Steven Moffat è probabilmente uno degli uomini più importanti della televisione inglese degli ultimi anni: in principio sceneggiatore della serie cult Doctor Who, oggi anche produttore esecutivo e scrittore degli script di Sherlock, la famosa e fortunatissima serie che riporta ai giorni nostri, in una Londra tecnologica e decisamente più pulita di quella dell’800 vittoriano, le storie di Sir Arthur Conan Doyle. Ed è proprio Moffat, in questo periodo, che si sta concedendo a più di qualche intervista, parlando delle due nuove stagioni di Sherlock e raccontando nel dettaglio la terza: di Moriarty e di Mary, del rapporto tra Sherlock e Watson, e di quello tra Sherlock e suo fratello Mycroft.
Il successo che ha accolto la serie negli Stati Uniti è stato – racconta Moffat – «semplicemente fantastico. Fantastico per me e per Mark [Gatiss]. […] Fantastico è una parola importante. Naturalmente lo è! Siamo due fan di Sherlock Holmes, e siamo seriamente presi da Sherlock Holmes. Per questo lo stiamo facendo. Quindi farne una versione è semplicemente fantastico per noi. Il sogno di qualsiasi fan. Credo di poter dire […] che sia un incredibile, enorme successo, e a giudicare dalla gente questa sembra essere una delle versioni migliori. Siamo letteralmente sommersi dai premi l’altro giorno e ne abbiamo ottenuti pià di 60, che sono troppi anche per nove film. Semplicemente fantastico!»
«La storia di Moriarty – ha poi continuato – è piuttosto ovvia. Quella di Mary è interessante. La ragione per cui non si capisce subito chi sia veramente è perché piace. Mettiamo l’audience nella posizione di Sherlock Holmes. Tutte le prove sono assolutamente sotto il loro naso. Lei adora Sherlock Holmes, il che è segno che sia un po’ maniacale. Ma il pubblico pensa, “ben, grazie a Dio, non è una pazza. Grazie a Dio è simpatica!”. Invece di “ma che tipo di persona è? Non è un’infermiera. È sicuramente qualcosa di più di un’infermiera”. Così quando rivela chi è veramente e punta una pistola contro Sherlock, sono due cose che il pubblico vuole. Una sorpresa ma anche una reazione del tipo “avrei dovuto vederlo! Naturlamente! Doveva esserlo!”»
Uno dei problemi di Sherlock, però, è la mancanza di un personaggio femminile forte. E infatti Moffat e Gatiss sono dovuti correre ai riparti: «Mrs. Hudson non parla così tanto nella versione originale. Abbiamo dovuto darle una parte importante. Ed è una prospettiva femminile su quei due [Sherlock e Watson] piuttosto carina. E nemmeno Molly c’è nella storia originale, ma ha funzionato così bene che abbiamo deciso di tenerla e di farla evolvere. È cambiata così tanto. C’è una prospettiva femminile totamente diverso con questo personaggio. Mary, in qualche modo, è la prospettiva più interessante di tutti».
Per non parlare dei villain: sempre più difficili daa delinare e da caratterizzare. Anche se, a quanto pare, non servono a granché ai fini della trama. «Una delle cose interessanti riguardo Sherlock Holmes – ha spiegato Moffat – è che non ha bisogno per forz di un villain. È una percezione sbagliata delle storie di Sherlock Holmes. Moriarty appare in una sola storia, e Milverton è un altro grande villain. Ma ci sono un sacco di storie di Sherlock Holmes senza un villain. Molte delle storie di Sherlock Holmes sono come dei puzzle intricati. Delle volte, non comprendono crimini. È piuttosto importante capire che Sherlock Holmes deve funzionare senza un signore del crimine. E infatti, siamo stati piuttosto attenti nel sottolineare con Magnussen che non è un signore del crimine».
Con Moriarty, però, le cose sono diverse. [SPOILER] Il suo ritorno – presunto o reale che sia – alla fine della terza stagione [FINE SPOILER] ha riaperto molte questioni che si credevano, erroneamente, chiuse. «Dovrete aspettare e vedere che cosa succederà. (…) Ci sono delle cose che abbiamo cambiato all’ultimo minuto. Pensi: “oh, facciamo questo invece”. Ma il piano di Moriarty è stato deciso fin dalla prima stagione, fino alla fine della seconda. È un buon piano. Funziona. Anche mio figlio l’ha capito, quindi è piuttosto buono. (…) Gli hanno detto a scuola qualcosa come “tuo padre non lascia rimanere morto nessuno”. Quindi è venuto da me, a casa, e mi ha chiesto “papà, è veramente così?”. E io gli ho risposto “sì, è proprio così”. È una logica perfetta e credo che alla gente piacerà».
Fonte: Collider
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