Toronto 2014: un grande Mark Ruffalo nel piccolo Infinitely Polar Bear. La nostra recensione

Budget limitato, produzione indipendente, e storia che conquista: l'ottimo esordio alla regia di Maya Forbes

Immaginate uno spunto iniziale che molto si avvicina a Kramer contro Kramer. Con la madre Maggie andata via di casa per trovare una sua dimensione, le due piccole Amelia e Faith si ritrovano a dover essere custodite dal solo padre Cameron. La variante però è che l’uomo è affetto da una seria forma di bipolarità, quindi molto poco capace di prendersi cura delle figlie in maniera canonica. Il confronto/scontro tra l’universo infantile delle due bambine e quello a dir poco disordinato dell’uomo è inevitabile. Siamo nella Boston di fine anni ’70, e le bizzarre vicende che capitano a questi quattro personaggi sono raccontate con soave leggerezza in Infinitely Polar Bear, esordio alla regia della sceneggiatrice Maya Forbes.

Film indipendente, brioso, pieno di trovate capaci di dimostrare che ancora si possono raccontare storie conosciute con freschezza e originalità. Da situazioni che solitamente porterebbero a scene drammatiche se non strappalacrime, la regista tira fuori invece momenti di grande e sincera ilarità, adoperando senza paura dialoghi anche feroci che però esplorano al meglio i rapporti conflittuali che si instaurano all’interno del nucleo familiare. La ricostruzione lascia trasparire che il budget a disposizione della produzione era piuttosto limitato, ma poco importa: Infinitely Polar Bear è un film quasi tutto giocato dento interni organizzati con intelligenza e un sano spirito di follia. La leggerezza che pervade l’atmosfera, la fluidità della storia – scandita con il passare delle stagioni – regalano all’operazione una vena iconoclasta che raramente si è ammirata nel cinema indipendente americano negli ultimi anni. Va dato merito al lungometraggio, pur con tutte le ingenuità narrative che possiede, di aver guardato al cinema del passato con coraggio e allegria, cogliendone lo spirito più libertario.

Il personaggio che ovviamente rimane più impresso nella mente e nel cuore dello spettatore è lo stralunato e umanissimo Cameron, interpretato da un Mark Ruffalo in stato di grazia. Sboccato, logorroico, sincero, sempre confuso, questo piccolo grande padre folle è la personificazione dell’euforia e insieme della miseria prodotte dalla generazione della controcultura americana degli anni ’70. Accanto a lui, una Zoe Saldana sempre più efficace e le dolcissime Imogene Wolodarsky e Ashley Aufterheide.

Pur senza essere un capolavoro, Infinitely Polar Bear è comunque un prodotto bizzarro ed elettrizzante, meritevole di essere visto e apprezzato per il suo approccio non scontato al tema dei dissesti familiari. Insieme a Whiplash il miglior esordio alla regia visto fino ad oggi al Toronto Film Festival.

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