Un fenomeno o un miracolato? I primi anni del successo di Frank, all’anagrafe Francesco, Matano sono stati segnati da questo dubbio amletico: davvero un ragazzo che ha cominciato a fare successo postando scherzi telefonici su YouTube (tra i primi in Italia a sfruttare la piattaforma per creare contenuti originali) ha la stoffa per la Tv, figuriamoci per il cinema? Il tempo ha dimostrato chi aveva ragione: prima la conduzione di Le Iene, poi un programma tutto suo (Sky Scherzando, dedicato agli scherzi telefonici che gli regalarono la fama), fino al debutto al cinema nel 2013 in Fuga di cervelli di Paolo Ruffini. E anche: Italia’s Got Talent, dove era uno dei giudici, il ritorno alle Iene, un programma comico in coppia con Claudio Bisio intitolato The Comedians… e ora, insieme al Luca Miniero di Benvenuti al sud/nord, arriva Sono tornato, il primo ruolo non esplicitamente comico per Frank: il film, ispirato al tedesco Lui è tornato, immagina infatti che Benito Mussolini ritorni in vita e provi a riconquistare l’Italia. E il povero Matano? È un regista esordiente, convinto di poter fare il botto con un documentario su questo strano tizio che imita il Duce e non esce mai dalla parte…
Ciao Frank, e mi viene da dire ben ritrovato: ci eravamo sentiti la prima volta quando avevi appena cominciato a pubblicare video su YouTube, ora siamo qui a parlare del tuo nuovo film al cinema (e neanche il primo!), quindi che dire… congratulazioni!
«Grazie! Il nuovo film tra l’altro è molto bello e ti piacerà molto, vedrai».
Be’, buono a sapersi! Senti, dobbiamo parlare di Sono tornato, un film che immagina il ritorno in Italia del Duce. Quindi voglio farti subito la stessa domanda che ho fatto anche a Luca Miniero: considerando il clima politica nel Paese, soprattutto ultimamente, ti sei mai chiesto durante le riprese «ma chi me l’ha fatto fare? perché mi sono infilato in questo film che…».
«… che può creare polemiche, dici?»
Sai, viviamo in un Paese in cui fare polemica è sport nazionale…
«Guarda, sinceramente sono solo molto felice di aver partecipato al film. Ogni tanto mi fermavo a riflettere su quello che stavamo facendo e il ragionamento più intelligente che riuscivo a fare era “che figata che sto facendo questa cosa”. Sono tornato creerà certamente polemiche, in fondo si parla di un personaggio… diciamo… molto importante? (ride, ndr). Mi auguro solo che si tratti di polemiche costruttive: il senso del film è quello, far riflettere, non far arrabbiare. Oltre a far ridere, ovviamente: è un film pieno di roba!».
Riflettere su cosa, di preciso?
«Sull’uso dei media e su come informano le persone, sulla cronaca, sulla politica. Riflettere sulla superficialità che spesso si usa sui giornali e online: ormai tante persone non leggono le notizie su Internet, si limitano al titolo e all’anteprima della foto, e nonostante questo esprimono comunque pareri. E i giornali questo lo sanno, quindi fanno titoli fuorvianti: io stesso a volte ho difficoltà a informarmi, devo andare apposta su siti specialistici per capirci qualcosa. L’informazione è tutta finalizzata al clic, e d’altra parte le persone sono contente di ricevere notizie in due secondi perché così non devono far fatica a leggere. È un cane che si morde la coda».
In pratica la presenza di Mussolini nel film è… non voglio dire una scusa per parlare d’altro, però l’ho detto.
«Be’, se ci pensi Mussolini è stato, a modo suo, un genio del marketing: un campione di populismo, capace di inventare frasi semplici che colpivano e fomentavano le persone; è stato uno dei grandi comunicatori del Novecento. Ovviamente c’era molto altro dietro alla sua figura, non è stato solo un comunicatore (e anche questo è un po’ il punto del film), ma anche oggi, con i suoi metodi spicci e di pancia, sarebbe perfetto per il mondo dell’informazione, secondo me (ride, ndr)».
Sicuramente non avrebbe problemi a finire in prima pagina.
«E se ci pensi, tante persone oggi sfruttano fanno informazione in questo modo, fanno dichiarazioni a effetto solo per spaventare e far arrabbiare le persone. E la rabbia muove molto, anche quando ci si arrabbia per una cosa non vera».
Visto che parli chiaramente di rabbia e non di, che ne so, “lieve malessere”: quanta ne avete trovata, girando per l’Italia?
«Moltissima, e altrettanta confusione. Mi ha fatto impressione: abbiamo intervistato molte persone, ce n’è una che mi ha colpito in modo particolare, una donna e mamma di due figli che diceva delle cose tremende, di una violenza pazzesca, oltre che irripetibili. Però è stato interessante, e questa ricerca della rabbia è diventato un racconto, tutto costruito sul dualismo tra finzione (il ritorno del Duce) e verità (le interviste alla gente). Trovo che sia fighissimo, e una delle idee più geniali del film a cui ci siamo ispirati, quello tedesco».
Che però puntava su una figura forse meno vendibile come quella di Hitler.
