Toronto 2014: la recensione del musical-drama The Last Five Years

Il regista, candidato al premio Oscar per la sceneggiatura de La Leggenga del Re Pescatore, si presenta al TIFF con un film caratterizzato da una vena di follia

Da colui che ha scritto un piccolo grande gioiello di anarchica follia cinematografica quale è stato La leggenda del re pescatore ci si può attendere di tutto. Certo, dai tempi di quel capolavoro di sceneggiatura Richard LaGravenese non è più riuscito ad arrivare a livelli così alti, soprattutto quando è passato dietro la macchina da presa. Un pizzico di vena di follia l’ha però mantenuta in tutti questi anni, almeno a giudicare da questo suo ultimo The Last Five Years, presentato al TIFF 2014. La trama non potrebbe essere più semplice: il film inizia con una coppia che si lascia, e attraverso una serie di flashback ne racconta la storia d’amore a ritroso, dall’entusiasmo degli inizi alle difficoltà nel raggiungere i propri obiettivi. Jamie infatti si rivela fin da subito uno scrittore di successo, mentre Cathy stenta a far decollare la sua carriera di performer a Broadway. Due attori, Anna Kendrick e Jeremy Jordan, per tutto il tempo davanti alla macchina da presa.

Fin qui si potrebbe obiettare che non c’è nulla di spiazzante in The Last Five Years. La peculiarità di questo lungometraggio sta infatti nel fatto che LaGravenese l’ha realizzato come un musical d’altri tempi- Per tutta la durata del film i due protagonisti interagiscono soltanto attraverso canzoni, accompagnate da melodie semplicissime e coreografie appena accennate in qualche scena. L’esperimento è intrigante, anche perché si capisce che si tratta di una produzione piccolissima, la quale basa la sua forza molto più sulle idee che sulla potenza della (povera) messa in scena. Alla lunga, il gioco stanca, c’è poco da fare. Nonostante la bravura dei due attori la ripetitività delle situazione e la scarsa variazione musicale appesantiscono il lungometraggio. Si possono trovare ogni tanto guizzi di ottimo cinema – spassosissima a riguardo la scena di un provino sostenuto dalla Kendrick che inizia a dar fuori di testa – ma nella grande maggioranza del tempo si assiste a uno spettacolo difficile da definire. I rimandi continui ai capolavori del passato, gestiti in maniera quasi ingenua da LaGravenese, non bastano a salvare un’operazione troppo piccola per riuscire per intero a spiccare il volo. Rimane il tentativo coraggioso, cinefilo, perfino simpatico. Ma di certo non può bastare per promuovere a pieni voti The Last Five Years.

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