Origini italiane, eroina badass sul grande schermo e attrice in Tv, come nella serie Entourage, e a teatro. Dalla conturbante Lucille in Sin City alla Sally Juppiter di Watchmen, fino alla Dottoressa Vera Gorski in Sucker Punch, Carla Gugino si è fatta amare dal grande pubblico con una galleria di personaggi femminili di grande impatto: donne determinate e agguerrite, pronte a tutto e capaci di battersi con forza. Ora, dopo essere stata l’agente segreto Ingrid Cortez in Spy Kids, l’attrice torna di nuovo mamma, questa volta accanto a Dwayne The Rock Johnson nel disaster movie San Andreas (in sala dal 28 maggio), dove i due spericolatissimi genitori sfidano lo scatenarsi della natura, in seguito a un terremoto dalle proporzioni gigantesche (lo vediamo chiaramente dal trailer), per salvare loro figlia, Alexandra Daddario. Che ci racconta così:
Sono molto eccitata per l’uscita di questo film: c’è tantissima azione, ma quello a cui tengo di più è che si racconta una storia intima che accade in seguito a un disastro naturale. C’è un côté spettacolare, che senz’altro terrà tutti attaccati alla poltrona, ma si riesce a dare anche una connotazione emotiva e sentimentale, un aspetto fondamentale quando scelgo un film.
Raccontami l’esperienza sul set: come ti sei trovata? Dwayne Johnson sembra uno fuori di testa!
Abbiamo avuto un team di lavoro magnifico, e non parlo solo dei colleghi attori. Certo, con loro è stato bellissimo: Alexandra è una ragazza meravigliosa e matura, io e Dwayne abbiamo fatto molte cose insieme, costruendo giorno per giorno una grande fiducia reciproca. In generale, si è creato un clima armonioso e, inoltre, ci siamo divertiti tantissimo. Dwayne non è pazzo come sembra: ha un ottimo senso dell’umorismo, una persona a cui piace sorprendere gli altri comportandosi a volte da scemo: è molto giocherellone, ma dopo tutto una persona umile. Se ci si vuole fare un’idea, le sue pagine social riflettono molto la sua personalità!
Scommetto che in un film d’azione di questo tipo vi è sicuramente capitato qualcosa…
Sì, sì, ce ne sono successe: un giorno eravamo insieme su una barca ed eravamo circondati da ventilatori giganti che dovevano fare vento e sbatterci addosso l’acqua. Dwayne stava guidando, mentre io ero al posto del passeggero, era così bravo ad evitare tutti gli schizzi che io l’ho guardato con certi occhi! Come faceva? Io ero bagnata fradicia!
Hai dovuto acquisire abilità specifiche per interpretare il tuo personaggio?
Non particolarmente, ma ho insistito subito per non avere troppe controfigure. C’è una sequenza in cui corriamo sul tetto e l’ho girata in 3 location diverse, a dir la verità in 3 nazioni diverse! È stato per lo più un lavoro di allenamento fisico, con molto training sui fili per far sì che il mio personaggio si attacchi agli elicotteri e cose del genere. Il team degli stunt è stato veramente formidabile, ma molte scene le ho fatte io stessa: voglio che il pubblico abbia la diretta percezione che si tratta di me.
I tuoi personaggi sono per lo più eroine badass, ti rivedi in questa definizione anche per questo ruolo?
Una delle cose che amo di più di questo film è che i personaggi femminili sono molto forti e intelligenti, ma allo stesso tempo con un lato femminile preponderante. Sono donne complete, il mio personaggio, Emma, è incredibilmente forte e resiliente: è un membro equo nella squadra con Dwayne, non c’è inferiorità tra i due. Inoltre è una mamma poliziotta, non si fermerebbe davanti a nulla. Hanno perso un’altra figlia in un incidente, ragione per cui si sono separati: lui non poteva più affrontare quella perdita. Ma arriva il momento, quello descritto nel film, in cui devono guardare in faccia la questione e riparare il rapporto in modo autentico. C’è azione è esilarante, ma, ripeto, è un film su una famiglia che si deve raccogliere davanti a un trauma.
Il racconto umano nel racconto adrenalinico, certo, ma credo che alla base ci sia anche l’impotenza davanti a un evento scatenante e incontrollabile, il Big One. Quanta paura c’è in America del terremoto che potrebbe portare al distacco della faglia di Sant’Andrea?
Guarda, credo che la questione sia più che altro relativa alla paura di non poter controllare gli eventi naturali e che possa capitare qualcosa. Ed è qualcosa che accomuna le persone di tutto il mondo. Personalmente, ho vissuto a Los Angeles per diversi anni e ho assistito a molti terremoti; in generale la paura più grande è di non poter esercitare alcuna forma di controllo, di non poter padroneggiare una forza sovrastante. In generale, penso che film come gli horror ci portano ad avere paura, ma credo che questo genere di film come San Andreas abbia un ingrediente in più, perché anche se il pubblico è al riparo nella sala cinematografica, viene mostra qualcosa che può capitare veramente, che non è un fantasma, non è un’invasione aliena, è qualcosa che fa parte del mondo reale e per me è molto più interessante.
Ti faccio un’ultima domanda, forse un po’ personale, ti è mai capitato di provare la paura di perdere qualcuno, come al tuo personaggio nel film?
Purtroppo sì. Vivo a New York ormai da molto tempo e ho assistito, dalla finestra del mio appartamento, al crollo delle Twin Towers. In quel momento io, mio marito e i miei migliori amici abbiamo avuto tutti lo stesso pensiero: avremmo voluto essere con le persone che amiamo e tutto quello di cui ci preoccupavamo nella vita è diventato piccolo e insignificante. Quando ti capita qualcosa di così sconvolgente, è la semplicità che ci lega alle persone, la trasparenza dei rapporti a contare. Alla fine in quei momenti rivaluti la tua scala delle priorità. Tutto il resto finisce ai margini e viene fuori la verità delle cose. Credo che San Andreas voglia mettere in luce anche questo aspetto.
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