Cos’è L’orlo argento delle nuvole? «Sperare che accada l’impossibile: che una nuvola si liberi da un nembostrato». Sarà soltanto una mia convinzione, ma credo che le cose che capitano nella vita non siano frutto di un casuale aggregamento di atomi, bensì qualcosa di più: ora, però, non pensate al Truman Show; la cosa è molto più semplice. In poche parole, capita di incontrare qualcuno che ti apre una finestra su un mondo che prima non prendevi in considerazione e, a partire da quel momento, diventi sensibile a quella prospettiva e le stesse cose di sempre assumono un sapore diverso, forse soltanto fino alla prossima stazione. È più o meno questo il mio atteggiamento nei confronti di un nuovo romanzo: statisticamente parlando, trovare un buon libro da leggere (che non sia un classico ovviamente) diventa sempre più difficile, vi spiego perché: tra e-book, pubblicazioni indipendenti, grandi casi editoriali, come si fa a beccare proprio quello che fa per te, che racconta una storia e che lo fa creando quella magia dei grandi romanzi? Bene, la risposta io ancora non ce l’ho, però questo è un argomento a cui sto dedicando parecchio del mio tempo. Sta di fatto che è stato un mese fortunato; grazie a Noi siamo infinito ho scoperto Ragazzo da parete, la mia prima volta con un romanzo epistolare (ricordate?) e adesso, dopo un paio di giorni, sul mio comodino è comparso L’orlo argenteo delle nuvole: il romanzo d’esordio di Matthew Quick, ispiratore della pellicola fresca di Oscar per la Miglior attrice protagonista Jennifer Lawrence, Il lato positivo (guarda il trailer italiano). Che il titolo non abbia goduto di grande risonanza qui in Italia, anche a causa di una scelta poco commerciale, è una tesi che è stata confermata dal mio tour per le librerie della città: “mai sentito”, “titolo esaurito”, qualcuno mi ha anche chiesto se non mi fossi sbagliato nel memorizzarlo. Quindi, che dire, io c’ho provato: il rischio di un blogger è quello di rimanere incatenato al pc e io, per sfatare il mito, mi sono messo, gambe in spalle, alla ricerca del libro; ma sappiamo tutti come è andata a finire: caro, vecchio, Amazon. Due giorni dopo la Salani ha annunciato la ristampa e l’imminente lancio de Il lato positivo, con tanto di copertina cinematografica e titolo ammiccante; ma prima che il mondo intero si accorgesse del romanzo io l’avevo già letto, sfogliato e soprattutto adorato nella sua vecchia e anonima copertina, stampata nel 2009, neppure così tanto lontano nel tempo.
Ritornando alla faccenda del destino, mi è sembrato curioso passare da Charlie, problematico outsider adolescente che scopre la vita, facendo i conti con una mente che viaggia su altre frequenze e con un passato drammatico, e Pat (Bradley Cooper), il trentacinquenne ex docente di Storia, affetto da bipolarismo, malattia ufficializzata dopo aver beccato la moglie a letto (o meglio in doccia) con un altro; in riferimento all’episodio vien da pensare che poteva anche andare peggio; insomma, il bipolarismo è meglio della depressione ma il punto è che ciò che è accaduto in quel frangente e per gli anni a venire è il pezzo mancante nella vita di Pat che, dopo il ricovero nel “postaccio” (l’ospedale psichiatrico), non riesce a ricordare o, forse, a dimenticare; tornato in libertà il suo obiettivo è chiaro: diventare una persona migliore per mettere fine al periodo di lontananza che lo separa dal ricongiungimento con la moglie Nikki. Il mondo è dei matti, potrebbe pensare qualcuno, ma chi avrebbe il coraggio di definirsi normale? Grazie alla madre, Pat esce dall’ospedale e incontra Tiffany (Jennifer Lawrence) tramite Ronnie, un amico che non è scappato. Ma anche Tiffany, vedova, non ha superato la perdita del marito, tanto da essere incappata nel vortice della “pazzia convenzionale”: una donna che dice quello che pensa senza sovrastrutture; una pedina decisamente pericolosa. Ma il viaggio nella mente di Pat, capace tanto di credere in una vita impossibile quanto di sbattere così violentemente nella realtà da non riuscire a far altro che piangere e correre, è ricco di sfaccettature. L’orlo argenteo delle nuvole, non chiamatela commedia: è un viaggio dentro una vita fatta di tante vite; conoscendo il padre di Pat (Robert De Niro), un eremita che passa le sue giornate tra il divano, gli Eagles e lo studio, incontrando Delores, la madre di Pat, sola nella vita, lo psichiatra Cliff, (seduto psichiatra, in piedi amico) viene da domandarsi chi sia il vero pazzo nel racconto. La malattia di Pat lo costringe a camminare nella vita come se fosse un ospite indesiderato e, cercando la sua felicità, ne trova un’altra: altrettanto romantica, altrettanto drammatica e dolorosa ma, questa soltanto, vera.
Leggendo il romanzo, rimanendo colpito dalla semplice bellezza del carteggio di Pat con Nikki (o forse Tiffany), mi chiedevo come il regista David O. Russell avrebbe potuto sintetizzare il mondo mentale di Pat nelle scene di un film, rimanendogli leale; e dopo aver visto la pellicola la risposta è apparsa chiara: se il romanzo parla senza mezzi termini di una realtà che è crudele, senza favole, trasparente quanto pungente, la pellicola sceglie di raccontarne le vicende concentrandosi soltanto su una sfaccettatura; le favole funzionano meglio della realtà, a volte. Un indizio di questa semplificazione mi era giunto dall’assegnazione dell’Oscar a Tiffany. Dentro di me mi sono detto: «Ma come? È Pat a meritare un premio!»; eppure, vedendo la pellicola è chiaro come tra tutti i sentimenti in ballo la scelta è ricaduta sull’amore di Tiffany e Pat: romantico senza dubbio, con il rischio, però, di perdere un universo che rimane fuori da questa scelta. Il rapporto con il padre cambia, il ruolo dello psichiatra si perde e, in definitiva, è difficile capire cosa rimane intatto del confuso quanto affascinante mondo di Pat.
Il lato positivo cambia la storia e la favola, seppur a malincuore, costruisce una sua credibilità, grazie anche ad una fotografia divertente e ad un pizzico di “malata ironia” che fatica a trapelare nel romanzo. La soluzione proposta è questa: leggete il libro, guardate il film (che resta sorprendente, meritevole di premi e applausi per la scelta coraggiosa di raccontare la malattia mentale con la dignità pari alle vite di chi si pensa “normale”) e tornate a sfogliare le pagine del romanzo: si fa veramente fatica a non voler essere amici di uno come Pat.
Il lato positivo è uscito nelle nostre sale il 7 marzo 2013.
© RIPRODUZIONE RISERVATA