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Beautiful Creatures, dal libro al film: young adult, con un carattere forte

Un'analisi del libro di Kami Garcia e Margaret Stoh e del suo rapporto con il nuovo film di Richard LaGravenese

Beautiful Creatures, dal libro al film: young adult, con un carattere forte

Un'analisi del libro di Kami Garcia e Margaret Stoh e del suo rapporto con il nuovo film di Richard LaGravenese

Non so quale sia il vostro rapporto con le trilogie. Non che abbia qualcosa in contrario con le storie che necessitano di più di una copertina per essere raccontate: il problema reale è quando a comandare certe dinamiche non è più l’esigenza della storia che ha bisogno di più inchiostro ma le scelte commerciali che spostano l’asticella del traguardo al terzo romanzo, senza tenere conto di ben più nobili obiettivi. Chissà in quale spazio si colloca la trilogia firmata da Kami Garcia e Margaret Stohl, Beautiful Creatures, ribattezzata in Italia La sedicesima luna (e con un sforzo immaginativo la diciassettesima e diciottesima…). Per quanto mi riguarda è ancora lontano il giorno del giudizio, anche se, giunto alla conclusione del primo romanzo, la delusione per un non-finale c’è stata. Cinquecentoventi pagine non sono certo una passeggiata e affrontare questo viaggio per vivere in conclusione la stessa sensazione che prova mia madre quotidianamente di fronte alla fine di una puntata di Beautiful non è cosa gratificante. Ma a parte questo, Beautiful Creatures si è rivelato un libro interessante. La critica e i giornali hanno presentato, sbagliando, il debutto delle scrittrici come una replica sbiadita della Twilight Saga, proprio come se fosse un prodotto di quei programmi delle reti locali dove si incontrano delle perle di paradossalità fuori dal comune (non dimenticherò mai la puntata di Superboy nella quale io e mia sorella ci imbattemmo, ovviamente il protagonista non aveva molto a che fare con il personaggio della Comics).

Insomma, da quello che avevo letto mi aspettavo qualcosa come una cola qualsiasi che si atteggia a Coca Cola o una crema di nocciola che si autoconvince di avere lo stesso gusto della Nutella. Ma, fuor di metafora, non è stato così; che Beautiful Creatures sia un dark fantasy ammaliante, come l’ha definito Cassandra Clare, o una young adult novel è fuor di dubbio: abbiamo gli adolescenti, abbiamo gli adolescenti complessati, abbiamo gli adolescenti innamorati e questo basta e avanza per inserire il romanzo nello scaffale della libreria dove si legge: “Fantasy – Ragazzi”. Il fantasy è un altro fantasma difficile da affrontare: se da una parte, infatti, ci sono i vampiri diabetici della Meyer, dall’altra c’è quel mostro sacro della Rowling che, da sola, ha fatto la storia della letteratura per ragazzi contemporanea: da quando Harry Potter è entrato nelle vite di molti di noi, magari agli inizi dell’adolescenza, la magia ha avuto nel nostro immaginario una fisionomia chiaramente delineata: la scuola di magia di Hogwarts, pozioni, la barba di Hagrid, bacchette magiche ma, soprattutto, un concetto chiaro: c’è il bene e c’è il male e, tra l’altro, alla fine vince il bene. Se, quindi, da Beautiful Creatures – Capitolo Primo, da oggi nelle sale italiane, vi aspettate un misto di questi due grandi cult, rimarrete delusi. Anzitutto, qui nessuno vuole mangiare nessuno: questa storia del ti-amo-ma-se-mi-stai-vicino-diventi-l’antipasto-di-carne, diciamo la verità, aveva stancato (anche se, come avrete modo di leggere o ascoltare al cinema, la storia non è poi così semplice). Il romanzo, infatti, possiede un’anima propria che riesce a conquistarti, anche se non già dalle prime pagine che reggono comunque grazie all’ironia dei protagonisti, Lena ed Ethan, una costante del romanzo.

Il rischio di ogni fantasy è che non riesca a trasmettere quella sensazione di possibile, di reale che ti coinvolga nella vicenda: non è questo un problema di Beautiful Creatures che, invece, rappresenta un mondo credibile dove Lena, una maga in una famiglia di maghi e un’adolescente senza genitori va incontro al suo futuro incerto, forte dell’amore scoperto accanto ad Ethan. La loro intimità, ben resa dalla capacità di parlarsi attraverso la mente (metapensiero), non monopolizza il racconto ma è soltanto una delle sue sfumature. Beatiful Creatures, infatti, non è solo una storia d’amore, così come non è soltanto la banale lotta del bene contro il male: sarà la strepitosa capacità delle scrittrici di citare senza citare, o semplicemente la mia mente che viaggia alla ricerca di corrispondenze, ma il romanzo sembra offrire spunti infiniti di riflessione. L’ottusità dei cittadini di Gatlin, con tanto di denuncia di una situazione sociale attuale, mi ricorda i protagonisti de Il seggio vacante; l’ironia dei protagonisti, anche di fronte a situazioni in cui è in gioco la vita loro e dei loro cari, ricorda la genialità di Streghe, la seria cult a cavallo tra la fine degli anni novanta e i duemila; la biblioteca magica, nascosta da illusioni e dall’apparenza di una vita monotona, così come la bibliotecaria temeraria, mi hanno fatto pensare a Flynn Carsen, il protagonista di The Librarian: ed è come se da ognuno di questi mondi La sedicesima luna abbia preso qualcosa: chi vincerà in conclusione tra il bene e il male? Il bello è proprio questo: “la cosa giusta e la cosa facile – si legge nel romanzo – non sono mai la stessa cosa”, diceva la madre di Ethan. Per ognuno di noi arriva il momento di fare una scelta che in qualche modo ci cambia e ci farà diventare persone diverse; tutto sta nel capire che questo bivio non possiede soltanto due strade ben distinte e che, la maggior parte delle volte, le scelte che compiamo non danno subito le risposte che ci aspettavamo di ricevere. Il giorno della reclamazione, per quanto ancora lontano, non ci potrà vedere come semplici spettatori: la speranza è che Lena capisca che non è un giorno, un’ora o un rituale a decidere chi siamo: ma siamo noi stessi, nelle scelte di ogni giorno, a scrivere la nostra storia.

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