Festival del Film di Roma: Richard Gere homeless a New York in Time out of Mind

L’attore ha presentato nella Capitale il film in cui interpreta un senzatetto a Manhattan

Conferenza stampa affollata quella di Time out of Mind , non solo da giornalisti accorsi per intervistare una delle icone di Hollywood, ma anche da strani volatili, pipistrelli ad essere precisi, che si sono palesati in sala creando un certo sconcerto, sdrammatizzato subito da Mr. Gere “È un segno? Ci sarà l’apocalisse? Dobbiamo aspettarci delle rane ora?”. Questo è quello che ci ha raccontato:

Come mai ha deciso di portare sul grande schermo questa storia?

Volete la versione lunga o corta? Facciamo che vi racconto quella “media”. Questo è un copione che è arrivato dieci anni fa sulla mia scrivania, ma non riuscivo a trasporla per il grande schermo. Sapevo cosa fare ma avevo problemi a comunicarlo. Quando è uscito il libro Land of the Lost Souls: My Life on the Streets di Cadillac Man, li ho capito che era arrivato il momento di portare in scena l’opera. La poesia emozionale, secca ma profonda del libro esplicava ciò che avrei voluto comunicare con il  film. 

Il suo è un viaggio nell’inferno dei senzatetto di New York, che cosa ha scoperto che non conosceva?

Ho fatto molte ricerche, sono andato nei rifugi, e nelle strade per questi dieci anni in cui pensavo alla storia. L’esperienza di stare sulla strada mi ha emozionato di più. C’è una traccia invisibile all’interno del film, non avevamo telecamere nelle vicinanze perché non volevo essere riconoscibilie. Abbiamo fatto un test day e sono andato al Greenwich Village,  dove ci sono tante persone e molto movimento, per vedere se qualcuno mi riconosceva fra la folla. Ma nessuno lo ha fatto o mi ha dedicato del tempo, nessuno, mi ha mai guardato negli occhi. Come attore, ma anche come essere umano, ho capito cosa vuol dire essere invisibile, ed essere percepito come tossico. Esce una strana rabbia dalle persone, e da questo ne deriva la nostra percezione degli homeless.

Cosa si prova a interpretare un personaggio del genere, si è calato effettivamente nei loro panni?

Per me è stato radicalmente diverso da qualcuno che è veramente sulla strada, non ho modo di capirlo, perché a me non servono soldi e non ho fame, e forse non potrò mai calarmi totalmente nei panni degli homeless.

Time out of mind è uno dei progetti che hai più a cuore, una scelta verso piccoli film fuori dalle limitazioni degli studios, è questo quello che vorresti continuare a fare in futuro?

Credo che sia il futuro dei film d’autore, dei film indipendenti. Queste produzioni entravano nei piani delle major, ma ora non lo sono più e dobbiamo trovare un modo per continuare a fare questo genere di pellicole. Se usi la D word, che sta per drama, nessuno ti darà mai i soldi per realizzare un film, lo devi mischiare con altri generi, tutti vogliono fare solo le comedy.

 

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