Perché Lo Hobbit è migliore di Eragon, Il cacciatore di giganti, Le cronache di Narnia…

Proviamo ad immaginare cosa aspettarci dall'atteso secondo capitolo della trilogia di Bilbo Baggins, interpretato da Martin Freeman

Insomma, la carne al fuoco è veramente tanta ed è lecito presupporre che da qui a dicembre avremo modo di scoprire ulteriori dettagli su questo attesissimo film; vale quindi la pena di fare una piccola riflessione sui motivi per cui pellicole come la trilogia di Il signore degli anelli prima, e quella di Lo Hobbit adesso, continuino a riscuotere così tanto successo. Oggi il panorama del fantasy sta radicalmente cambiando rispetto al passato, si sta rinunciando sempre più al tema del fiabesco per scivolare nel dark. Basti vedere film come Biancaneve e il Cacciatore, in cui la protagonista, smessi i panni sgargianti e la voce argentina della Biancaneve disneyana, si trasforma in una novella Giovanna D’Arco, pronta a guidare un popolo verso il riscatto dalla tirannia della strega; i sette nani non sono più dei simpatici minatori del film Disney, ma una banda di reietti emarginati. In film come questo, che sembra puntare molto a rendere  verosimili ambientazioni e personaggi, il tentativo di inserire elementi puramente fantastici, come la sequenza nel bosco delle fate, finisce paradossalmente per stonare col contesto.
Questo radicale cambio di direzione nell’aspetto e nel modo di raccontare storie fantastiche offre oggi i contenuti migliori non tanto sul grande schermo, bensì nella serie televisiva di HBO Il trono di spade; qui si decide di cancellare totalmente ogni patinatura per raccontare una storia di sangue, tradimenti e intrighi in tutta la sua brutalità, rendendo i già pochi elementi fantastici così reali e spaventosi da coinvolgere il pubblico a tal punto da far dimenticare che quel mondo, in realtà, non esiste.

Ma allora  viene da chiedersi se un film come Lo Hobbit, dove l’elemento fiabesco è molto più presente rispetto che in Il signore degli anelli, possa incontrare il gusto del pubblico. Qui sta l’elemento fondamentale che rende il romanzo di Tolkien, così come i film di Jackson, così discosti dai panorami letterario e cinematografico a loro contemporanei, come per esempio la saga di Le cronache di Narnia. Tolkien, al contrario di autori come C.S. Lewis, ha infatti rinunciato a creare una netta separazione tra il fantastico e il reale, confondendo elementi non solo “veri”, ma addirittura moderni, nella sua fiaba. Può esserne esempio l’episodio in cui Gandalf racconta a Bilbo di come un suo trisavolo avesse tagliato la testa ad un nemico e di come questa fosse rotolata nella tana di un coniglio: «E così la battaglia fu vinta, e il gioco del golf nacque in quel momento». Questi binari sono stati seguiti alla lettera da Peter Jackson il quale, oltre a mantenere le scelte narrative del romanzo, ha anche creato uno stile visivo che rende tutto molto concreto, “più vero del vero”, grazie anche all’uso di modernissime tecnologie come l’HFR: si raddoppia il numero di fotogrammi visibili in un secondo, permettendo immagini più nitide e brillanti. Ciononostante il risultato finale non risulta rivestito da quella inverosimile pulizia che fin troppo spesso vediamo nei film odierni. Gli eroi di Tolkien/Jackson si sporcano, si feriscono, a volte brutalmente; non hanno bisogno di presentarsi con indosso improponibili armature dai colori sgargianti e armi ancor più inverosimili. La regola che fino ad ora Peter Jackson e il suo staff hanno seguito e che si è rivelata vincente è quella della funzionalità. L’insieme di questi espedienti e insomma l’originale approccio alla materia del fantasy ha spinto alcuni critici ad identificare le opere di Peter Jackson come fantasy neorealisti.

Ci sarà modo di approfondire questi argomenti una volta che il film sarà uscito nelle sale; chi non ha amato il primo film si ricordi che l’Avventura non è ancora finita e dato che Peter Jackson concepisce le proprie opere come un unico grande film, ritengo che sia necessario avere di fronte un panorama quanto più vasto possibile in merito, in modo tale da comprendere e giudicare al meglio almeno alcune delle scelte operate dal regista e dal suo team di sceneggiatori. Questo articolo vuole esserne la prova.

Per tutti l’appuntamento è fissato per il 12 dicembre 2013 e non aspettate che sia uno stregone a darvi quella fatidica spintarella fuori dalla porta! La Terra Di Mezzo è sempre pronta ad accogliervi, a patto che sappiate comprenderla.

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