Venezia 68, Pacino: “La mia ossessione si chiama Salomè”

Standing Ovation della stampa per il grande attore, premio alla carriera e fuori concors con la sua Salomé rosso fuoco, alias la nuova stella Jessica Chastain

Standing ovation della stampa internazionale e italiana per il grande Al Pacino al Festival di Venezia per presentare fuori concorso il suo Wild Salome con un strabiliante Jessica Chastain, diva dal capello rosso fuoco, come il colore del vestito che indossava oggi al fianco del grande Cino, che portava invece una camicia bianco ghiaccio in tessuto lucido.  La Salomè di Pacino ha infiammato ieri sera la platea  e il divo è arrivato sicuro e disinvolto, forte dello scroscio di applausi che il suo film ha raccolto a fine proiezione.

Il direttore della mostra in persona, Marco Müller,  ha introdotto la conferenza, in cui si è celebrato innanzitutto il premio alla carriera Jaeger-Le Coultre conferito dalla mostra alla star americana. Muller ha definito Wilde Salome il film più completo e ambizioso di Pacino.
Ecco come il grande Al ha risposto ai giornalisti:

Il suo film non si può definire un documentario, ma non è neppure un film. Lei come lo definirebbe?
Pacino: Sapevo di avere una visione, ma non avevo una storia. Non so cosa sia esattamente. Mi piace dire che sia un documentario, ma non lo è. Volevo fare un collage. Mettere insieme più cose e nello stesso tempo far riflettere su Oscar Wilde e su quello che aveva passato nella sua vita. Volevo collegare le esperienze di Wilde alle lotte e alle battaglie che facciamo quando mettiamo in piedi una rappresentazione teatrale. E, a dire tutta la verità: Jessica Chastain è il vero motivo per cui ha fatto il film. Quando l’ho vista, ho pensato: “Devo averla prima che il mondo la scelga e la trasformi nella star che ora è diventata. Sapevo che solo lei poteva essere la mia Salomè, un progetto che ho sempre desiderato portare sul grande schermo. Una sorta di ossessione.

Perché ha voluto inserire nella rappresentazione teatrale raccontata nel film anche la storia di Wilde?

Quando ho realizzato Riccardo III l’ho fatto anche perché era un modo per far conoscere Shakespeare. E’ difficile far accettare Shakespeare agli americani perché lo vedono come qualcosa a loro estraneo. Allo stesso modo mi sono occupato di Wilde per poter raccontare questo personaggio, per gettare una luce su di lui.

Questo film ha avuto una gestazione tormentata…

Diciamo che non è stata lineare. Ho dovuto riprenderlo in mano dopo aver finito le riprese e dopo cinque mesi ci sono tornato sopra. E’ come un dipinto: ti allontani e ti riavvicini per vederlo. Se avessimo avuto un copione sarebbe stato meglio, ma questo è una sorta di laboratorio sperimentale.

Jessica, come è stato per lei lavorare a un progetto così particolare?

Lo abbiamo girato in tempi brevi. Ho preso lezioni di danza e abbiamo fatto tantissime prove per la realizzazione teatrale.  Abbiamo avuto la fortuna di avere un direttore della fotografia la cui presenza a teatro non si percepiva neppure e questo ha facilitato tutto il processo. Conoscevamo a memoria le scene e sapevamo bene anche il percorso che ci avrebbe portato al film.

Mr Pacino, lei qui riceve un premio alla carriera? Ci sono delle scelte di cui è pentito?

Ovviamente! Ci sono delle cose che vorrei non aver fatto, ma non tanto nei film quanto nella vita…

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Ecco, il futuro… (ride) Fino a poco tempo fa ero a teatro con Il mercante di Venezia. E intanto mi vengono presentati tantissimi progetti per il cinema e dico d’ora in poi  sarò molto selettivo e poi finisco per dire di sì a tutto. Ma confesso che la grande decisione è quella di fare le cose solo quando sento che le voglio fare.

Parlando di Wilde lei ha avuto modo di gettare una luce sul perbenismo dell’epoca. Era un suo obiettivo?
Sapevamo che camminava su territori pericolosi, soprattutto per la sua sessualità, che è stata utilizzata come scusa contro di lui per metterlo in prigione, perché in realtà lo si voleva far tacere come pensatore libero.
Aveva una sorta di demone interiore, perché era dotato di un intelletto superiore e quando si legge il De Profundis si capisce anche quanto sia stato religioso. Noi abbiamo realizzato una rappresentazione teatrale davvero bella e suggestiva che voglio mostrare al più presto nella sua interezza. Probabilmente sui canali televisivi.

Quanto l’ha aiutata nel suo lavoro di attore diventare anche regista?

All’inizio della mia carriera ero un po’ dilaniato tra cinema e teatro. Poi ho preso l’abitudine di girare le rappresentazioni teatrali con la macchina da presa. Quando ero giovane ho anche creato grossi problemi ai registi con cui lavoravo, ma quando ho iniziato a girare per me ho risolto quel contrasto interiore. Mi sono innamorato dell ‘idea del cinema. Ho fatto cinque o sei film per me. Li tengo nascosti così come i miei quadri. Sono un dilettante… Quello che spero è che Wilde Salome possa camminare sulle sue gambe. E che attiri il pubblico, perché è il mio film più personale.

Era prevista dall’inizio la presenza di Bono Vox nel film?
Bono aveva scritto questa canzone 12 anni fa e c’e l’ha regalata, perché è irlandese ed è un fan di Oscar Wilde, in cambio lo abbiamo ospitato nel film.

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