Kubo e i misteri della stop motion

Claudio Di Biagio ha visitato per Best Movie gli studi di Portland della Laika, durante la lavorazione di Kubo e la spada magica. Appassionato di stop-motion, grazie a un progetto tutto suo, racconta la magia di un cinema in bilico tra artigianato e tecnologia

Iniziamo con le basi. La stop-motion è una delle più antiche tecniche audiovisive: consiste nel muovere dei pupazzi e scattare delle foto da unire in postproduzione per avere il risultato di un montaggio fluido e animato.
Ma cos’è la stop-motion per me, per i creatori di Kubo e la Spada Magica, e per un pubblico di milioni di appassionati? E soprattutto: perché nel XXI secolo, dopo più di cento anni di cinema e di progresso tecnologico, è ancora meraviglioso ed essenziale muovere dei pupazzi per far emozionare il pubblico?
Quando Best Movie mi ha proposto di partire per Portland e visitare gli studi della Laika, l’azienda creativa dietro a film come Coraline e la Porta Magica e ParaNorman, sono saltato sulla sedia dalla gioia: faccio il regista e sono un amante della stop-motion da quando ho iniziato a dedicarmi al progetto Ernest Egg e dunque approfondire questo mondo nel cuore della produzione più importante al mondo mi è sembrato semplicemente un pezzo di destino che si rivelava.
Di Portland dirò solo questo: è una metropoli in miniatura, silenziosa, eternamente sospesa nel grigio e contornata da boschi e montagne incredibilmente affascinanti. Leggete Portland Souvenir di Chuck Palahniuk e capirete il colore di questa città abitata da pazzi e gentilissimi esseri umani.
Quando arrivo alla Laika, mi portano dentro una saletta cinematografica e mi fanno subito vedere un trailer e alcune scene di Kubo e la Spada Magica. Di che parla il film? È una storia intima di famiglia e di passaggio dall’infanzia all’età adulta, in un mondo epico. Siamo nel Giappone antico: Kubo (in originale con la voce del giovane Art Parkinson) si prende cura di sua madre e racconta storie agli abitanti del suo villaggio usando gli origami. Un giorno, per errore, evoca uno spirito assetato di vendetta che comincia a tormentarlo. Assieme a Monkey (voce di Charlize Theron) e Beetle (Matthew McConaughey) intraprende un viaggio alla ricerca dell’armatura del padre, un leggendario guerriero samurai. Il viaggio sarà costellato di avventure e combattimenti, e porterà il piccolo uomo a diventare un eroe. Bello? Per me, quasi sublime. Ma questa, signori miei, è solo la punta dell’iceberg. Vi voglio portare dentro il film e scoprire ogni passaggio della sua lunga gestazione.
A dicembre 2015 la Laika ha compiuto quest’anno 10 anni: la sua principale missione è di realizzare film animati in stop-motion con l’ausilio della tecnologia e della computer grafica come miglior strumento non invasivo. La caratteristica su cui si basa tutto il loro lavoro è la ricerca iniziale della storia giusta e, come dice Chris Butler, regista di ParaNorman: «Riconosci la storia giusta quando individui l’elemento giusto: il click che senti e che ti fa capire che quello sarà un gran film!». Fin dall’inizio alla Laika hanno spinto sull’unione tra tecnologia e artigianato classico: prima di Coraline (il loro lungometraggio d’esordio) molti erano scettici sull’abbinamento, ma il modo oculato con cui la CGI venne usata servì a fugare ogni dubbio. Gli anni passano e la Laika continua a sfornare film di qualità: pochi ma buoni. Dopo aver collaborato con Tim Burton a La Sposa Cadavere (2005) e dopo Coraline e la Porta Magica (2009), arrivano ParaNorman (2012) e Boxtrolls (2014), infine Kubo e la Spada Magica. Avere il tone del film in mano è fondamentale: sapere cioè quale sia la strada da percorrere dall’inizio alla fine per donare al progetto un colore unico, compatto, una visione precisa che faccia innamorare il pubblico. Questo è il punto di partenza di ogni progetto in Laika. E Kubo non fa eccezione.

 

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Foto © Laika Entertainment

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