Intervista a David Fincher: nessuna verità?

The Social Network ha una trama shakesperiana in cui i protagonisti sono moderni Amleto in cerca della propria identità. Parola del deus ex machina (con lo sceneggiatore Aaron Sorkin) del film

In Zodiac, il suo thriller più recente, David Fincher provava a far luce su una delle storie più torbide e misteriose dell’America recente. In The Social Network torna a esplorare le zone d’ombra che gli sono care da sempre. Non ci sono buoni o cattivi nell’affaire-Zuckerberg, solo la storia di un gruppo di amici con una visione diversa del lavoro, del successo e della vita.
«Mark è un ragazzo giovane, con un’idea vincente in testa che riesce a far crescere fino a proporzioni enormi, anche accantonando gli scrupoli. Eduardo è un amico e la voce della sua coscienza, ma non è un visionario come Mark; per questo le loro strade si dividono. Non ci sono buoni o cattivi, solo sogni diversi».

Eppure, nel corso del film, i due passano da una stanza di college a un’aula di tribunale. Chi ha ragione, Mark o Eduardo?
«Ecco come rispondo: persino io e Aaron (Sorkin, lo sceneggiatore, ndr) abbiamo visioni opposte della cosa. Per esempio, lui è convinto che alla fine del film Zuckerberg provi rimorso per quello che ha fatto. Io non ne sono convinto. Sarebbe bello che la gente discutesse allo stesso modo nel parcheggio del cinema».

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David Fincher (48 anni), regista di The Social Network (oltre che di film arcifamosi come Seven e Fight Club)

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