Cyberpunk con le farfalle

Nebbia, smog, farfalle in bianco e nero. E' la realtà dipinta da La città nel cielo, corto fantascientifico di Giacomo Cimini che ha immaginato un futuro in cui gli uomini cedono il posto ad androidi e cloni

Un filmato mostra un uomo bendato (interpretato da Massimo Triggiani) che implora chi lo sta guardando di lasciarlo libero, promettendogli in cambio la restituzione di tutti i suoi soldi. Dall’altra parte dello schermo un uomo con indosso una maschera risponde distruggendo il monitor e inviando tante piccole farfalle sulle sue tracce. Il loro volo ci accompagna attraverso una coltre di nebbia sopra un mondo grigio e di cemento fino raggiungere la finestra di un’anonima stanza d’hotel. Qui una bella ragazza dai tratti orientali (Valentina Izumì, vista al cinema accanto a Nicolas Vaporidis nel teen movie Questa notte è ancora nostra) “fa i capricci” e non obbedisce agli ordini di un grottesco omone di nome Dora (l’attore Stefano Fresi) che le intima di accontentare il cliente insoddisfatto con tono minaccioso. La bella Ai (questo il nome della ragazza) si guarda intorno stralunata, sembra venire da un altro pianeta. In realtà è un androide che per la sua insubordinazione rischia di essere “disattivato”.


Un uomo con indosso una maschera invia un “esercito di farfalle” sulle tracce di un misterioso fuggiasco


È l’incipit de La città nel cielo, cortometraggio fantascientifico di ispirazione cyberpunk, ambientato in un mondo avvolto da una coltre densa di smog e foschia realizzato dal regista romano Giacomo Cimini come lavoro conclusivo del suo corso di studi alla London Film School. Per il suo corto l’autore ha immaginato «un mondo sterile, in cui la procreazione è qualcosa di superfluo, sostituito in toto dalla clonazione e dalla costruzione di androidi. Un mondo in cui ciascuno può disporre di un proprio clone e utilizzarlo per avere pezzi di ricambio umani all’occorrenza. Un mondo in cui le donne non servono più e al loro posto esistono solo androidi messi a punto per fornire prestazioni sessuali a richiesta». Complice il limite della durata del film però, di questo affascinante background si intuisce solo l’esistenza. Per emergere in tutti i suoi risvolti un immaginario come quello costruito dal regista avrebbe senz’altro bisogno di più spazio, forse di quel lungometraggio che l’autore ha già pronto nel cassetto. Quello che invece già si vede e si gusta nei 25 minuti de La città nel cielo è la vena pulp iniettata nelle pieghe fantascientifiche della storia, un eccellente uso della computer grafica e una grande cura dei particolari. Come quello delle lunghe ciglia della protagonista che a ogni battito emettono uno strano suono: «è il rumore che produce un hard disc quando registra un’informazione», racconta il regista. «Ogni volta che Ai riceve un input lo salva in memoria chiudendo gli occhi». Ai rappresenta la metafora del modello femminile «propinato oggi dai media: una sorta di bambola messa in mostra a uso e consumo dell’uomo».

Ne La città nel cielo la protagonista Valentina Izumi (Questa notte è ancora nostra) è l’androide Ai che per la sua insubordinazione rischia di essere “disattivato”