«Hai ragione, però in un certo senso è più facile trattare un personaggio come Hitler. Perché in Germania non viene percepito come Mussolini in Italia: i tedeschi hanno ben chiaro in testa cosa pensano di Hitler, mentre Mussolini in Italia divide ancora. È una situazione complessa da raccontare, e secondo me Luca e Nicola (Miniero e Guaglianone, ndr) sono stati bravissimi».
Quanto è stato spaventoso parlare con la gente?
«A me ha davvero shockato soprattutto la confusione: la gente che abbiamo intervistato esprimeva la propria opinione, ma si capiva chiaramente che stavano solo ripetendo, e male, concetti estrapolati da discorsi di altre persone che a loro volta li avevano spiegati male. Non voglio dire che dicessero tutti le stesse cose, ma una buona metà degli intervistati sì: ripetevano frasi a pappagallo in modo strano e confuso, incolpavano chiunque, gli altri, gli immigrati, i politici, poi di fronte alla domanda “ma tu chi voti?” rispondevano sempre “io non voto”… Secondo me il film fa un ottimo lavoro in questo senso: bisogna informare meglio, non si capisce più niente e non è colpa della gente, è colpa di chi dovrebbe insegnarti a capire un discorso, una strategia, un programma, e preferisce invece puntare su altro, perché spiegare è troppo difficile».
È davvero difficile spiegare le cose, oppure secondo te c’è anche della malizia?
«È un misto di tutto. Come prima cosa, ci sono troppi siti di informazione, e questo rende più difficile orientarsi. Non dico che sia brutto che ci sia così tanta informazione, perché l’informazione è libertà, ma l’effetto collaterale è che pure gli stupidi possono scrivere qualcosa e pubblicarlo. Vedo spesso sul mio account Facebook i miei contatti che condividono notizie presentandole con didascalie come “sono shockato!”: magari clicco, e scopro che il sito da cui hanno preso la notizia è ilgiornalettodeltabaccaio.org, che l’articolo non ha alcuna fonte… Mi sembra che tanti di questi siti, anche quelli di informazione politica, facciano i titoli basandosi su quello che la gente vuole sentire per avere una dose giornaliera di tranquillità. L’informazione non è più basata su “questo non lo sapevo”, ora c’è “ah! Lo sapevo!”».
È come se la gente si stesse rassicurando e non informando.
«Esatto, perfetto».
Senti: tu come sei finito nel film?
«Non lo so bene, sai? Mi stavo facendo i fatti miei quando all’improvviso ricevo questa chiamata, mi chiedono: “ti andrebbe di fare un film su Mussolini?”. Avevo visto da poco il film tedesco e ho pensato letteralmente “minchia che figata!”. E l’ho fatto».
Luca come ti ha “venduto” il film? Ti ha detto: “facciamo un film sul Duce”, “facciamo un film sull’Italia”…?
«Mi ha detto: “Facciamo un film sul Duce. Il tuo personaggio sarà uno che pensa che questa persona sia solo un pazzo che imita Mussolini”. Perché c’è anche questo! Io non ci credo mai a questa storia del ritorno del Duce, se non proprio alla fine quando scoprirò la verità: per tutto il film continuo a pensare che questo tizio sia uno che imita perfetamente il Duce e che sta sempre in parte, e voglio sfruttarlo per fare un documentario. Luca mi ha detto anche “pensaci bene: facciamo un film sul Duce che torna ai giorni nostri”, e in effetti la cosa che più funziona nel film, a parte le sequenze in candid camera con le interviste alla gente per strada, è l’incontro-scontro tra Mussolini e le nuove tecnologie. Tipo: accende la Tv e si sorprende di fronte a questo straordinario strumento di informazione, poi però gira un po’ i canali e vede solo cuochi…».
Nuove tecnologie: immagino si parli molto anche di social e Internet.
«Assolutamente, sono luoghi nei quali il Duce si sente molto a casa, soprattutto ultimamente».
Un discorso interessante che ho fatto anche con Luca riguarda la trama: è da quando è stato annunciato che Sono tornato viene presentato come “quel film dove torna il Duce”, e si parla poco, pochissimo di quello che davvero succede nel corso della storia. È perché volete tenere un po’ di mistero?
«Io amo i film che si raccontano in cinque secondi, e Sono tornato è uno di questi: il Duce torna ai giorni nostri. È fighissimo già così! Ovviamente c’è anche una trama, ma… non so, te l’ha detto Luca che dobbiamo tenere un po’ di mistero? Perché se poi ti rivelo qualcosa finisce che mi fa il culo…».
In realtà qualcosa ci ha svelato, quindi tranquillo.
«Però ci teniamo davvero alla sorpresa, almeno un po’. In generale l’idea è: io, regista, scopro questa persona che sembra il Duce e decido di girare un documentario su di lui, quindi lo porto in giro per l’Italia. Nel corso di questo giro, Mussolini capisce i meccanismi della società di oggi e riesce a tornare al potere, o quantomeno ad avere successo. Questo posso dirti della trama».
Che raccontata così è spaventosa: sembra che stiate dicendo che l’Italia sarebbe prontissima a un ritorno di Mussolini.
