L’ultima volta che l’abbiamo vista sul grande era lo scorso marzo in John Wick – Capitolo 2. Nel film d’azione diretto dallo stuntman Chad Stahelski era un’affascinante donna della Camorra che, dietro lo sguardo magnetico coperto dal trucco pesante, affrontava il letale killer col volto di Keanu Reeves. Ora Claudia Gerini torna nel mondo criminale, ma lo fa con un film completamente diverso: Ammore e malavita, lo scatenato musical napoletano – ironico, kitsch e sfacciatamente romantico – diretto dai Manetti Bros. Lì è Donna Maria, la moglie di un boss. Segno particolare: ha una folle passione per il cinema che la porta a plasmare l’universo che la circonda a immagine e somiglianza dei film che ama, e così, tanto per fare un esempio, addestra i suoi scugnizzi alle arti marziali come dei novelli Bruce Lee.
Orgogliosissima di questo ruolo e di questo film che dopo il passaggio in Concorso a Venezia arriva nei cinema il 5 ottobre, Claudia ci ha anche raccontato della partecipazione a Suburra – La serie e dei suoi prossimi progetti. Insomma un bel momento dopo la delusione per il provino andato male per The Young Pope di Sorrentino.
Riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio: come sei stata coinvolta nel progetto e cosa ti ha spinto ad accettare?
«Ammore e malavita è un film coraggioso, poi io sono una fan dei Manetti Bros., ne ammiro la spericolatezza. In passato avevo visto e apprezzato diverse cose loro, ma la vera folgorazione è stata nel 2013 con Song’e Napule, così quando mi hanno contatto per propormi un film “con lo stesso spirito ma anche completamente diverso” non ci ha pensato un attimo e ho detto subito di sì».
Quindi sono stati i Manetti bros. a cercarti? Insomma loro avevano scritto il personaggio di Donna Maria pensando a te?
«Sì, un giorno mi ha chiamato Antonio e mi ha detto: “Come sei messa col napoletano?”. Io gli ho risposto: “Non ti preoccupare, stai in una botte di ferro!”».
In realtà tu sei percepita come un’attrice profondamente romana…
«Vero, ma sono soprattutto un’attrice e trasformarmi è il mio lavoro. Poi, c’è da dire che nelle mie vene scorre sangue partenopeo perché mio nonno materno era di Afragola: si chiamava Giuseppe Cecere, mi sa che in questi giorni gli staranno fischiando le orecchie per tutte le volte che l’ho nominato nelle interviste… Insomma, un po’ di napoletano lo conoscevo, poi ho un buon orecchio e riesco a riprodurre bene i suoni».
Prima ti ho anche sentita parlare inglese e te la cavi bene.
«Parlo anche francese e spagnolo. Sono portata per le lingue, me lo dicono sin da piccola. E il napoletano è una vera lingua, con delle regole fonetiche precise: fortunatamente ho avuto dei bravi maestri come Carlo Buccirosso (nel film suo marito, ndr) che prima e e durante le riprese mi ha aiutato parecchio correggendomi e dandomi consigli».
Come ti sei calata nei panni di Donna Maria?
«Mi sono divertita tantissimo a interpretarla, lei è troppo folle e simpatica, e con il boss interpretato da Carlo formano una coppia strepitosa a cui alla fine vuoi bene. E questo nonostante siano dei malavitosi. Le movenze e la teatralità molto napoletana di Donna Maria le ho trovate dentro me stessa, così come la sua esuberanza e anche il suo essere un po’ tigre. Poi, ovvio, nel nostro immaginario la femminilità napoletana è incarnata da Sofia Loren: ho visto tutti i suoi film e inevitabilmente ho assorbito tanto da lei. Con i due registi, abbiamo voluto sottolineare l’esuberanza di Donna Maria mostrandola sempre strizzata nei suoi vestiti, con abiti dai colori sgargianti. Grazie a lei, infine, si contribuisce alla presa in giro dell’immaginario criminale che percorre tutto il film. Il musical ti dà la possibilità di andarci sopra le righe».
