Nel 2025, Disney continua a puntare sui remake live-action con l’uscita di Biancaneve e Lilo & Stitch, confermando una trend iniziato nel 2010 con Alice in Wonderland di Tim Burton. Da allora, i classici dell’animazione – da La Sirenetta a Il Re Leone, passando per Cenerentola, La Bella e la Bestia e Aladdin – sono stati rispolverati e adattati con attori in carne e ossa, spesso con budget stellari e cast da red carpet. Tuttavia, se si guarda oltre il fascino degli effetti visivi e dei nomi celebri, emerge una verità sorprendente: una serie TV andata in onda su ABC, con un budget decisamente più contenuto, è riuscita a reinterpretare i personaggi Disney in modo molto più creativo, emozionante e coraggioso.
Lanciata nel 2011, e conclusa nel 2018, Once Upon a Time ha rappresentato un progetto ambizioso: mescolare il mondo delle fiabe con quello reale, giocando con le aspettative del pubblico e reinventando radicalmente figure iconiche del panorama Disney. La storia ha inizio con Emma Swan (Jennifer Morrison), una donna dal passato difficile che scopre di essere l’unica in grado di spezzare una maledizione che ha intrappolato i personaggi delle fiabe nel mondo moderno, privandoli della memoria. La cittadina di Storybrooke, nel Maine, è in realtà un universo parallelo abitato da Biancaneve, il Principe Azzurro, la Regina Cattiva, Tremotino, Cappuccetto Rosso e molti altri.
Ma Once Upon a Time non si limita a riscrivere le fiabe: le stravolge. Mentre i film live-action ripropongono quasi pedissequamente le trame originali, con minime variazioni estetiche, la serie di ABC osa molto di più. La Regina Cattiva, primo grande villain Disney, diventa una protagonista complessa e tormentata, protagonista di un percorso di redenzione articolato. Capitan Uncino si trasforma da antagonista a eroe romantico, mentre Peter Pan si rivela una figura oscura e manipolatrice, molto lontana dall’immagine spensierata del film animato. Tremotino (Robert Carlyle), personaggio spesso relegato a ruoli marginali, assume un ruolo centrale e diventa una delle figure più stratificate dell’intera serie.
Altri esempi di riletture audaci includono Mulan, rappresentata come personaggio queer, e Pinocchio, il cui destino dopo la trasformazione in bambino vero assume toni tragici. Anche figure come Malefica, Ursula e Crudelia De Mon ricevono background più complessi, che mettono in luce fragilità, motivazioni e ambiguità morali spesso assenti nei film.
Tutto questo è reso possibile dal formato televisivo. Con sette stagioni e oltre 150 episodi, Once Upon a Time ha avuto il tempo necessario per approfondire ogni personaggio e costruire archi narrativi coerenti e coinvolgenti. A differenza dei remake cinematografici, spesso costretti in due ore di durata e vincolati da esigenze commerciali, la serie ha potuto sperimentare, osare, e soprattutto creare un legame profondo tra pubblico e personaggi. Lana Parrilla, nei panni della Regina Cattiva/Regina Mills, ha lasciato un segno indelebile, tanto da essere ancora oggi una delle interpretazioni più amate dell’universo Disney. Allo stesso modo, Ginnifer Goodwin ha offerto una versione moderna e credibile di Biancaneve, mentre Colin O’Donoghue ha trasformato Capitan Uncino in un’icona di fascino e ironia.
Un altro elemento vincente della serie è stato l’aspetto corale e interconnesso della narrazione. Once Upon a Time ha saputo anticipare il concetto di “universo condiviso” che avrebbe poi dominato il cinema grazie al Marvel Cinematic Universe. L’Enchanted Forest, Neverland, Wonderland, Oz e altri mondi si intrecciano, dando vita a un mosaico narrativo affascinante, dove ogni nuovo personaggio introdotto è un piccolo evento. L’arrivo di Ariel, ad esempio, è collegato al mondo delle sirene di Peter Pan; la Regina di Cuori è svelata come madre della Regina Cattiva e della Strega Cattiva dell’Ovest, creando legami sorprendenti tra fiabe apparentemente slegate.
Nonostante le evidenti limitazioni tecniche – CGI a volte discutibile e scenografie modeste – Once Upon a Time ha fatto del cuore e della scrittura il suo punto di forza. Il pubblico si è affezionato a queste versioni dei personaggi ben più di quanto abbia fatto con molte controparti cinematografiche. E mentre i remake Disney in live-action sono spesso tacciati di essere prodotti senz’anima, pensati solo per capitalizzare sulla nostalgia, la serie ABC ha costruito qualcosa di originale e duraturo, tanto che, a sette anni dalla conclusione, gode ancora di una community attiva e appassionata.
La differenza più grande, in fondo, è questa: mentre i remake fanno leva sulla familiarità, Once Upon a Time ha scelto l’audacia: ha rispettato il materiale originale, ma ha anche avuto il coraggio di riscriverlo, di renderlo attuale, umano e imperfetto. E questo, forse, è il segreto del suo successo. Con metà del budget e nessuna star da copertina, Once Upon a Time ha reso giustizia ai personaggi Disney più di quanto abbiano fatto molti dei loro rifacimenti milionari.
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Fonte: MovieWeb
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