Ecco un estratto dell’intervista pubblica su Best Movie di luglio:
Torna la premiata ditta formata da Johnny Depp, Gore Verbinski e Jerry Bruckheimer, i quali dopo avere rimpinguato i botteghini di tutto il mondo con i Pirati dei Caraibi sfidano nuovamente la sorte con The Lone Ranger, successo annunciato di un’avventura nel selvaggio West, basata su un personaggio epico della cultura pop americana: l’indiano Tonto.
Solo l’ultimo dei personaggi pittoreschi, improbabili e colorati interpretati da Depp, ex rocker e attore maledetto diventato un eroe per bambini grazie a Tim Burton e lo stesso Verbinski, che ormai cinquantenne (li ha compiuti lo scorso 9 giugno) dice, incredulo, di non essersi mai divertito così tanto e di non riuscire a spiegarsi il suo successo.
Si è mai sentito un ranger solitario a Hollywood?
«Diciamo che ho più o meno sempre fatto ciò che volevo e mi ritengo fortunato a far parte ancora del gioco. Sì, mi piace essere in partita… ma solo perché mi muovo secondo le mie regole».
Come ha disegnato il suo personaggio per The Lone Ranger? Per Jack Sparrow l’ispirazione è stata Keith Richards, in questo caso?
«Ho visto un quadro (“I Am Crow” di Kirby Sattler, ndr) che mi ha molto colpito. Ritrae un guerriero con alcune strisce verticali dipinte sul volto, solo leggermente differenti da quelle usate per Tonto. La prima volta che l’ho osservato con attenzione ho avuto l’impressione di vedere quattro diverse “sezioni” o “anime” di quell’uomo. Dietro di lui c’è un corvo che vola. A prima vista mi era sembrato che fosse proprio appoggiato sul suo capo, così ho deciso che come spirito guida mi sarei messo un uccello in testa. E lo consiglio a tutti, è una cosa da provare. È straordinario girare con un volatile come copricapo…».
Tonto che indiano è?
«Non quello che è stato rappresentato costantemente nella storia del cinema. I nativi americani sono sempre stati sottovalutati, se non addirittura denigrati, a Hollywood. Li chiamavano selvaggi. Ecco, Tonto non è un selvaggio».
Tonto in italiano significa stupido.
«Nella lingua dei Comanche significa lo scemo del villaggio; mi si adatta bene, no?». (ride)
Come definirebbe The Lone Ranger?
«Un gran bel prodotto di intrattenimento. Un film per l’estate, un’avvincente e spettacolare avventura».
Ha appena compiuto 50 anni, cosa pensa?
«Che sarebbe stato molto peggio se non ci fossi arrivato, no? Quello sì che sarebbe stato un problema!».
E quando si guarda indietro?
«Non riguardo mai i miei film: è una regola che mi sono dato, anche se così mi perdo il lavoro di molti buoni amici e il risultato finale. Però preferisco così, anche perché una volta che hai recitato la tua parte, il gioco passa in mano ad altri e non è più affar tuo. Il mio lavoro è quello di dare opzioni al regista. Quindi mi piace andarmene, custodendo l’esperienza vissuta. Le racconto una cosa curiosa: qualche tempo fa hanno fatto una reel con brevi sequenze estrapolate dai miei film. Quando ho visto tutti quei personaggi in una volta sola ho provato una grande sorpresa. È incredibile che l’abbia passata liscia per tutto questo tempo e che ancora oggi possa trovare un lavoro. Sono un miracolato». […]
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(Foto Kikapress)
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