Due cose si potrebbero pensare del regista David Robert Mitchell guardando It Follows: a) è un folle bigotto che condanna il sesso in età adolescenziale e quindi pre-matrimoniale; b) vive ancora nell’incubo dell’AIDS, come negli anni in cui della malattia si sapeva pochissimo. Tutto parte dal concept del film: dopo aver fatto l’amore con il suo ragazzo, la giovane Jay comincia a essere perseguitata da una forza oscura che la vuole uccidere. Un male ritratto come diretta conseguenza dell’atto sessuale. Il rimedio per liberarsene (o diffonderlo, a seconda dei punti di vista)? “Passarlo” a qualcun altro, sempre andandoci a letto.
Uno spunto narrativo del genere scoraggerebbe facilmente, ma il nostro invito è di dare a It Follows una possibilità, provando a scavare al di sotto della superficie. Benché infatti Mitchell (anche sceneggiatore) insista troppo nel trasformare il sesso come unica causa dei tormenti della protagonista e dei suoi amici, il film ha più di una cosa da dire. Per esempio, si fa metafora di quell’isolamento famigliare a ciascun adolescente – gli adulti sono quasi del tutto assenti e quando ci sono rappresentano il pericolo -, e della perdita dell’innocenza infantile dopo le prime bevute, i primi baci o, appunto, la prima volta. Leggetelo come una grande e inquietante allegoria del percorso di crescita, se volete, notando però la buona intensità con cui riesce a trasmettere quella sgradevole sensazione di essere costantemente braccati da una presenza nascosta nell’ombra, o ben visibile alla luce del sole.
Dal punto di visto tecnico, inoltre, non si fa alcun problema a citare l’Halloween di John Carpenter, collocando il terrore nell’ambiente tranquillo della periferia americana, i cui vialetti vengono ripresi con soggettive che ricordano non poco il cult horror del 1978. È come se qualcuno stesse sempre osservando, sia esso la vittima o il mostro. Un mostro che non viene spiegato, ma ci viene piazzato davanti agli occhi, ogni volta con un aspetto diverso, giusto per aumentare il senso di disorientamento dovuto a un orrore apparentemente senza ragione, che spaventa attraverso un minimalismo dal sapore antico, che non sfocia mai nel superfluo o nello splatter gratuito.
Avrà i suoi difetti e non punterà a provocare salti siderali dalla sedia, ma è un’opera con una sua intelligenza di fondo. Peccato che arrivi in Italia (il 6 luglio) ormai a due anni dall’uscita ufficiale. Ma questa è un’altra storia.
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