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Festival di Venezia 2019: il reportage dell’evento MasterCard con Brian De Palma, Rossy De Palma, Valeria Golino e Nadine Labaki

Il Festival di Venezia 2019 ha ospitato l'evento MasterCard, dedicato al futuro del cinema e dell'audiovisivo in generale, con quattro ospiti d'eccezione.

Festival di Venezia 2019: il reportage dell’evento MasterCard con Brian De Palma, Rossy De Palma, Valeria Golino e Nadine Labaki

Il Festival di Venezia 2019 ha ospitato l'evento MasterCard, dedicato al futuro del cinema e dell'audiovisivo in generale, con quattro ospiti d'eccezione.

Per il secondo anno consecutivo, dopo la trasferta a Cannes lo scorso maggio, MasterCard ha di nuovo portato alla Mostra di Venezia il concetto “See life through a different lens”, una masterclass sul futuro dell’audiovisivo dove ospiti internazionali conversano sul tema dell’evento. Per l’evento di Venezia 2019, all’interno dell’Hotel Excelsior al Lido, sono stati invitati il regista americano Brian De Palma, l’attrice e artista spagnola Rossy De Palma, l’attrice-regista italiana Valeria Golino e la cineasta libanese Nadine Labaki. L’incontro è stato moderato dal giornalista Francesco Castelnuovo.

Si inizia tornando alle origini: quand’è stata la prima volta che i quattro ospiti hanno visto la vita attraverso una lente diversa? Esordisce Brian De Palma: “Il primo film che mi ha reso consapevole di come raccontare una storia attraverso le immagini è stato Scarpette rosse di Michael Powell ed Emeric Pressburger. Inoltre mio padre era un noto chirurgo, e assistendo alle sue operazioni mi sono abituato presto alla vista del sangue.

Continua Valeria Golino: “Il primo ricordo della visione di un film che mi abbia fatto capire il potere del cinema, senza una componente razionale perché avevo cinque anni, è quello di Bambi. Ancora oggi lo considero un capolavoro. Era molto potente per il modo in cui raccontava il dolore, la perdita della madre, era la prima volta che vedevo la morte di un genitore sullo schermo.

Per Nadine Labaki è una questione molto personale: “Sono nata e cresciuta durante una guerra, la mia infanzia l’ho passata in parte in vari rifugi, dietro sacchi di sabbia. Il cinema fu una risorsa preziosa per fuggire, e fortunatamente vivevamo sopra un videonoleggio. Mi resi conto attraverso il cinema che esisteva un mondo diverso dal mio, una realtà in cui potevo fuggire. Successivamente ho capito che il cinema comporta anche una responsabilità, soprattutto se vieni da una regione che è quasi condannata.

Rossy De Palma si esprime con la sua classica energia debordante: “Il mio ricordo non è strettamente cinematografico, ho una personalità camaleontica, e mi sono resa conto di averla già in tenera età.

Ci sono esempi nelle rispettive filmografie in cui la posizione della macchina da presa era importante?
Commenta De Palma: “Il bello del cinema è che l’informazione è trasmessa attraverso il punto di vista del personaggio, che coincide con quello del pubblico. È una caratteristica unica del cinema, ma è interessante, in tale ottica, l’evoluzione del videogame, dove puoi percorrere il mondo con gli occhi del personaggio. Quello che ho imparato da Hitchcock è che per girare una scena d’azione devi presentare bene l’ambiente della sequenza, cosa che lui fa in Intrigo internazionale con il momento dell’aereo. Io l’ho fatto con la stazione ne Gli intoccabili, vedete tutto lo spazio prima che inizi la sparatoria.

Valeria Golino fa un altro paragone tra forme espressive diverse: “Il punto di vista è il cinema, è la cosa più importante. Soprattutto adesso che il cinema ha perso i suoi contenuti: quello che prima potevamo vedere solo in sala, gli argomenti pericolosi, adesso li troviamo anche in televisione, con le serie. Ho fatto degli esperimenti con la realtà virtuale, è molto interessante ma è sbagliato chiamarlo il futuro del cinema. È un’esperienza, ma non è cinema perché manca il punto di vista. Il cinema non è interattivo, non è una democrazia.

Sempre De Palma offre il suo parere sulle donne dietro la macchina da presa: “Ho visto di recente una serie su Netflix intitolata Dead To Me, fatta interamente da donne. È un concetto con cui sono familiare, avendo studiato in una scuola con sole ragazze, ero l’unico maschio. La cosa impressionante, che ho fatto notare alla mia compagna, è che nessuna in quella serie si toglie i vestiti. Quando è nata la TV via cavo vedevi solo quello, i personaggi femminili si spogliavano sempre per un motivo o l’altro. È bello che alle donne registe non interessi quell’aspetto.

