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Emma Watson s’immerge nell’orrore per ritrovare l’amore: la recensione di Colonia

L'ex Hermione Granger di Harry Potter deve salvare Daniel Brühl da una macabra e pericolosissima setta

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Mette una gran dose di brividi addosso, pensare che la Colonia Dignidad del titolo sia realmente esistita. In superficie un villaggio d’isolamento per chiunque intendesse stare lontano dal resto del mondo; in verità una vera e propria setta guidata da un inquietante leader,  Paul Schäfer, che collaborò a stretto contatto con la dittatura di Pinochet: nei sotterranei si torturavano gli attivisti, sopra, oltre a coltivare il campo cercando la via spirituale, avvenivano degli abusi sessuali sui bambini e delle esecuzioni pubbliche.

Florian Gallenberger si prende la responsabilità di narrare questo scabroso microcosmo, ma attenzione, perché il patto non l’ha fatto con la Storia, bensì con lo spirito hollywoodiano. L’obiettivo della sua cinepresa non punta a una ricostruzione politica delle vicende, bensì al mistero e all’avventura, il tutto farcito di love story che non manca di avere una certa dolcezza. Il film, insomma, non richiama tanto le pellicole inchiesta alla Costa-Gavras, quanto, in tutto e per tutto, l’enfasi dell’intrattenimento: la Colonia Dignidad funge come materiale da M. Night Shyamalan (The Village, Wayward Pines), e presto il mood diventa quello dell’horror dalle venature demoniache mixato al prison movie, con Schäfer che gioca la parte del guru Belzebù di turno. E pensate un po’, abbiamo pure una scena in stile esorcismo, solo che al posto delle preghiere la tipa in questione viene menata alla grande tra pugni e schiaffoni, colpevole di avere «Satana dentro di sé».

Molti critici si sono ovviamente lamentati, quasi indignati. Come diavolo ha osato Gallenberger prendere un dramma così scottante per trasformarlo in empatico entertainment? Come se Jack e Rose non avessero poi fatto la medesima cosa con la tragedia del Titanic; o Roberto Benigni con l’incubo dell’Olocausto. Chi vuole un saggio di stampo politico-storico è meglio si rivolga ai libri di testo; chi invece è pronto a concedersi a un thriller gestito con buon ritmo per le sue quasi 2 ore di durata, entri pure in sala: l’atmosfera ansiosa è palpabile, e più momenti riescono veramente a iniettare una dose di tachicardia.

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