Sono passati ormai più di due anni dalla prima sentenza del processo contro Harvey Weinstein, condannato nel 2020 per stupro e aggressione sessuale dopo le numerose accuse che gli sono state rivolte negli ultimi anni. In questi giorni la Corte Suprema si è riunita per decidere sul ricorso in appello avanzato dai legali del produttore cinematografico, i quali hanno sostenuto che il loro assistito sarebbe stato “privato del suo diritto costituzionale di testimoniare a propria difesa” – accusando inoltre i pubblici ministeri di averlo controinterrogarlo su 28 episodi accaduti in un arco di tempo di più o meno 30 anni con l’obiettivo di minare la sua credibilità.
Episodi che riguarderebbero il suo presunto coinvolgimento in una serie di atti di cattiva condotta legati alla sua azienda che avrebbero incoraggiato i dirigenti a mentire per suo conto in merito alle minacce e agli atti di violenza di cui in seguito è stato accusato.
La corte d’appello ha tuttavia concluso, proprio nelle ultime ore, che il giudice aveva la facoltà di prendere tali decisioni: «Pur riconoscendo l’entità del materiale di impeachment consentito dal tribunale – si legge nell’ordinanza riportata da The Hollywood Reporter – abbiamo analizzato la decisione nel contesto più ampio di tutte le circostanze presentate da questo caso e abbiamo concluso che la corte ha esercitato provvidenzialmente la sua discrezionalità».
Il portale su menzionato, inoltre, riporta anche che Weinstein non potrà beneficiare della libertà condizionale fino al 2040 per i 23 anni di carcere stabiliti con la sentenza di primo grado emessa dal tribunale di New York.
Il portavoce del produttore, Juda Engelmayer, ha dichiarato di non essere stato sorpreso dalla decisione della Corte Suprema, anche se i suoi legali non si sono del tutto arresi dopo questa sentenza: «Stiamo riesaminando tutte le nostre opzioni e cercheremo di presentare una petizione ai ricorsi della corte e oltre».
Fonte: THR
Foto: Gettu Images (JOHANNES EISELE)
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