La paura è la sensazione più atavica di tutte, che scuote l’anima e che l’uomo ha bisogno di provare per conoscere i suoi limiti e decidere se e quando superarli. Per questo l’horror è il genere che non stancherà mai il pubblico, per via di quella sua capacità di stimolare sensazioni primordiali e insite in ognuno di noi. Ma i modi di spaventare nel corso degli anni sono cambiati al cinema. Negli anni ’70 L’esorcista ha fissato degli standard per certi versi ancora oggi irraggiungibili: è il primo grande successo commerciale nella storia del genere, che afferma il disgusto come forma di intrattenimento di massa. L’impatto culturale del film di Friedkin è enorme, così come quello di Non aprite quella porta di Tobe Hooper, se vogliamo anche più controverso della possessione di Regan.
In quel periodo, l’horror crea scandalo, terrorizza, turba. Insomma, si prende maledettamente sul serio. Da lì a poco, però, le cose sarebbero cambiate, almeno in parte. Negli anni ’80, il filone cambia registro e diventa più ironico e autoreferenziale. Gli schemi slasher – in cui il Mostro insegue poveri adolescenti – si uniscono a un umorismo sarcastico che vuole farsi anche critica sociale. Freddy Krueger è l’incarnazione di questo nuovo trend, un boogeyman che tra i suoi figliastri avrà il killer con l’uncino di Candyman, per esempio. E se parliamo di humor nero, come dimenticare La casa di Sam Raimi, incrocio perfetto di splatter, trash e comicità demenziale e slapstick…
Questi due film sono classici immortali che non ci stanchiamo mai di riguardare e che fanno parte del catalogo Infinity, che comprende un’ampia selezione di titoli che partono da Cujo, Il cimitero vivente e La casa 2, passano per Tremors e i due film tratti da I racconti della cripta e arrivano sino a The Gallows (film Premiere disponibile dal 4 marzo), uno degli esempi più recenti dell’uso agghiacciante del found footage.
Li abbiamo raccolti nella gallery qui sotto, dove vi sveliamo alcune curiosità su ciascun film di cui forse non eravate a conoscenza:
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