«Racconto una tragedia clamorosa e inaudita»: intervista a Marco D’Amore

L'interprete cult di Gomorra - La serie è protagonista assoluto di Un posto sicuro (nelle sale dal 3 dicembre), e ci racconta lo sviluppo del film, incentrato sulla storia di un ragazzo e di un padre, sullo sfondo della tragedia dell'Eternit

Sarà pure diventato celebre per ruoli duri e granitici (il più iconico è quello del criminale Ciro in Gomorra – La serie), ma Marco D’Amore è prima di tutto un attore sensibile e attento, appassionato e disponibile nel raccontare i progetti a cui lavora, e traspare dalle sue parole una rara dedizione.
Come quella che lo lega a Un posto sicuro di Francesco Ghiaccio (al cinema dal 3 dicembre: qui il bellissimo trailer), progetto delicatissimo e primo film italiano a parlare della vergognosa tragedia della fabbrica Eternit di Casale Monferrato, che a causa della contaminazione dell’amianto miete vittime da più di trent’anni.
Un posto sicuro non è però un documentario, ci tiene a specificare D’Amore, bensì un dramma che si risolve intorno a una storia di affetto familiare (il protagonista, Luca, si riavvicina al padre nel momento in cui quest’ultimo scopre di avere un tumore) e una love story (quella tra Luca e una ragazza coraggiosa).

Best Movie: Come avete sviluppato questo progetto tu e Francesco Ghiaccio (regista e cosceneggiatore, ndr)?
Marco D’Amore: «Noi due ci conosciamo da quando frequentavamo la Paolo Grassi di Milano, e lavoriamo insieme dal 2003. Lui è di Casale Monferrato e prima di elaborare questo film ci siamo cimentati in due corti che abbiamo ambientato lì. Due opere completamente opposte e diverse come genere, ma che ci hanno permesso di entrare in contatto con la popolazione di Casale, in particolare con l’Associazione Familiari Vittime Amianto, la cui ex presidente Romana Pavesi è la persona che ha sofferto di più in termini di perdite numeriche. Così abbiamo iniziato ad accumulare moltissimo materiale, abbiamo iniziato a incontrare la gente, e ci ha colpito che la vicenda fosse tanto clamorosa quanto sconosciuta, sopratttutto ai nostri coetanei. Da lì lo spunto di metter al centro della storia un trentenne, come siamo noi, un ragazzo con un desiderio di conoscenza di quel che è stato, e che sviluppa un rapporto con un padre – figura fortissima – interpretato da Giorgio Colangeli, e con una donna che ha un ruolo inverso rispetto ai soliti del cinema italiano: è lei l’eroina, la salvatrice, una ragazza giovane ma molto forte – interpretata da Matilde Gioli –, che compie un grande processo di cambiamento per andare incontro a Luca, il mio personaggio, e tirarlo fuori da un gorgo».


BM: Perciò il tuo personaggio, Luca, fa un percorso assimilabile a quello dello spettatore, che della tragedia sa poco ma pian piano ne arriva a comprendere l’entità?

M.D.A.: «Esatto, bravissima. Noi abbiamo consapevolmente voluto e cercato una prospettiva di quel tipo per raccontare questa storia attraverso la vita, non tramite dati e documenti, ma con la pura narrativa, con dei personaggi puri. Un film di finzione intorno al quale c’è però quella che Roberto Saviano ha definito la più grande tragedia del lavoro mai avvenuta in Italia: a oggi, si contano 3.500 morti solo a Casale. Ed è questo il punto di vista a cui lo spettatore arriva, perché con Luca compie un doppio percorso, uno di presa di coscienza di ciò che è successo e uno emotivo di riavvicinamento alla figura paterna».

BM: Ci sono stati dei momenti particolarmente duri durante le riprese?

M.D.A.: «Sì, ma ce lo aspettavamo: siamo attenti osservatori di ciò che succede nel nostro paese, e sappiamo che c’è una ritrosia diffusa a metter le mani in certe storie, quindi siamo partiti decisi a raccontarla da soli, con le nostre forze, chiedendo l’aiuto delle amministrazioni locali e alla cittadinanza. Poi però – come a volte succede nei sogni o nei film – abbiamo avuto la fortuna di incontrare Indiana Production che ha creduto nel progetto, e così siamo subito partiti a scrivere, abbiamo lavorato sul territorio, informando la cittadinanza in modo che capisse il tipo di progetto, e il rispetto con cui ci siamo mossi perché sappiamo che il centro pulsante del problema è lì».

BM: Un posto sicuro tra l’altro arriva in sala un anno dopo la sentenza della Cassazione che ha annullato la condanna per prescrizione…
M.D.A.: «Noi eravamo lì a Casale mentre è stata discussa, perché eravamo in procinto di girare; abbiamo vissuto tutto in prima persona. Al di là di qualsiasi commento personale che può lasciare il tempo che trova, io credo che l’azione di questa comunità abbia ricordato all’Italia cosa significa la democrazia, la capacità e la possibilità che ha una comunità di decidere per sé e attivare le amministrazioni attorno a sé quando ha un problema. Insomma, l’evento ha comunque generato delle azioni, quindi è stato tutto importante e fondamentale. Che poi in quel processo specifico non sia stata riconosciuta una colpa è una durissima ferita, ma dobbiamo andare avanti e i cittadini di Casale lo sanno, e non si fermano. E speriamo che questo film possiamo amplificare la loro voce».

BM: Puoi dirmi qualcosa di ciò che accadrà a Ciro nella seconda stagione di Gomorra?

M.D.A.: «Purtroppo non posso svelare nulla! Ma ciò che è già stato “spoilerato” è che sarà un racconto molto più ampio, che alcuni protagonisti si spingeranno anche fuori dall’italia; ci saranno due nuove protagoniste femminili, e secondo me questa è una seconda stagione che mira ancora più in alto, con una descrizione psicologica più profonda delle figure in campo, in un contesto di gruppo, di clan. E spero che ciò possa incontrare il favore del pubblico».

Prossimi progetti?

M.D.A.: «Ora ho deciso di fermarmi per due mesi, mi dedicherò totalmente alla promozione di Un posto sicuro. Con distributori e produttori stiamo organizzando un tour che partirà a Casale dove il film uscirà in anteprima – è un regalo che abbiamo voluto fare alla città –, in seguito gireremo le sale e le scuole. Poi da gennaio inizierò a preparare Buoni e cattivi, esordio di Cosimo Gomez a cui tengo molto. Un film molto strano, molto “storto”, un’operazione che mette al centro degli assoluti non protagonisti nella realtà di tutti i giorni, ma che nel film risultano la totalità del mondo. Si tratta di un’opera che diverge un po’ da quel che ho fatto fino a oggi».

L’intervista è pubblicata anche su Best Movie di dicembre, in edicola dal 25 novembre


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