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Meryl Streep e Tom Hanks a Milano: «Ci sono giornalisti che fanno di tutto per offuscare la verità»

I due attori Oscar sono sbarcati nel capoluogo lombardo accompagnati dal regista del film Steven Spielberg per presentare The Post, il film che racconta il caso della pubblicazione dei Pentagon Papers. Quando l'America scoprì 30 anni di bugie sul Vietnam

Meryl Streep e Tom Hanks a Milano: «Ci sono giornalisti che fanno di tutto per offuscare la verità»

I due attori Oscar sono sbarcati nel capoluogo lombardo accompagnati dal regista del film Steven Spielberg per presentare The Post, il film che racconta il caso della pubblicazione dei Pentagon Papers. Quando l'America scoprì 30 anni di bugie sul Vietnam

Tom Hanks, Meryl Streep, Steven Spielberg

Da domenica sera, da quando sono approdati a Che tempo che fa da Fabio Fazio, non si parla d’altro. E come potrebbe essere diversamente, dal momento che nel capoluogo milanese sono sbarcate tre divinità del cinema hollywoodiano come Steven Spielberg, Meryl Streep e Tom Hanks, per presentare il film The Post che uscirà al cinema il 1° febbraio.

The Post è l’appassionante vicenda della pubblicazione di settemila pagine di documenti top secret (Pentagon Papers) pubblicati nel 1971 prima dal New York Times e poi dal Washington Post, in cui si rivelavano tutti i segreti e le bugie sulla guerra in Vietnam da ben quattro amministrazioni statunitensi. Il film è tante cose insieme: un racconto giornalistico nostalgico alla Tutti gli uomini del presidente, che in tempi di fake news risveglia gli animi sopiti, ma è anche la storia del primo editore donna americano, Katharine Graham (incarnata dalla sempre impeccabile Meryl Streep), e della sua travagliata decisione di pubblicare i documenti trapelati. Una decisione molto sofferta che condivise con il suo fidato direttore Ben Bradlee (Tom Hanks), uomo ambizioso e determinato a rivelare la verità. Le loro partecipi discussioni, la loro partnership professionale e personale, costituiscono il terzo elemento fondante del film: un’amicizia uomo-donna all’insegna del rispetto e della fiducia reciproci.  

Abbiamo incontrato i due pluripremiati attori, tra cui è palpabile la forte l’intesa, in un hotel di Milano.

«Non è tanto un film sui Pentagon Papers, non è un film su Richard Nixon – esordisce Tom Hanks -, perché il punto chiave della storia è: cosa farà Katharine Graham? Dirà di sì o di no?». «Molti film ruotano attorno a una donna, che deve decidere se dire sì o no…» gli replica Meryl Streep ( i due scoppiano a ridere, complici). 

Lei continua «Le donne sono sempre state lì, nella storia. Anche se non erano considerate e non potevano decidere, loro c’erano. Ed è divertente tornare a quei tempi. Vedere che cosa facevano, di che cosa parlavano. Apparentemente Kay (il nomignolo di Katharine, ndr) era un donna riuscita, con una compagnia di cui era titolare, ma lei ha sempre provato l’insicurezza, l’incapacità di soddisfare le aspettative altrui», continua l’attrice premio Oscar. «Era una donna di potere, eppure anche prima di morire, a 86 anni, diceva di non sentirsi mai del tutto sicura di se stessa. Ed è una sensazione che quasi tutte le donne conoscono molto bene». 

C’è una figura femminile contemporanea che accosterebbe a Kay? 

Meryl Streep: «Angela Merkel. Il semplice fatto che lei occupi il posto che occupa. In quale altro paese c’è una donna al comando? In Italia, c’è una figura del genere?».

Tom Hanks: «Sono un uomo e potrei dire delle idiozie a riguardo, ma secondo me grazie a tutto l’enorme movimento d’opinione che si è creato con #MeToo e Time’sUp, e soprattutto grazie alle persone che hanno avuto il coraggio di fare le denunce, è come se avessimo attraversato il Rubicone. E la prova che lo abbiamo fatto è che il 50% del processo decisionale nei luoghi di comando è svolto da donne». 

M.S.: «E a questo proposito, direi che c’è un altro Rubicone che dobbiamo ancora attraversare. Quando in aereo sentiremo la voce di una donna dire – “Buongiorno, mi chiamo Stephanie, ed è il comandante che vi parla” – e non avvertiremo più quel brivido lungo la schiena, che provano sia uomini sia donne, allora vorrà dire che saremo davvero arrivati da qualche parte».

Che cosa pensa della lettera pubblicata da Catherine Deneuve su Le Monde, che sminuiva il movimento femminile #MeeToo e che poi la stessa attrice ha ritrattato?
M.S.: «Penso che alla fine abbia capito e per questo ritrattato. Credo che tutto questo processo sarà piuttosto caotico, avrà continui alti e bassi. Ma l’importante è andare avanti. Ogni discussione sul tema è utile».

All’inizio l’ha fatta arrabbiare?
M.S.
: «Oh, io sono arrabbiata da quando ho 21 anni (ride). Come si fa a non  esserlo?».

Venendo al tema caldo del film, ovvero la libertà di stampa, credete che questo film possa cambiare le cose? Stimolare il dibattito?

M.S.: «Sono andata a vedere il film con il pubblico in un cinema normale e ho visto la gente esultare per la sentenza della Corte Suprema. E quando viene pronunciata la frase della sentenza in cui si dice che l’informazione è fatta per i governati e non per i governanti ho visto molte persone piangere». 

Chi sono i giornalisti oggi che secondo voi sono in grado di rispecchiare la lezione del Post?

M.S.: «Il primo nome che mi viene in mente è Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese che è rimasta uccisa in un attentato proprio per la sua attività anti-corruzione e anti-scandali. Così come la messicana Patricia Mayorga, che coraggiosamente lavora per esporre la corruzione in Messico e i legami tra governo e cartelli». 

T.H.: «All’opposto di queste reporter, è incredibile constatare quanti giornalisti ci siano impegnati a fare di tutto per rendere nebulosa la verità».

M.S.: «Anzi, è il loro primo lavoro». 

Questo film è anche la storia d’amicizia tra un uomo e una donna. Come siete riusciti a creare una simile intesa?

T.H.: «Ho studiato moltissimo il rapporto tra Kay e Ben per il film. Ho anche conosciuto Kay il giorno stesso in cui è morta e posso dire che Bradlee amava quella donna e sapeva benissimo che era il suo capo e il rispetto che le doveva. Non c’è un altro film in cui si racconta così bene il rapporto professionale, senza un solo elemento romantico. Non un bacio, una pacca, una proposta di matrimonio, solo lavoro».

Scusate la domanda rude: avete percepito lo stesso compenso per questo film? 
In coro: «Lo stesso compenso, esattamente lo stesso».

M.S.: «L’ho anche chiesto ai produttori recentemente: “Siamo sicuri che siamo stati pagati allo stesso modo?”, e la risposta è stata sì».

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