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Festival di Venezia 2019: IL PAGELLONE. Con un’introduzione e una considerazione sul film-scandalo The Painted Bird

I film del cuore, le delusioni, i titoli che hanno fatto discutere (e scappare i giornalisti dalle sale)

Festival di Venezia 2019: IL PAGELLONE. Con un’introduzione e una considerazione sul film-scandalo The Painted Bird

I film del cuore, le delusioni, i titoli che hanno fatto discutere (e scappare i giornalisti dalle sale)

The Painted Bird

Da qualche anno il Concorso del Festival di Venezia ha trovato il suo ritmo: cinema americano assieme agli autori più attesi entro il primo weekend e poi, man mano che gli accreditati levano le tende, un diradarsi delle opere di maggior richiamo, che lasciano spazio a film minori, curiosi, a volte anche meritevoli, altre volte meri riempitivi. Per questo motivo dopo i primi giorni di questa settantaseiesima edizione l’impressione era di una ricchezza straordinaria, mentre a conti fatti è stata un’edizione perfettamente nella media, forse nemmeno eccelsa, con due o tre potenziali capolavori (per confermare lo status andranno sottoposti a re-visione) altre cinque o sei lavori molto buoni, il classico “film-scandalo” – sopra le righe e divisivo -, e una decina di cose variamente trascurabili.

I potenziali capolavori sono Marriage Story di Noah Baumbach, J’accuse di Roman Polanski e Martin Eden di Pietro Marcello. Ottimi film sono Ad Astra di James Gray, Joker di Todd Phillips, Babyteeth di Shannon Murphy (una delle due registe in concorso), Ema di Pablo Larrain (il più originale, assieme a The Painted Bird) e La vérité di Kore-Eda Hirokazu.

Dicevo poi del “film-scandalo”, virgolette necessarie: si tratta del citato The Painted Bird di Vàclav Marhoul, dal romanzo di Jerzy Kosinski (edito in Italia da Minimum Fax), e ha fatto fuggire dalla proiezione stampa qualche decina di accreditati. Vale la pena spenderci un paragrafo o due.

Racconta l’odissea di un ragazzino ebreo abbandonato tra le campagne dell’Europa dell’Est, che vaga tra villaggi e fattorie. Siamo nel 1941, in piena Seconda Guerra Mondiale, e la minaccia delle SS è solo una delle preoccupazioni: il ragazzino subisce infatti dai contadini che incontra sulla sua strada ogni forma di sopruso fisico e psicologico, in una escalation che lo porta progressivamente a indurirsi.

Il film è girato in 35mm in un bianco e nero sontuoso, per un cinefilo davvero una festa per gli occhi, e visto il tema e i colori richiama L’infanzia di Ivan di Andrej Tarkovski, rispetto al quale ha però una condotta molto diversa. La ragione per cui gran parte della critica lo ha stroncato (non tutta) è che la violenza ai danni di animali ed esseri umani è reiterata per quasi tre ore e in pratica senza soluzione di continuità, per di più Marhoul – che tecnicamente è abilissimo – la mette in scena con una brutalità e una potenza grafica che fa pensare al cinema di genere più che a quello d’autore. In sostanza è tutto molto estetizzante, si ottiene la repulsione attraverso una confezione invitante, e questo sconcerta e disturba.

È un territorio scivoloso e immediatamente si sono scatenate le solite discussioni sulla moralità dello sguardo del regista, una questione tanto storicamente dibattuta, vaga e sempre ribaltabile (a seconda della propria sensibilità e dei maestri che ci teniamo cari) che personalmente mi è venuta a noia. Si erano fatti gli stessi discorsi lo scorso anno a Cannes per Cafarnao di Nadine Labaki e simili se ne potrebbero fare per Waiting for the Barbarians di Ciro Guerra visto poche ore fa al Lido.

Io stesso ho dei dubbi in merito all’opportunità di mettere in scena in questo modo una violenza legata alla Storia e a un tema delicato come l’infanzia violata, ma nel film non ci sono dettagli pornografici, non c’è niente cioè che possa stimolare una qualche forma paradossale di curiosità o piacere, la durezza del mondo di The Painted Bird è assolutamente respingente, così come il suo nichilismo che unisce mondo umano e animale.

Detto questo, vi siete guadagnati il pagellone.
Voti dall’1 al 10, mezzi compresi, “N.V.” sta per non visto (ma solo per il Concorso, di Orizzonti mi limito a segnalare quel che ho visto). I titoli sono in ordine di apparizione alla Mostra.

CONCORSO

La vérité di Kore-Eda Hirokazu – 7,5

The Perfect Candidate di Hifaa Al Mansour – 6,5

Marriage Story di Noah Baumbach – 9 (premio Viaro d’Oro del Concorso)

Ad Astra di James Gray – 7,5

Il sindaco del Rione Sanità di Mario Martone – 6

An Officier and a Spy di Roman Polanski – 8,5

Ema di Pablo Larraìn – 7

Joker di Todd Phillips – 7,5

Wasp Network di Olivier Assayas – N.V.

The Laundromat di Steven Soderbergh – 6,5

No 7 Cherry Lane di Yonfan- N.V.

Martin Eden di Pietro Marcello – 8

The Painted Bird di Vàclav Marhoul – 6,5

Guest of Honour di Atom Egoyan – 6,5

About Endlessness di Roy Andersson – 7

Saturday Fiction di Lou Ye – 5

Babyteeth di Shannon Murphy – 7,5

Gloria Mundi di Robert Guédiguian – 6

A herdade di Tiago Guedes – 6

Waiting for the Barbarians Ciro Guerra – 6

La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco – 6

ORIZZONTI

Pelican Blood di Katrin Gebbe – 6,5

Sole di Carlo Sironi – 4

Madre di Rodrigo Sorogoyen – 4

Electric Swan di Konstantina Kotzamani – 6,5

No One Left Behind di Guillermo Arriaga – 6

Revenir di Jessica Palud – 4,5

Giants Being Lonely di Grear Patterson – 7 (premio Viaro d’Oro di Orizzonti)

Nevia di Nunzia De Stefano – 6,5

The Criminal Man di Dmitry Mamuliya – 4

FUORI CONCORSO

Mosul di Matthew Micheal Carnahan – 8

Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores – 7

Vivere di Francesca Archibugi – 5

Seberg di Benedict Andrews – 6,5

Adults in the Room di Costa-Gavras – 4

45 Seconds of Laughter di Tim Robbins – 6

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