«Può essere, sai? Io non lo so, stiamo parlando di ipotesi, però visti i tempi e gli ultimi accadimenti forse la risposta potrebbe essere sì».
Un po’ inquietante come pensiero, no?
«Be’ sai, la dittatura non è mai una figata… Guarda la Corea del Nord, non hanno neanche Google! E quelli che ce l’hanno trovano solo foto di Kim, qualsiasi cosa cerchino…».
Per Sono tornato hai lavorato con un regista che, fino ad adesso, ha fatto solo commedie. Tu stesso sei un comico. Eppure sia tu sia Luca parlate sempre poco del fatto che Sono tornato fa ridere: avete paura di farlo passa per una farsa?
«Secondo me il film cerca, con leggerezza, di raccontare delle cose molto vere. Fa ridere, ma ci sono momenti dove ricevi un pugno nello stomaco: c’è un messaggio ed è molto chiaro. Tra l’altro nel film io non faccio neanche granché ridere: è stata una sfida per me, il mio personaggio non è comico, e le poche risate che regala sono al servizio della storia».
Avete anche sperimentato molto con le tecniche, usato telecamere di ogni tipo… quanto cinema c’è nel film, al di là del fatto che un prodotto del genere si basa soprattutto sulla scrittura?
«Sono tornato è molto, molto cinematografico! Le parti in candid camera ci sono, ovviamente, ma non sono poi così tante. E poi abbiamo fatto parecchie cose strane: per esempio, tutte le volte che sono in scena con una telecamera in mano stavo effettivamente riprendendo, e un po’ di quel girato l’abbiamo usato nel film».
Il tuo compagno di set, ovviamente, è Massimo Popolizio, uno dei migliori attori in Italia nonostante non abbia ancora raggiunto la fama che si merita. Com’è stato lavorare con lui?
«Guarda, mi è bastato vederlo e ascoltarlo imitare il Duce in fase di lettura copione: è impressionante, io lo guardavo e pensavo “vabbe’, ho capito qual è il mio ruolo nel film”. Massimo è una spanna sopra a tutti, è una persona eccezionale, a stargli vicino ho imparato davvero tanto tanto tanto. E pur essendo due persone completamente diverse ci vogliamo bene, ci stimiamo, ci facciamo ridere a vicenda: è una cosa che mi ha fatto molto felice perché all’inizio avevo paura di lui. Insomma, questo ha recitato nei teatri migliori del mondo e poi si ritrova di fianco me… Fortunatamente alla fine ci siamo stati simpaticissimi e ci siamo scambiati parecchie idee in scena; è stato veramente fighissimo lavorare con lui, Massimo è un gigante».
Tu nasci come comico e ti piace far ridere…
«Minchia, sì».
Ecco. In Sono tornato fai meno ridere del solito perché l’argomento è serio: è una nuova strada che hai deciso di intraprendere?
«Non c’è alcuna intenzione da parte mia, più che altro se mi chiamano e mi dicono “ti andrebbe di fare questo film?” e il film è fighissimo io lo faccio, faccio qualsiasi cosa se mi piace la parte e se il film mi sembra interessante. A prescindere dal fatto che faccia ridere o piangere: la mia priorità è fare cose belle».
Tra l’altro sei tornato a fare comicità insieme a Bisio, quindi far ridere ti piace ancora.
«Da morire. Ma è come… per dire, metti che mi chiamano a fare Stranger Things. Che dico, “no perché non fa ridere”? Ovviamente no, lo faccio, faccio il mostro del sottosuolo se gli serve!».
Parliamo del futuro: hai un altro film in ballo che si intitolerà Tonno spiaggiato. Confermi?
«Confermo tutto».
Posso dire che è un titolo meraviglioso?
«Grazie! La regia è di Matteo Martinez, che è un ragazzo giovanissimo ed è un vero fenomeno_ ci conosciamo da anni, abbiamo sempre lavorato insieme, e il film secondo me fa molto ridere. Abbiamo finito di girarlo proprio l’altro giorno».
E quando lo vedremo?
«Guarda, dovrebbe uscire ad aprile però non so se puoi scriverlo, perché in teoria non è ufficiale. Però alle Giornate Professionali di Sorrento c’era scritto 25 aprile, quindi…».
Ah, una data significativa visto che hai appena fatto un film sul Duce.
«Sì, è una strategia di promozione complicatissima, è cross marketing puro!».
Sei nato su YouTube, sei passato dalla Tv e sei arrivato fino al cinema, e hai sempre fatto bene. Altri tuoi colleghi, penso ai The Pills o ai The Jackal, non hanno avuto la stessa fortuna in sala. Qual è il tuo segreto?
«Secondo me è perché ho culo. Davvero, te lo giuro, lo davvero penso, penso che alcune persone siano più fortunate di altre. Quando mi chiedono che lavoro faccio io rispondo sempre “sono un entusiasta”, che è una frase che fa schifo da tanto è smielata, ma che penso davvero. Quindi la mia risposta è: culo ed entusiasmo».
L’intervista è pubblicata su Best Movie di febbraio, in edicola dal
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