Vietato ai minori? No, vietato alle donne: la Svezia introduce un nuovo sistema di classificazione dei film

Niente misoginia, però: anzi, un sistema per individuare al volo i film che dipingono negativamente la figura femminile

Per noi che siamo abituati al sistema di censura (anzi, di Revisione dei film e dei lavori teatrali) in vigore in Italia, è molto chiaro fin dal principio se un film andrà bene per tutti oppure no: se c’è sangue e violenza sarà vietato ai minori di 18 anni, se c’è sesso esplicito idem… impossibile sbagliarsi di fronte a un film come Machete Kills, tanto per fare un esempio recente. Non mancano però le critiche a questo sistema, soprattutto in America, soprattutto a fronte di alcune storture che una semplificazione simile necessariamente comporta: perché, per esempio, negli States un film come Nebraska di Alexander Payne si è meritato un Rated R? Semplice: si usano troppe parolacce.

C’è qualcuno, però, che ha deciso di puntare su un altro metodo di classificazione delle pellicole, più rispettoso nei confronti di categorie che ancora oggi, nonostante tutto, vengono spesso ritratte sul grande schermo in maniera poco lusinghiera: parliamo della Svezia, dove quattro cinema hanno deciso di adottare il cosiddetto Bechdel Test (dal nome della cartoonist Alison Bechdel). In cosa consiste? Semplice: nella risposta a tre domande, e cioè:

«Il film ha almeno due personaggi femminili?»;

«I personaggi femminili si parlano?»;

• «Gli argomenti di cui discutono si limitano al classico “il mio ragazzo/il ragazzo che amo” o vanno oltre?».

Solo i film che rispondono positivamente a tutte e tre le categorie si aggiudicano una “A”, il massimo dei voti possibili. Una scelta interessante, anche se è curioso notare come, per esempio, il massimo dei voti non verrebbe attribuito a film come la trilogia del Signore degli Anelli, quella di Star Wars, a Pulp Fiction, a The Social Network… insomma, criticabile, come tutti i sistemi che vogliono rendere oggettiva la valutazione di un’opera artistica. A discolpa di chi ha sviluppato il sistema, c’è da dire che lo scopo dello stesso, nelle parole di Ellen Telje, direttrice di uno di cinema che l’hanno adottato, non è di dare un giudizio sulla qualità dell’opera, ma «puntare l’attenzione su un numero sempre crescente di storie che mettano al centro la donna». Difficile darle torto, se considerate che, come rivela uno studio recente dell’Università della Pennsylvania, la percentuale di protagoniste femminili nei film di Hollywood è rimasta praticamente identica negli ultimi 60 anni…

Fonte: Indiewire

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