Venezia 2015, le conseguenze del dolore: la recensione di L’attesa, melodramma alla Sorrentino

Il primo italiano in concorso al Lido è un dramma con Juliette Binoche ambientato in una grande villa siciliana

Piero Messina è un documentarista alla sua prima opera di finzione, sul curriculum ha però il ruolo di assistente alla regia per Sorrentino in This Must Be The Place e La grande bellezza. A Sorrentino ci sono nel suo film omaggi espliciti (la sequenza in aeroporto sui titoli di testa), e più in generale la cura per la messa in scena, per l’illuminazione, per la composizione sofisticata del quadro, è la stessa.

Fa un po’ ridere scrivere queste cose, ma il cinema italiano è raramente così ricco e programmato, e se mettiamo assieme Sorrentino e Messina cominciamo a ragionare nei termini di una scuola, una specie di formalismo estremo in cui la narrazione sembra sempre un po’ fuori posto, svuotata (come in Le conseguenze dell’amore o in questo L’attesa) o ridondante e caotica (come in La grande bellezza e La giovinezza).

Anna (Juliette Binoche) vive in una grande villa in Sicilia, ha appena partecipato a un funerale, si intuisce che è morto il figlio Giuseppe, ma nessuno lo dice, poi arriva da Parigi Jeanne, la fidanzata del ragazzo, che non sa nulla. E nulla Anna le dice: attraverso l’attesa di lei – Giuseppe dovrebbe arrivare per Pasqua – e i messaggi che registra su una segreteria che ascolta solo la madre, il lutto diventa sopportabile, assume altre forme. Tutto qui, con questa seconda attesa – che è l’attesa dello spettatore per lo svelamento dei fatti ai personaggi – Messina esercita il suo stile per un’ora e mezza; ci sono momenti toccanti perché la Binoche è bravissima, ma anche lei esercita la recitazione, tutto è una prova di bravura, lo spettatore è coinvolto a tratti.

Lo si dice sempre che al cinema italiano mancano gli sceneggiatori, e più i registi tecnicamente capaci, come Messina, aumentano più questo diventa vero, sembra che non si sappia cosa dire e quanto dire, che venga più facile “scrivere” i silenzi e gli sguardi che i dialoghi e la trama. Garrone in questo senso resta il più bravo, fa film equilibratissimi e intelligenti, mentre Messina per ora è l’attesa di un autore, ma promettente.

Per tutti gli aggiornamenti su Venezia 2015, clicca qui
Per seguire la mostra di Claudio Di Biagio, clicca qui

© RIPRODUZIONE RISERVATA