immagini mai, il primo giorno, che fra un paio di giorni magari verrà premiato un film che ti farà pensare che tutti i giurati sono dei folli. Non immagini, oggi, quanti discorsi, quanti sospetti, quante illazioni, quante dietrologie coltiverai e snocciolerai nelle ore precedenti e in quelle immediatamente successive alla proclamazione del Palmarès.

Insomma, le conferenze stampa delle giurie sono noiose. O almeno, sono tanto, troppo perbene. E quella di Cannes 2016 non sfugge alla regola. Se non fosse per Donald Sutherland. Tre mogli, cinque figli – uno è Kiefer – cinquant’anni di carriera, quasi duecento film interpretati. E poca voglia di cerimonie.

Quando gli chiedono di parlare del cinema canadese, lui, canadese del Quebec, dice: «Ho smesso da anni di parlare del Canada. Vi dico questa storiella. Ci sono tre condannati a morte: un inglese, un francese e un canadese. Offrono loro la possibilità di un ultimo desiderio: l’inglese chiede un tè. Il canadese chiede quindici minuti per parlare dell’identità canadese» . E il francese? Gli chiedono. «Chiede di essere fucilato prima del canadese».

Gli altri – il presidente di giuria George Miller, l’italiana Valeria Golino, la ex “vergine suicida” Kirsten Dunst, lo Hannibal televisivo Mads Mikkelsen, Vanessa Paradis, Arnaud Desplechin, l’iraniana Katayoon Shahabi – sono molto più politically correct.

La più interessante è proprio Valeria Golino. Che rispondendo indirettamente a Woody Allen – che questa mattina ha detto «non si possono valutare e confrontare i film, perché sono opere d’arte: è come chiedersi se è meglio un Matisse o un Picasso, un Rembrandt o un El Greco»  – dice: «E’ vero. Non puoi dire veramente che cosa sia meglio, o che cosa sia peggio. E anche questi premi non sono assoluti: sono premi assegnati in un certo momento, da persone che, in determinate circostanze, vedono le cose in un certo modo».

Prosegue la Golino: «Certo, la mediocrità è più facile vederla; ma quando si tratta di opere originali, e interessanti, e personali, allora il lavoro diventa molto difficile. Però, qualcuno deve pur farlo. Perché i festival servono a far conoscere i film, servono a far vivere i film originali».

Sembra di capire che le due personalità più forti, in questa giuria, siano proprio quelle dell’attrice – e da poco anche regista e produttrice – italiana e quelle del presidente George Miller. Il regista di Mad Max dice: «Per me questa sarà l’occasione di discutere di cinema con persone appassionate: sarà come una scuola di cinema, sarà come un campo scuola».

Kirsten Dunst, icona pallida dei film di Sofia Coppola, poi finita nell’Apocalisse di Melancholia di Lars von Trier, gli fa eco: «Il lavoro di una giuria è uno degli elementi necessari di un festival. È un lavoro imperfetto per definizione; ma se non ci fossero i premi, e se non ci fossero i festival, certi film non avrebbero chance di essere visti, e rimarrebbero solo i blockbuster».

Un legame di amicizia e complicità lega il giurato Mads Mikkelsen al regista Nicolas Winding Refn, in concorso con The Neon Demon. «Non lo nego, stimo Refn e gli sono amico. Questo però non vuol dire niente. Se il suo film sarà bello, lo sosterrò; altrimenti, non lo farò. E poi, sono un giurato fra tanti. Se piacerà a tanti, vincerà un premio; se i giudizi saranno divisi, si discuterà, come su tutto. Spero solo che abbia fatto un bel film; gli ho detto questo al telefono».

Gran finale con Sutherland che chiede: «Beh, non abbiamo ancora finito? My ass is freezing up here!». In effetti, oggi a Cannes la primavera è un sogno lontano. Giurati, ci rivediamo il 22 sera.

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