Nic Pizzolatto: True Detective? Per realizzarlo ho dovuto bluffare

Il creatore della serie più rivoluzionaria degli ultimi anni, finalmente in arrivo anche in Italia, racconta com'è nato il vero cult del 2014

Arriverà finalmente anche in Italia, dal 3 ottobre su Sky Atlantic, la prima stagione in otto episodi di True Detective, serie poliziesca antologica – cioè destinata a ripartire da zero ogni anno – di HBO già diventata tra gli appassionati un oggetto di culto. Il primo capitolo è un southern gothic mistico con atmosfere alla Paludi della morte, incentrato su un anonimo (o forse solo “invisibile”) serial killer rituale che agghinda le sue vittime come lo Squartatore di Chesapeake di Hannibal e una coppia di poliziotti – Cohle e Hart – dalla collaborazione conflittuale. Rust Cohle (Matthew McConaughey), asciutto e torvo, saturo di nichilismo come lo sono i suoi monologhi di soffocante pessimismo, è uno dei protagonisti più ostici mai apparsi in tv eppure è già un’icona seriale. L’autore di questo capolavoro nerissimo, lo scrittore 38enne Nic Pizzolatto, spiega genesi e realizzazione del suo cult.

Com’è nato True Detective?
«Avevo da poco pubblicato il mio romanzo Galveston, ma mi ero reso conto di essere più attratto dalla scrittura seriale, così ho comunicato alla mia famiglia il desiderio di cimentarmi con Hollywood e mi sono trasferito in California. Galveston era stato opzionato per la trasposizione cinematografica e ho sfruttato l’occasione per informarmi da chi era nell’ambiente su quale fosse il modo migliore per approdare alla tv. Mi hanno consigliato di scrivere qualche pilota, così alla fine del 2010 ne avevo sfornati almeno cinque. Prima che passasse quello di True Detective ero riuscito a entrare nella produzione di The Killing: lì mi sono fatto le ossa e ho imparato molto su come si fa (e non si fa) una serie. Alla fine il copione di True Detective è finito nelle mani di Matthew McConaughey e quando ti presenti alla commissione di selezione dei canali con un’opera sostenuta da uno come lui… sei in vantaggio».

Perché il passaggio dalla letteratura alla serialità?
«Perché no? In televisione ho visto capolavori come The Wire; chi non vorrebbe lavorare con HBO? Un giornalista qualche giorno fa mi ha chiesto come mai avessi deciso di abbassarmi a scrivere per il piccolo schermo. Gli ho risposto che in America la gente non legge neanche le carte delle caramelle, figuriamoci se avrei perso l’aura di prestigio di autore letterario quando pressoché tutti ignoravano che lo fossi!». […]

(Foto: Getty Images)

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