È così esile che stringendole la mano temi di mandarla in frantumi. Se ti guarda dritto negli occhi, però, ne percepisci immediatamente la forza, la determinazione… ma anche una nota di malinconia che rende la sua bellezza aristocratica e spigolosa più interessante. Ucraina naturalizzata francese, l’ex modella Olga Kurylenko, è balzata in cima allo star system accanto allo 007 Daniel Craig di Quantum of Solace, ma ha trovato la sua strada professionale grazie al cinema d’autore. Della sua vita privata, specialmente del suo travagliato passato, parla poco, ma in modo diretto.
Si dice che tu abbia conquistato Terrence Malick parlando di filosofia e letteratura…
«La verità è che prima del film mi ha dato dei compiti a casa, leggere tre grandi classici russi: Anna Karenina di Lev Tolstoj, L’idiota e I fratelli Karamazov di Dostoevskij. È buffo rileggere dei libri in periodi diversi della vita: emergono aspetti completamente nuovi ogni volta. Solo ora sono riuscita ad apprezzare realmente il primo perché ho più esperienze e so cos’è l’amore».
Malick è un regista misterioso. Quale metodo adotta con gli attori?
«È un uomo meraviglioso, molto intelligente. Riesce a guardarti dentro. La prima volta che l’ho incontrato mi ha parlato come se sapesse perfettamente chi fossi, quasi conoscesse il mio passato. Ha utilizzato immediatamente il giusto approccio con me per stabilire una connessione. E poi è un regista eccellente e ti fornisce tutte le informazioni di cui hai bisogno per la tua interpretazione. Nella fase iniziale ho appreso la trama del film e la storia del mio personaggio solo attraverso le sue parole, perché non c’era ancora una sceneggiatura. E una volta sul set non ha più avuto bisogno di dirmi altro: sa che tu sarai il suo personaggio».
Quando vi siete incontrati ti ha chiesto qualcosa del tuo passato per comprenderti meglio?
«Mai. È molto discreto, educato e sensibile. Mi ha chiesto altro, ma ha fatto le domande giuste per capire quello di cui aveva bisogno, quello che c’è nel mio cuore. Non è un giornalista di gossip!»
Nel film sei protagonista di una struggente relazione sentimentale. Credi che l’amore sia davvero così mutevole come dimostrano le dinamiche tra i personaggi?
«Mi faccio questa stessa domanda tutti i giorni. Ecco perché questo film riesce a parlarci: tutti ci chiediamo cos’è l’amore. È una necessità? È solo divertimento? È un dovere?».
A quale risposta sei arrivata?
«Se non c’è, non c’è scopo nella vita. Una persona che vive senza ha smarrito il senso dell’esistenza stessa. Non importa come va a finire: ciò che conta è amare. Tutto ruota attorno a questo sentimento e Terrence lo sa. Una volta mi ha detto: “Cerca un uomo semplice, senza denaro perché sarà un puro”. E ha ragione: quando insegui o fai qualcosa solo per soldi è la morte dell’animo umano. Per me l’amore è la cosa più importante. E questa pellicola ne è un’autentica celebrazione. Ecco perché l’adoro!».
Com’è stato lavorare con Ben Affleck?
«Fantastico. È un grande attore e un ottimo regista. Mi piacerebbe essere diretta da lui. È stato molto abile con il suo personaggio, un uomo confuso e spaventato. È completamente perso ed è alla ricerca di se stesso. Ma Marina, il mio alter ego nel film, avrebbe bisogno che lui le mostrasse ciò che prova e fa cose orribili per provocare una sua reazione».
In To the Wonder reciti molto con il tuo corpo. Hai fatto una preparazione speciale?
«No, in realtà. Terry sa come nutrire i suoi personaggi. Parlandomi mi ha trasformato in Marina. Quando abbiamo iniziato a girare io ero Marina e non ne sono uscita fino alla fine. Ammetto che ero un po’ spaventata, perché lei è un tantino disturbata e io non volevo rimanere intrappolata nelle sue tenebre».
Che cosa ti aspetti dalla carriera dopo aver collaborato con Malick? Un’opportunità che è anche una conferma…
«Vorrei poter continuare a lavorare alla sua maniera. Lui cattura la verità. Non tutti sono così perspicaci. Lui ti fa recitare da dentro, non è teatrale. Quello che ti fa fare viene dal cuore».
Ti ha cambiato umanamente questa esperienza?
«Molto. Anche solo leggendo le pagine che Terrence scriveva per i miei voiceover (si parla di almeno 400, ndr)… Era filosofia allo stato puro: ho imparato così tanto! Ogni frase avrebbe potuto essere degna di una propria rappresentazione. Ciascuna potrebbe costituire un proposito giornaliero da seguire e renderebbe tutti noi esseri umani migliori».
Il film è molto spirituale. Tu che persona sei? Più concreta, forse? Oppure ti vedi maggiormente come una ragazza di oggi, tutta tecnologia?
«Credo di essere abbastanza affine al mio personaggio nel film. Per interpretarlo mi sono ispirata proprio a mia madre, che porta lo stesso nome: Marina. Sono quasi identiche l’una all’altra e per me è stata una buona base sulla quale lavorare. Ma anche un omaggio. Portandola sul grande schermo, infatti, l’ho resa immortale. Lei è come una farfalla, è in connessione con la natura, parla con i fiori. Se ne vede spuntare uno urla come se stesse accadendo qualcosa di incredibile. È così genuina! E io sono stata cresciuta in questo mood, che ormai fa parte di me».
A proposito di tua madre, torni mai a trovarla in Ucraina?
«Lei viene da me di frequente. Io non vado spesso, perché ho molti impegni e poi è meglio anche per lei: è un’occasione per viaggiare. E io le faccio da guida, babysitter… perché è come una bambina. L’anno scorso è venuta a trovarmi a Miami e l’ho portata ovunque: allo zoo, al parco acquatico, a Disneyland. È quasi un lavoro (ride). La parte più dura è la traduzione dei menù… Quando mi si presenta il cameriere con sei pagine di cibi, per me è la fine».
Gli uomini hanno più paura di amare rispetto alle donne?
«Non vorrei generalizzare perché non posso parlare d’altro che della mia esperienza. Ne ho incontrati alcuni così, ma anche le donne non sono da meno. Dipende da tante cose: dalla personalità, dal background, dal rapporto tra i propri genitori. Tutti trasciniamo un bagaglio».
E dopo due matrimoni tu non hai nessun timore?
«No. La vita non ha senso senza amore».
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