A proposito di musical, complimenti per le tue coreografie. E per la tua spaccata!
«Grazie. La danza è una mia grande passione, la studio sin da bambina e continuo a praticarla: l’anno scorso ho preso parte a un programma che è andato in onda su Fox, Dance Dance Dance, e anche lì ho sorpreso tutti con le mie spaccate. Pure cantare mi piace molto, quindi questo ruolo in Ammore e malavita è stato davvero un regalo. La coreografia con spaccata finale a cui ti riferisci è stata una sequenza lunghissima da girare, ci abbiamo impiegato tutta una notte, ma io ho resistito alla grande. Sul set c’erano delle ragazze di 20 anni che invece erano morte e mi chiedevano: “Ma di che cosa sei fatta?”».
La danza ti ha anche aiutato in John Wick 2, immagino. Si dice spesso che le scene d’azione siano un po’ delle sequenze di danza.
«Venendo dalla danza non è stato difficile prepararmi a quel ruolo: le scene corpo a corpo sono delle vere e proprie coreografie. È stato un onore fare John Wick 2, mi ha procurato una grande visibilità».
Un aspetto molto divertente di Donna Maria è la sua passione estrema per il cinema che la porta a plasmare il suo mondo a immagine e somiglianza dei film che ama, finendo perfino ad addestrare i suoi scugnizzi alle arte marziali in stile Bruce Lee. Quali sono le tue ossessioni cinematografiche?
«Questa ossessione di plasmare il mondo a seconda del cinema che si ama rispecchia l’atteggiamento dei Manetti bros., è una specie di citazione di loro stessi. A differenza di Donna Maria, non sono una che riguarda spesso gli stessi film: l’unica eccezione in questo senso sono i film di Verdone. È lui la mia ossessione e infatti continuo a vedermi e rivedermi Borotalco, Acqua e sapone, Bianco rosso e Verdone, Un sacco e bello».
Attrici preferite?
«Isabelle Huppert, Julianne Moore, Meryl Streep, Frances McDormand. Tra le giovani, Emma Stone. L’attrice italiana che più amo e stimo è Monica Vitti: ogni tanto mi hanno paragonato a lei ed è un grande onore».
Un film che hai visto recentemente e che ti è piaciuto particolarmente?
«Lion».
Per anni il tuo nome è stato legato alla commedia brillante. Poi, coi film di Zampaglione (soprattutto con il thriller-horror Tulpa), con John Wick 2, e ora con la serie Suburra, stai quasi diventando un’icona del cinema di genere in Italia.
«Sono molto orgogliosa di questa cosa. Non mi piacciono le etichette, cerco sempre di sfuggirle, e cerco sempre di diversificare i miei ruoli per non annoiare il pubblico e per non annoiare me stessa: mi rompo a fare sempre la stessa cosa. Il genere mi piace perché implica una ricerca, una sperimentazione, una sfida a reinventarsi. E poi attira fasce di pubblico diverse. Mi piace quando per strada sono i ragazzini a fermarmi per un autografo. Anche per questo sono felicissima di aver fatto una serie come Suburra che ha un linguaggio nuovo e irriverente: ho accettato, anzi ho combattuto per avere questo ruolo proprio per continuare dare una nuova sfumatura alla mia carriera».
Tornando ad Ammore e malavita, come sono i Manetti Bros. sul set?
«Fantastici. Sul set eravamo una grande famiglia, ci si divertiva molto. Sono registi molto aperti al confronto, ti fanno sentire parte del processo creativo, puoi dire la tua e sei libera di improvvisare: capitava spesso che io e Carlo cambiassimo le nostre battute. Poi hanno un amore per gli attori incredibile: la cosa divertente è che durante le riprese ridevano come matti delle loro stesse battute, si stupivano della pazzia dei personaggi che loro stessi avevano creato».
Prossimi progetti?
«Sono nel cast del nuovo film di Muccino, iniziamo a girare il 18 settembre».
Un regista con cui ti piacerebbe lavorare in futuro?
«(Risponde senza un minimo di esitazione, ndr) Paolo Virzì».
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