Affrontare la genesi della religione (anzi: di una religione, con al centro il culto dell’io e la fiducia in se stessi) in una commedia? Si può fare e succede in Io c’è, nuovo lavoro di Alessandro Aronadio dopo il caso Orecchie. Nel film Edoardo Leo è Massimo Alberti, un mezzo fallito che ha rilevato dai genitori il bed & breakfast Miracolo italiano ma non riesce a sfondare ed è piano di debiti. Comincia allora, un po’ per caso, a studiare i metodi commerciali delle suore sue dirimpettaie, che per affittare le loro camere senza pagare le tasse si affidano allo stratagemma delle donazioni. Massimo arriva così a una consapevolezza incredibile: per sottrarsi alle imposizioni dello Stato bisogna fondare una religione, ottenendo lo status privilegiato di luogo di culto. Nasce così lo Ionismo nel quale, semplicemente, ognuno di noi è Dio…
«Volevamo scrivere sul tema perché ci sembrava il caso di farci una commedia – ha detto in conferenza stampa il regista Alessandro Aronadio nella cornice del The Sanctuary, spazio della capitale dove si fondono passione per l’Oriente, cucina fusion e corsi di meditazione – Oggi la religione è un tema quasi tragico, legato ad eventi drammatici, di fatto intoccabile. Nessuno vuole toccare l’argomento, come se il sacro fosse un tema che fa fermare la società civile. Mia mamma era una hooligan di Gesù e non c’è più, mio padre è ateo e invece è ancora tra noi: sono paradossi che danno da riflettere! Per alcuni che l’hanno già visto è un inno alla religione, per altri un film del tutto ateo. Si tratta però senz’altro di un film sul perché c’è bisogno di credere a una storia, che poi è il fondamento di ogni religione, perché una storia dà ordine al caos. Il nostro cinismo, diventato così cool, ci ha fatto diventare aridi. Nell’epoca dei selfie, però, un culto fondato su se stessi non può che essere molto attuale».
Al processo di scrittura ha partecipato anche il protagonista Edoardo Leo: «Venire da un’educazione cattolica, scrivendo una sceneggiatura come questa, significa doverti scontrare con molte cose. Mia nonna la chiamavano Maria la Presepia, era bassa e stava sempre col rosario in mano, più volte durante la sceneggiatura ho pensato cosa avrebbe potuto pensare lei di alcune battute. Ancora adesso se si fulmina una lampadina a casa penso sia lei che mi maledice. Se il nostro film susciterà polemiche? Spero nel dibattito, se la commedia non scomoda nessuno non ha centrato il suo obiettivo urticante. L’unica cosa che non volevamo fare era metterci su un altarino e giudicare».
«I Monty Python influenzano la mia vita, non solo il mio film – continua Aronadio a proposito di eventuali rimandi a Brian di Nazareth – ma c’è anche il culto goliardico e anarchico dei pastafariani, dopotutto: in Italia c’è chi è riuscito a farsi immortalare sul documento d’identità con in testa lo scolapasta, simbolo pastafariano d’appartenenza religiosa, perché la funzionaria del comune non ha obiettato nulla, a riprova del fatto che il credo di qualcuno è intoccabile, è un’area su cui nessuno può sindacare. In Italia si sono fatte troppe commedie innocue, spero invece che uscendo da questo film per andare a mangiare la pizza se ne continui a parlare, se ne discuta».
Giuseppe Battiston nel film è Marco, intellettuale estremo ma scrittore senza lettori, interpellato da Massimo per redarre i precetti, alquanto liberi, dello Ionismo, che di fatto è fondato su suggerimenti: «Il mio personaggio è uno scrittore di alterne fortune che aderisce a questa banda bassotti. Della sceneggiatura mi incuriosiva questo pizzico di crudeltà che si leggeva tra le righe: un sentimento meraviglioso, mai esplorato abbastanza! Ed è stato meraviglioso fare un viaggio all’interno della porcheria umana, che c’è anche nel sacro».
In un piccolo ma pregnante ruolo, come sempre pirotecnico e sopra le righe, c’è anche Massimiliano Bruno, disabile xenofobo e rozzo mosso dalla volontà di rimettersi in piedi per poter partire alla volta di Ibiza e godersi la vita: «Quando Alessandro mi ha chiamato mi ha chiesto: Max, ma tu reciti ancora? E io: malvolentieri, però dimmi! In sala trucco mi ha fatto fare un esperimento, mi ha tagliato i capelli da nazista, sembravo un tifoso dell’Hellas Verona in amichevole contro lo Zambia. Andando a presentare il mio libro in giro per l’Italia mi sono giustificato per due mesi dicendo che stavo facendo il film di Alessandro Aronadio, non ho più superato il trauma dei capelli! Alessandro ha la qualità dei grandi registi: ti lascia lo spazio giusto, che non è troppo, per lavorare in autonomia al tuo personaggio. Io mi sono ispirato a un cinquantenne tutto vestito da militare che ho visto menare un altro in una rissa a Trastevere».
«Il poveraccio che evade le tasse è il mio tema preferito – dice invece Margherita Buy, che nel film è Adriana, la sorella di Massimo sposata con un borghese arido – avevo visto Orecchie e volevamo lavorare col suo regista. Il mio personaggio sembra alieno da tutto questo mondo cialtronesco, invece qualcosa di cialtrone c’è in tutti noi».
La nota finale spetta a Nicola Maccanico di Vision Distribution: «Il film esce a ridosso di Pasqua e della settimana santa perché nel cercare date d’uscita bisogna trovare nuove formule, anche scherzose ed eloquenti, mentre se facciamo uscire tutti i film a dicembre e gennaio la nostra industria non andrà mai da nessuna parte».
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