Aaron Sorkin svela a Best Movie i segreti di The Social Network

La sceneggiatura del film diretto da David Fincher sul fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, raccontata dall'autore di grido di West Wing e Codice d'onore

«Da adolescenti siamo tutti sfigati; per alcuni è più difficile scrollarsi di dosso l’etichetta».
Se gli si chiede di parlare di The Social Network (regia di David Fincher), la sua ultima creatura, lo sceneggiatore Aaron Sorkin, già noto per il serial West Wing e film come Codice d’onore, ha le idee chiare. Il legal thriller (travestito da biopic) sulla nascita di Facebook e su Mark Zuckerberg, protagonista della vicenda (a cui presta la faccia Jesse Eisenberg), è qualcosa di più della semplice storia di un nerd che ha fatto i soldi.
«Mark è una versione ipermoderna del tipico protagonista del sogno americano. In questo senso, The Social Network è un film che tocca temi universali. Siamo stati tutti Mark Zuckerberg, a un certo punto della nostra vita».
Best Movie gli ha chiesto di raccontare, in dieci parole, cosa sia The Social Network e perché potrebbe interessare anche a chi a Facebook non ha mai dedicato neanche un clic.

Amicizia
«Mark è il più giovane miliardario d’America. Eppure ha perso il suo migliore amico – forse l’unico che aveva. Io credo che questo sia il suo grande rimorso alla fine del film, un particolare su cui per esempio David Fincher non è d’accordo. Mark voleva bene a Eduardo (Saverin, cofondatore di Facebook, compagno di stanza di Zuckerberg ai tempi del college e interpretato nel film da Andrew Garfield, ndr), solo che a un certo punto si è trovato a dover scegliere tra lui e Facebook, e ha deciso di seguire il suo sogno, lasciando Eduardo indietro a guardare».

Anarchia
«The Social Network è un film sugli hacker e sulla loro cultura. Mark è un hacker, Sean  è un hacker. Cosa significa questo? Che sono fondamentalmente degli anarchici, persone che vogliono distruggere tutto ciò che si frappone tra loro e il successo. La filosofia hacker è: “Se sono riuscito a entrare nel sistema informatico della banca e ho rubato un milione di dollari è perché sono più bravo di te e ho vinto”. Secondo Zuckerberg, non c’è nulla di male in questo».

Contraddizione
«Mark è il buono o il cattivo in questo film? Non ne ho idea. Di sicuro aveva una visione utopistica dei rapporti sociali, in cui tutti possono comunicare con tutti; questo è in netto contrasto con la figura stessa di Mark, che è un tremendo inetto sociale, che fatica anche a parlare ad alta voce davanti agli altri».

Identità
«Facebook è uno strumento che consente di reimmaginarsi, addirittura di inventare un sé ideale. Se leggo un post che dice: “Sono uscita con le ragazze ieri sera! Abbiamo mangiato troppo all’happy hour; devo andare in palestra a smaltire” capisco che ho di fronte una persona che sogna di essere Ally McBeal. The Social Network parla proprio di questo, di reinventarsi quando non ci si trova bene con sé stessi».

“Like”
«Nei film, di solito, è facile farsi piacere qualcuno. “Mi piace” George Clooney in Ocean’s Eleven, “mi piace” Spencer Tracy in Indovina chi viene a cena; e mi piacciono nel momento stesso in cui compaiono sullo schermo, sono fatti apposta per questo. Io non voglio che la gente dica “Mi piace Mark Zuckerberg” a priori, voglio che sia difficile apprezzarlo, che lo spettatore si chieda: “È giusto che io stia simpatizzando con lui?”».

Sfigato
«Tutti siamo passati per la fase “sfigato”. Capita a tutti di stare fuori al freddo mentre dentro quelli fighi si divertono. Personalmente non ho fatto fatica a proiettare quella parte di me nel film, come non è stato difficile identificarmi con un altro problema classico dello “sfigato di successo”: non appena sollevi la testa grazie al tuo talento, arriva qualcuno che ti accusa di aver copiato una sua idea».

Socialità
«Non so precisamente cosa Mark avesse in mente quando ha inventato Facebook, ma sono sicuro che non avesse in mente nulla di così globale. Voleva solo creare qualcosa che catturasse l’attenzione degli altri studenti di Harvard. Stava solo cercando un altro modo per sentirsi accettato all’interno del college».

Solitudine
«Ai tempi del college, Mark era un reietto. C’è una scena importante all’inizio del film, quella del party a Phoenix: è la festa a cui tutti vorremmo partecipare, ci sono ragazze, sesso, droga, rock and roll, tutto. Tranne Mark. Non sappiamo neanche se la festa sia vera o esista solo nella sua testa, se sia in quel luogo dove lui non potrà mai essere perché non ne è in grado. Mark vorrebbe vivere come il protagonista di uno spot della Coca-Cola».

Utopia
«La vera utopia di questa storia è il fatto che Mark pensasse che il successo gli avrebbe permesso di risolvere tutti i propri problemi relazionali, cosa che ovviamente non è successa; non succede mai per nessuno, a dire la verità».

Verità (sostantivo plurale)
«La verità è importantissima per questo film. Solo che la verità è soggettiva. Tutto ciò che racconto è documentato, sono tre deposizioni diverse fatte in tribunale da gente che ha giurato sulla Bibbia. Eppure nessuna delle tre storie coincide. All’inizio la cosa mi spaventava. Quando ho cominciato a fare ricerche per il film la prima cosa che ho pensato fu: “Porca vacca, non ci sono due versioni uguali”. Poi ci ho ripensato e mi sono detto: “Ehi, è grandioso! Non ci sono due versioni uguali”. Quello che David e io abbiamo fatto è stato di prendere tre verità diverse e metterle a confronto. Sta poi allo spettatore decidere chi abbia ragione — anche se personalmente non credo sia davvero necessario».

Aaron Sorkin (49 anni), sceneggiatore di The Social Network, in fase di relax


Una scena di The Social Network: Justin Timberlake (29 anni, a sinistra), che nel film è Sean Parker, inventore di Napster, a confronto con Jesse Eisenberg (27, a destra), alias Mark “il rosso” Zuckerberg

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