Carey Mulligan contesa da tre uomini in Via dalla pazza folla. La recensione

Il regista Thomas Vinterberg si cimenta con la trasposizione di un classico della letteratura inglese, impreziosito da un cast all star

Dorset, 1870. La bella e indipendente Bathsheba Everden (Carey Mulligan) attrae con il suo fascino tre pretendenti estremamente diversi tra loro: il solitario fittavolo Gabriel Oak (Matthias Shoenaerts), il ricco e misterioso fattore William Boldwood (Michael Sheen) e il giovane e prestante Sergente Frank Troy (Tom Sturridge). I tre cercheranno di conquistare il cuore e la mano della ragazza, combattuta come donna dalla difficile scelta di un pretendente e intenzionata caparbiamente a non volere un marito.

A tre anni di distanza dall’ottimo Il sospetto, il regista Thomas Vinterberg torna sul grande schermo con la trasposizione dell’intramontabile Via dalla pazza folla di Thomas Hardy, proponendo un’opera in costume estremamente legata ai canoni del genere. Si nota, infatti, una certa compostezza di fondo che indebolisce l’incedere narrativo della pellicola, scandita da dialoghi e riflessioni sull’amore. Il film, così come il romanzo, racconta l’emancipazione, l’indipendenza e la determinazione di Bathsheba, interpretata da una straordinaria Carey Mulligan, di una bellezza soave e perfettamente a suo agio nel ruolo. Attraverso i suoi occhi, vivremo la passione, il sentimento e l’ipocrisia che si celano nello stesso guscio emozionale. Una ponderata visione sui diversi modi di intendere l’amore.

C’è quello sincero, profondo e curioso di Oak. Non ha pretese e non conosce ragioni, incarnato qui da uno Schoenaerts davvero in forma, che nulla ha da invidiare al fittavolo di Alan Bates nella trasposizione del 1967. La sua massiccia presenza scenica è addolcita dal carattere mite del personaggio, dei tre il più amato perché positivo e “vero”. Al contrario, il Sergente Troy di Sturridge è un uomo in parte vile, dato che il suo concetto di amare è corrotto dall’atto passionale e per nulla mitigato dall’emozione. Rappresenta la negatività insita nel più puro sei sentimenti, così come William Boldwood ne è la follia. C’è da dire, in proposito, che il personaggio di Michael Sheen è delineato forse troppo frettolosamente, rispecchiando solo marginalmente la controparte cartacea, più approfondita. È un peccato, tenendo conto che Sheen è un caratterista davvero dotato e capace di grandi interpretazioni.

La visione di Vinterberg è scevra di virtuosismi e anzi quasi “dogmatica“. L’essenziale è la sostanza, e la regia è funzionale alla vicenda narrata, poco dinamica e assolutamente improntata alla semplicità, puntando al contenuto senza viziarlo. Accettabile, in fondo, anche se estremamente minimalista nonostante un una certa dose di eleganza.
In sostanza, questo Via dalla pazza folla è una trasposizione parsimoniosa , che a differenza del romanzo nella letteratura inglese non punta certo a divenire un classico cinematografico, rimanendo più sullo sfondo, in modo non dissimile dai suoi personaggi lontani dalla frenetica vita londinese.

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