Venezia 78, Pedro Almodóvar racconta Madres paralelas: «Le mie madri imperfette e la vergogna dei desaparecidos spagnoli»

«La Spagna fa molta fatica a fare i conti la propria memoria storica. C’è un debito morale enorme nei confronti dei desaparecidos del franchismo. Nemmeno il nostro cinema lo ha fatto», dice il regista spagnolo nella prima conferenza stampa della Mostra del cinema 2021

Madres paralelas Pedro Almodóvar

«La Spagna fa molta fatica a fare i conti la propria memoria storica. C’è un debito morale enorme nei confronti dei desaparecidos del franchismo. Nemmeno il nostro cinema lo ha fatto»: è un Pedro Almodóvar dal tono sentito e fortemente civile quello che ha inaugurato oggi la 78esima Mostra del cinema di Venezia col suo nuovo film, Madres paralelas. Il regista è tornato in laguna dopo aver ricevuto il Leone d’Oro alla carriera nel 2019 e aver presentato il corto The Human Voice con Tilda Swinton lo scorso anno. 

La nuova fatica del cineasta iberico narra di due donne che condividono la stanza di ospedale nella quale stanno per partorire. Sono entrambe single e al termine di una gravidanza inattesa. Janis (Penélope Cruz), di mezza età, non ha rimpianti e nelle ore che precedono il parto esulta di gioia. Ana (Milena Smit, nuova musa almodovariana) invece è un’adolescente spaventata, contrita e traumatizzata. Janis tenta di rincuorarla mentre passeggiano tra le corsie dell’ospedale come delle sonnambule. Le poche parole che scambiano in queste ore creeranno un vincolo molto forte tra le due e il fato, nel fare il suo corso, complicherà in maniera clamorosa le vite di entrambe (nel cast anche Israel Elejalde, Aitana Sánchez-Gijón, Julieta Serrano e Rossy De Palma).

Pedro Almodovar e Penelope Cruz. Foto: Alessandra Benedetti – Corbis /Corbis via Getty Images

Una storia estremamente personale, in cui Almodóvar riannoda i fili delle tante madri che hanno affollato da sempre la sua vita e il suo cinema, ma nella quale s’intravedono nemmeno troppo in filigrana anche i fantasmi della Storia del suo paese e delle vittime dei falangisti durante la guerra civile, sepolte ancora oggi in fosse comuni delle quali continuiamo a sapere pochissimo. «La memoria storica è una questione in sospeso nella società spagnola – dice l’autore in conferenza stampa – La legge di Zapatero del 2007 al riguardo è incompleta, le poche riesumazioni sono state realizzate grazie a iniziative private».

«Adesso sono i nipoti a farsi carico della ricerca della verità, ma è inconcepibile come una generazione nata in democrazia possa esserci trovata in una situazione del genere – precisa Almodóvar guardando al futuro del paese – A casa mia non si è mai parlato di guerra, il trauma era diffuso in tutta società: nel 1978 il problema andava affrontato. Non averlo fatto non ci ha permesso di evolvere, ora il processo democratico è sospeso».

Milena Smit, Pedro Almodóvar e Penélope Cruz. Foto: Daniele Venturelli/WireImage

L’ultradestra in Spagna è ancora forte, ma ad Almodóvar non importa di quale potrà essere il suo punto di vista sul film, che fa i conti evidentemente con i temi della maternità e della famiglia ma anche con l’importanza dei propri antenati e della persistenza, nonostante ogni strenuo oppositore, della memoria. «Non voglio pensare alla loro reazione. Non rifiuto la battaglia, ma siamo condannati a non capirci. La situazione in Spagna è difficile, il partito che sta in Parlamento dice cose inaudite, anticostituzionali e illegali. Mai visti dei politici più volgari. Però il cinema sopravvive a chi lo fa e Rajoy (l’ex premier spagnolo che, come si ricorda nel film, si vantò di non aver speso “neanche un euro per la memoria storica”, ndr) verrà associato per sempre a questa frase brutale».

Almodóvar ricorda anche il lascito del poeta Federico García Lorca, da lui definito: «Il nostro desaparecidos più illustre, un’ispirazione per me già negli anni Settanta. Anche ciò dimostra il cattivo rapporto della Spagna con la sua storia più recente ed è perfino difficile fare film al riguardo, per esempio sull’Eta. Oggi mi interessano molto di più le madri imperfette, con problemi più complessi da risolvere: il personaggio di Penelope più era complesso e più mi interessava».

Milena Smit, Pedro Almodóvar e Penélope Cruz. Foto: Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

Per l’attrice si è trattato invece di: «Un viaggio molto intenso, un regalo, un’altra meraviglia scritta da Pedro. Un personaggio difficile, forse il più difficile della mia carriera, ma non ero sola. Ho lavorato con Pedro per mesi, difficile trovare un altro regista così. Pedro è come un artigiano, cura i dettagli, ha un ritmo di lavoro che viene dall’etica. Ti tira fuori la verità».

Della diva spagnola dice invece Almodóvar: «Penélope aspetta e spera di essere la prima destinataria miei ruoli, io la ammiro moltissimo, parliamo la stessa lingua. Questo è il ruolo più complesso che ho scritto per lei».

Aitana Sanchez-Gijon, Milena Smit, Pedro Almodovar, Penelope Cruz e Israel Elejalde. Foto: MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images

Israel Elejalde, Milena Smit, Pedro Almodovar, Penelope Cruz e Aitana Sánchez-Gijón. Foto: Marc Piasecki/Getty Images

Foto di copertina: Getty (Alessandra Benedetti – Corbis /Corbis via Getty Images)

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