Evangeline Lilly, la dea dei nerd racconta Ant-Man

Dopo essere stata Kate in Lost e Tauriel nella trilogia di Lo Hobbit, arriva un altro ruolo geek per l’attrice canadese. In Ant-Man è infatti la figlia del geniale inventore Hank Pym, personaggio per il quale sfodera anche un look tutto nuovo

Quando qualche anno fa è uscita la notizia che avrebbe prestato le sue fattezze a un’elfa silvana nella trilogia di Lo Hobbit, nessuno si era meravigliato particolarmente: Evangeline Lilly ha una bellezza e un tono di voce eterei, vagamente fiabeschi, che bucano grandi e piccoli schermi ormai da 12 anni – ovvero dalla prima stagione di Lost datata 2004 – e che sono ormai un patrimonio dei geek di tutto il mondo. Lo saranno ancora di più dopo che la ritroveremo al cinema in Ant-Man, con un inedito caschetto con frangia, nei panni di Hope Van Dyne, la figlia dello scienziato Hank Pym. Lei, naturalmente, è consapevole del suo status di Dea dei Nerd – è una habituée del Comic-Con di San Diego, dove ha anche presentato ai fan i suoi libri fantasy per bambini – e nel corso della nostra intervista ha rivelato di essere lei stessa una vera appassionata del genere.

Best Movie: Hope ha un rapporto complicato con il padre, lo scienziato Hank Pym, e anche tra Scott Lang e sua figlia non va molto bene…
Evangeline Lilly: «Sì, è un tema importante in Ant-Man. Hope ha è stata una bambina vivace e molto sveglia ma l’assenza del padre l’ha colpita duramente a livello emotivo. Non importa quanto si sia intelligenti, capaci e brillanti; tutti vogliamo le attenzioni dei nostri genitori. Tutte le figlie desiderano un padre presente che le ami e che le guidi. Hope è piena di una rabbia e di un risentimento che emergergono fortemente nei dialoghi con Michael Douglas».

BM: Hope Van Dyne, lo si evince fin dal trailer, è una tipa tosta.
EL: «È senz’altro una donna forte, che a volte può anche apparire fredda, quasi crudele: mi piaceva l’idea di interpretarla perché non ho mai incarnato un personaggio con tratti così esplicitamente da villain. Hope è estremamente intelligente, ha le idee molto chiare su quello che pensa sia giusto e sbagliato. Fisicamente è una da non sottovalutare. Mi fanno spesso notare il fatto che nella mia filmografia ci siano tanti personaggi forti, ma è anche vero che adesso il cinema ne pieno… Le donne nella vita reale sono davvero delle tipe toste! Questo è quello che siamo, e sono contenta che oggi l’industria dell’intrattenimento ne offra una rappresentazione veritiera».

BM: Come noto, la sceneggiatura ha subito varie riscritture: cosa apprezzi in particolare della versione finale?
EL: «All’inizio ero molto preoccupata dall’uscita di scena di Edgar Wright, e avevo deciso che se il copione finale non mi avesse convinta avrei declinato la parte. Oggi posso dire che lo script definitivo mi piace molto, anche perché viene rappresentata meglio la dimensione personale di ciascun personaggio. Personaggi che già esistevano nei comics, vero, ma in una pellicola cinematografica c’è molto da lavorare per dare consistenza ai protagonisti e a chi li circonda. Sul set le modifiche e i perfezionamenti allo script non si sono mai fermati, sono andati avanti anche tra una ripresa e l’altra e ogni volta potevamo dire: “Sì, ok, adesso è davvero migliore!”».

Leggi l’intervista completa su su Best Movie di luglio, in edicola dal 24 giugno.
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