Una commedia amara in odore di Black Mirror. La recensione di Che vuoi che sia

Edoardo Leo porta in scena la storia di una coppia tentata a vendere la propria intimità, dopo aver promesso di girare un video porno in cambio di un finanziamento. 250mila euro è il prezzo della dignità?

Avete presente il rating virale che sta impazzando in questi giorni sui social? Il giochino a cinque stelle con cui ciascuno può misurare la propria popolarità, il proprio social score, come la Bryce Dallas Howard del primo episodio di Black Mirror? È nello stesso territorio della distopica serie inglese di Charlie Brooker andata da poco in onda su Netflix, sebbene con meno cattiveria, che si muove la commedia scritta, diretta e interpretata da Edoardo Leo.

È davvero tanta la carne messa al fuoco da questo bravo artista completo (merce rarissima in Italia) che, al suo quarto film da regista (18 anni dopo, Buongiorno papà, Noi e la Giulia), ci regala uno spaccato molto veritiero della nostra società contemporanea. Casualmente successivo al tragico episodio di Tiziana Cantone ma non a esso estraneo per tematiche, Che vuoi che sia racconta in toni comici, la nostra ossessione per i social, il bisogno di popolarità virale, la febbre da commento, il porno online, una deriva ormai completamente sfuggita a qualsiasi controllo a causa dei nuovi strumenti tecnologici, che come diceva Eco «hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli».

Nessuno si senta escluso, suggerisce Leo. È un moto di profonda autocritica quello che svolge rispetto ai nostri nuovi tic e idiosincrasie, mostrandoci come questi strumenti e i subdoli meccanismi che ingenerano siano in grado di stravolgere la nostra scala di valori, specie se abbinati alle esigenze economiche di oggi. Anna (la bravissima Anna Foglietta in veste milanese) e Claudio (Leo) non sono due persone indigenti, ma supplente di matematica lei, “disinfestatore” di virus da computer lui, ballano il tango del precariato, facendo fatica a permettersi la riparazione di una caldaia e soprattutto procrastinando all’infinito il concepimento di un figlio. Giovani e laureati, sono consapevoli di meritare di meglio, ma hanno gli accessi bloccati. Claudio, ad esempio, vorrebbe sviluppare una bella idea imprenditoriale, ma nessuno lo assume e così lancia una campagna di crowfunding, una raccolta di fondi online, che però sortisce scarsi risultati. E così, durante una serata di svago, dopo aver fatto il pieno di alcolici e con una buona dose di frustrazione addosso, lancia una provocazione al popolo di Internet, promettendo che lui e la sua fidanzata pubblicheranno un video porno in cambio di 20mila euro di finanziamento. Il popolo sfidato risponderà alla provocazione alzando la posta a ritmo vertiginoso e gettando i due in un vortice di dubbi morali, discussioni con amici, parenti, colleghi e gogna mediatica, che li trasformerà profondamente.

Quanto costa la nostra dignità? Cosa saremmo disposti a fare in cambio di una somma di denaro che possa risolverci un bel po’ di problemi? Cosa faremmo noi al posto di Anna e Claudio? Impossibile non porsi questi interrogativi, inquietanti tanto quanto quelli che ci proponeva Perfetti sconosciuti (non a caso sempre da Leo e dalla Foglietta interpretati), facendo di Che vuoi che sia quasi il prolungamento di una riflessione iniziata col film di Genovese e il segno ulteriore di una nuova generazione cinematografica interessata a raccontare l’attualità. Il film offre una risposta etica ai problemi posti sul tavolo, mostrandoci prima i “Nuovi mostri” che siamo diventati o che rischiamo di diventare cedendo alle lusinghe e alle sirene da cui Anna e Claudio vengono obnubilati, e ricordandoci poi che siamo sempre noi a scegliere chi vogliamo essere.

Linguaggio semplice, toni da commedia (ma amarissima) e riflessione sociale sono dunque le chiavi di questa “operetta morale”, forse non perfetta in tutte le scene, ma che vuole davvero consegnare allo spettatore una molteplicità di sguardi che renda giustizia alla complessità del reale: dalle interviste (vere) raccolte dalla strada al punto di vista genuino dei genitori (eccezionali Bebo Storti e Massimo Wertmüller nel ruolo di due padri antitetici), i portatori più sani di valori del film, che ricordano ai figli che si è sempre trovato un modo per far quadrare conti e desiderio di genitorialità. E alla fine offre una risposta univoca e così limpida da potercisi quasi rispecchiare. Chapeau!

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