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Matilde Benedusi: cinque domande all’interprete di Serena in Vivere non è un gioco da ragazzi

Abbiamo fatto una chiacchierata con Matilde Benedusi, musicista e attrice protagonista della nuova serie Rai dal produttore di Mare Fuori

Matilde Benedusi: cinque domande all’interprete di Serena in Vivere non è un gioco da ragazzi

Abbiamo fatto una chiacchierata con Matilde Benedusi, musicista e attrice protagonista della nuova serie Rai dal produttore di Mare Fuori

matilde benedusi - vivere non è un gioco da ragazzi

Lunedì farà il suo debutto su Rai 1 – e in streaming su RaiPlay – la serie Vivere non è un gioco da ragazzi, il nuovo show italiano diretto da Rolando Ravello, su una sceneggiatura di Fabio Bonifacci, e prodotto da Roberto Sessa, lo stesso nome dietro il fenomeno Mare Fuori. Proprio come la serie ambientata nell’IPM di Napoli, questa nuova produzione mette al centro paure, drammi e disagi delle nuove generazioni, toccando temi delicati come l’abuso di sostanze, i conflitti famigliari e la lotta contro i fantasmi interiori che ognuno, soprattutto a quell’età, si porta dentro. La vicenda segue un diciottenne che, per far colpo sulla ragazza di cui è innamorato, durante una serata in discoteca prende una pasticca di MDMA, venendo risucchiato in un mondo che porterà sia lui che i suoi amici ad essere invischiati in situazioni complesse e molto più grandi di loro.

Nel cast, insieme a nomi come Stefano Fresi, Nicole Grimaudo, Lucia Mascino e Claudio Bisio, troviamo anche Matilde Benedusi, classe 2001, giovane attrice che dopo l’esordio al cinema nel 2022, nel film Il grande giorno di Massimo Venier, con Vivere non è un gioco da ragazzi debutta anche nel panorama della serialità con un ruolo di primo piano. Nello show presta il volto a Serena, una liceale apparentemente perfetta e ammirata da tutti i suoi compagni di scuola: bella, simpatica, intelligente ed empatica, nasconde però un male oscuro di cui nessun’altro è a conoscenza. È proprio lei il “motore” della vicenda raccontata nella serie; la ragazza su cui il giovane Lele cerca di far colpo in discoteca, prendendo la sua prima pasticca di MDMA e dando il via alla serie di eventi che finiranno per travolgere anche la stessa Serena, i loro amici e le rispettive famiglie.

Nata a Milano, Matilde vive attualmente a Roma, dove studia recitazione. Oltre ad essere un’attrice, impiega il suo talento anche nella musica, sia come cantante che musicista: è mezzo soprano e suona pianoforte, chitarra e violino. Sulla sua pagina YouTube, che trovate a questo link, potete ascoltare alcuni dei suoi brani, tra pezzi originali e cover che spaziano dal rock agli adattamenti di musical come Les Misérables.

Abbiamo parlato con lei della sua carriera, della musica, del suo personaggio – con cui si è trovata in sintonia fin da subito – e delle sue aspirazioni future.

Matilde Benedusi in Vivere non è un gioco da ragazzi @ Giulia Bertini

 

Nella nuova serie Vivere non è un gioco da ragazzi interpreti il personaggio di Serena, una delle protagoniste, descritta come la regina del liceo, oltre che una ragazza bellissima e brillante. Puoi raccontarci qualche dettaglio in più su di lei e sul tuo rapporto con questo ruolo?

Serena è una ragazza di quasi diciott’anni con un’apparente vita perfetta. Nasconde però una grande fragilità, dovuta al difficile rapporto con i genitori. Ha una madre, Sonia, interpretata da Lucia Mascino, che ama alla follia, ma che per motivi di lavoro è poco presente; e un padre, Claudio (Fausto Maria Sciarappa) per cui nutre da sempre amore ed odio. La sua paura più grande è quella di essere “disturbata” come lui e cioè di aver ereditato una malattia psichiatrica.  Questo timore la blocca nella sessualità e nell’amore e la porta ad assumere droghe. Quando ho letto il libro e poi la sceneggiatura, ho trovato delle caratteristiche in comune con Serena, che si rivela, nel corso della serie, una ragazza determinata e che, una volta superate le proprie insicurezze, vive a trecentosessanta gradi i rapporti di amicizia e di amore, a cui tiene tantissimo. La differenza sostanziale fra noi riguarda il rapporto con i genitori. Io ho avuto la fortuna di essere sempre supportata e compresa dalla mia famiglia. Noi siamo quattro figli, quindi non mi sono mai sentita sola.