In altri termini una visione pessimistica del futuro che ci attende dietro l’angolo? «Solo una metafora del nostro tempo», spiega il regista, che da tre anni vive a Londra, «La fantascienza non azzecca mai le previsioni future», prosegue Cimini, «Se tu guardi 2001 Odissea nello spazio o Blade Runner scopri che non è quella la società del 2001 né lo sarà quella del 2012. In realtà quello che di straordinario la fantascienza fa è cogliere lo spirito del tempo. Non solo quello cui si potrebbe andare incontro, ma quello che viene percepito a livello profondo in quel momento». Ispirato da titoli come quelli appena citati, come anche dai film di Terry Gilliam, di Hayao Miyazaki, di Marc Caro e dai fumetti di Enki Bilal (autore francese di origine jugoslava), il regista si è proiettato alla fine del XXI secolo riplasmando completamente uno script dello scrittore ultraottantenne Yair Packer (dai cui scritti – messi a disposizione on-line dallo stesso autore – molti filmaker attingono per i loro film). Della storia originale che lo aveva ispirato, e che era ambientata nel deserto del Nevada, Cimini ha tenuto solo lo spunto di un incontro tra due persone completamente estranee alla realtà circostante. A completare la galleria di personaggi sui generis ci sono un uomo bendato in fuga dal proprio “padrone” e in cerca della famosa “città nel cielo” (sul quale il regista preferisce non dare spiegazioni: «vorrei che ognuno desse la sua risposta»), e un giovane che trova sollievo nell’iniettarsi strane sostanze (Taiyo Yamanouchi): «un’altra metafora», secondo Cimini, «che indica la nostra (tossico)dipendenza dalla connettività» e che si rivolge a Dora chiamandola “mamma”, incarnazione secondo l’autore «della confusione dei generi dei nostri giorni». Per realizzare La città nel cielo «Ci sono voluti circa un anno di lavoro e 20 mila euro di budget, che ho sborsato di tasca mia», spiega il regista, che al suo attivo ha già diversi corti e addirittura un film girato in America nel 2003: «Si chiama Red Riding Hood, un horror thriller alla Dario Argento, sul quale in realtà ho avuto pochissimo controllo creativo e che mi ha quasi ucciso professionalmente». Poi c’è stata la prima serie di Fox Crime, Delitti, che Cimini ha diretto nel 2005, e il trasferimento in Inghilterra per il diploma alla Film School. «Qui a Londra, La città nel cielo, è stato accolto bene e ha già suscitato l’interesse di qualche produttore», prosegue l’autore, «Quello che invece più mi ha stupito è stata l’esperienza del Festival di Venezia, dove, il mio corto è stato inserito nella sezione Corto Cortissimo come evento speciale. Mi aspettavo che la sala fosse affollata di produttori e addetti ai lavori, interessati a visionare le opere dei nuovi talenti emergenti. Invece non c’era nessuno». Sulle possibilità offerte dai festival Cimini ha le idee chiare: «Il problema è che di festival ce ne sono troppi e anche i corti sono tantissimi, se ne producono una cosa come 5 milioni all’anno!». Anche con ciò quelle offerte da festival e rassegne restano le rare occasioni di visibilità per i corti e infatti La città nel cielo ha da poco aperto quello di Utopiales che si è svolto a Nantes dal 28 ottobre al primo novembre. E per il futuro? «Mi sposterò dove ci sarà lavoro. Per ora terrò come base Londra, che è un posto strategico per le collaborazioni internazionali. E poi qui l’idea di fare un film di fantascienza non è vista come qualcosa di ridicolo o impossibile. Nel frattempo ho già nel cassetto una sceneggiatura alla P.K.Dick, un thriller con elementi di fantascienza che ho provato a girare in Italia senza riuscirci. Poi ho scritto una storia ispirata a La città nel cielo che si chiama Star City e ora sto iniziando a lavorare a un film d’avventura, tra horror e thriller, ambientato in un sottomarino inglese, di cui non posso ancora dirvi niente…».

Per informazioni e per vedere il trailer de La città nel cielo andate su www.lacittanelcielo.com e su www.giacomocimini.com

Ecco il trailer:

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Il regista ha girato negli studi di Terni di Cinecittà ricostruendo in digitale un gigantesco complesso industriale ora in disuso. L’insegna luminosa dell’hotel Poseidon è un oggeto trovato sul set nonché il titolo di uno dei suo film d’infanzia preferiti

Giacomo Cimini, nato a Roma l’8 febbraio 1977, attualmente vive a Londra dove si è diplomato alla London Film School e realizzato il corto di fantascienza La città nel cielo


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