Interviene anche Nadine Labaki: “Secondo me c’è una differenza tra il punto di vista maschile e femminile, ed è una differenza che fa bene, ne abbiamo bisogno. È un’esperienza diversa, che va raccontata, e non mi infastidisce quando dicono dei miei film che si percepisce il tocco femminile, anzi, ne vado fiera. Per fare un esempio, in Cafarnao, la sottotrama sulla donna etiope che sta allattando il figlio è basata sulle mie esperienze, in quel periodo stavo facendo lo stesso con mia figlia. Bisogna poter raccontare temi come la gravidanza, le mestruazioni e la menopausa, senza censure, e la questione del punto di vista è fondamentale.

Valeria Golino fa una distinzione fondamentale: “La differenza è inevitabile. Non mi offendo quando mi dicono che ho un punto di vista femminile. Mi offendo quando mi propongono cose come il premio per la migliore regista donna.

Un’altra domanda per tutti e quattro: quando hanno sentito di aver avuto un impatto sulle persone?

Inizia Rossy De Palma: “Mi dicono sempre che li ho fatti ridere o piangere. È la cosa più piacevole quando mi chiedono un selfie, accetto perché apprezzano il mio lavoro. Il potere del cinema è che crea una menzogna per raccontare la verità, ed è bellissimo.

Brian De Palma evoca uno dei suoi lungometraggi più noti: “Anni fa ho girato un film intitolato Scarface. L’altro giorno un mio amico giornalista mi ha parlato di un rapper chiamato DaBaby, che in un suo video ricrea la scena della motosega. Il mondo dell’hip hop ha tratto parecchia ispirazione da quel film.

Per la Labaki è, ancora una volta, una questione personale: “Volevo ribellarmi tramite il cinema, dire che non dobbiamo solo adattarci alla situazione presente. La reazione più bella ai miei film è sentire che ha spinto la gente a voler cambiare le cose, che c’è stata una risposta emotiva forte, viscerale.
Fa un ragionamento simile Valeria Golino: “In quanto attori amiamo i complimenti, fa parte del motivo per cui facciamo questo mestiere. Come regista, anche nel mio piccolo, amo il fatto che il cinema sia in grado di farti riflettere su un argomento o addirittura cambiare idea.

Per chiudere, ricollegando il discorso al tema delle nuove generazioni: qual è l’ultimo film che li ha colpiti per quanto riguarda il futuro del cinema?
Per Brian De Palma non ci sono dubbi, e si tratta di uno dei film di Venezia 2019: “Qui al Lido ho visto Marriage Story, un film straordinario sul divorzio, un tema di cui purtroppo mi intendo. Sono un grande ammiratore di Noah Baumbach da anni.” Si pronuncia anche sul futuro in generale: “La serialità odierna è un po’ come lo studio system del passato, il controllo è nelle mani di produttori e sceneggiatori, e quello è un piccolo problema. Però sono molto ottimista per l’ascesa delle donne dietro la macchina da presa, sarà un futuro molto interessante, ci vogliono punti di vista diversi altrimenti diventa noioso.
Valeria Golino va più a ritroso del previsto: “Sono sicura di aver visto bei film recenti, ma il primo che mi viene in mente è di quasi dieci anni fa, ed è The Tree of Life di Terrence Malick. Era bellissimo, era libero. In quel momento ho sentito che il cinema era vivo.

Nadine Labaki non cita titoli specifici: “Mi piacciono i film che esplorano il confine tra realtà e finzione, per me è quello il futuro del cinema.

Rossy De Palma, invece, sceglie cinque titoli: “Cafarnao e Roma sono due dei miei film preferiti degli ultimi mesi, ma quest’anno il film che mi ha colpito di più è stato Dolor y Gloria di Almodóvar, è stato molto toccante vedere Antonio Banderas che interpreta l’alter ego di Pedro. Mi è piaciuto molto anche l’ultimo Tarantino, e quando sono stata in giuria a Cannes nel 2015 ho amato Il figlio di Saul, lì il punto di vista dell’autore era davvero forte.

Potete vedere qui sotto il video integrale della diretta della Masterclass trasmessa ieri.
La masterclass vera e propria inizia al minuto 16 del filmato.

Foto: Getty

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