 

La tua carriera è appena agli inizi: dopo aver esordito al cinema nella commedia Il grande giorno di Massimo Venier, Vivere non è un gioco da ragazzi rappresenta il tuo debutto nel mondo della serialità televisiva. Com’è stata questa tua seconda esperienza sul set?

I mesi delle riprese sono stati alcuni tra i più belli della mia vita. Con i ragazzi del cast, con cui ho legato fin da subito, mi sento spesso. Rolando Ravello è un regista straordinario, sia dal punto di vista professionale sia da quello umano. Ci ha fatto sentire accolti fin da subito, ci ha capiti. E’ stato come se ci conoscessimo da sempre. Ogni volta che un attore finiva le riprese, eravamo tutti tristi. Mi ricordo di aver pensato che avrei voluto non finisse mai.

 

La serie affronta disagi e paure delle nuove generazioni, toccando anche temi come l’abuso di stupefacenti e il rapporto conflittuale tra genitori e adolescenti. Da professionista del settore ma anche interprete giovanissima, pensi che sia importante che oggi la tv si faccia portavoce della tua generazione? 

Assolutamente sì. L’abuso di droga è spesso legato ad un malessere, e oggi le statistiche parlano di un aumento di richieste d’aiuto da parte dei ragazzi, sempre più affetti da ansia e depressione. Spesso la droga rappresenta un rimedio, una fuga e la si prende con leggerezza. Credo sia fondamentale raccontare come si sentono i ragazzi oggi. D’altra parte, è giusto anche conoscere il punto di vista degli adulti, spesso intimoriti dal rapporto con i figli e dalla difficoltà di comunicare con loro. Secondo me “Vivere non è un gioco da ragazzi” riesce a raccontare con efficacia le fragilità e i punti di forza di entrambe le generazioni.

 

Tu sei un’artista a 360 gradi: oltre alla carriera da attrice, parallelamente ne hai anche una da musicista, suonando e cantando in una band. Quanto è stato difficile per te coniugare questi due mondi?

Mi sono sempre dedicata allo studio della musica e della recitazione insieme. Al momento recito e studio all’università, anche se la musica rimane per me essenziale. Spero, un giorno, di poter coniugare le due cose anche ad un livello professionale. Per anni ho seguito corsi di teatro e di canto, per poi dedicarmi al musical, per il quale nutro da quando sono piccola una fortissima passione. Un sogno nel cassetto è infatti quello di partecipare un giorno ad un musical di una produzione internazionale.

 

Dopo questo ruolo, c’è una tipologia di personaggio che ti piacerebbe interpretare e un/a regista (anche del panorama internazionale) con cui vorresti lavorare?  

Mi piacerebbe calarmi nei panni di un personaggio di un’altra epoca. Credo sia una grande sfida. Adoro la Storia e sarebbe una bella occasione per immedesimarsi in realtà distanti dalla mia. Nello specifico, vorrei impersonare una delle tante scienziate, intellettuali o artiste che nei secoli hanno dovuto sacrificare le proprie qualità in favore di colleghi, di mariti e di uomini in un mondo profondamente patriarcale. Comprendere le difficoltà che devono avere incontrato – vedi Marie Curie – mi interesserebbe moltissimo, anche alla luce delle battaglie contemporanee per la parità. Ci sono tanti registi con cui mi piacerebbe lavorare. Sul momento direi Nanni Moretti e Sam Mendes.

 

Credits
Foto: Gioele Vettraino

Styling: Priscilla Cafaggi
Gioielli: Iosselliani
Maglia e gilet: ixos
Hair & Make Up: Marta Ricci @Simone Belli agency

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