telegram

Wes Anderson, il regista rinnega se stesso: «Non è vero che ho un’estetica tutta mia»

Le parole dell'iconico cineasta, famoso proprio per le sue inquadrature centrali e l'uso di particolari scenografie e palette di colori accesi, stanno facendo sollevare parecchie sopracciglia agli amanti del cinema

Wes Anderson, il regista rinnega se stesso: «Non è vero che ho un’estetica tutta mia»

Le parole dell'iconico cineasta, famoso proprio per le sue inquadrature centrali e l'uso di particolari scenografie e palette di colori accesi, stanno facendo sollevare parecchie sopracciglia agli amanti del cinema

wes anderson estetica

Avete presente Wes Anderson? Sì, quel regista famoso per le sue inquadrature centrali, una recitazione asciutta, la palette di colori accessissima e lo sviluppo bidimensionale delle scenografie, per le quali spesso ricorre a pannelli mobili dallo stile molto teatrale. Quello de Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Grand Budapest Hotel, The French Dispatch e dell’imminente Asteroid City. Quello la cui estetica sta spopolando nel mondo delle intelligenze artificiali grazie a video di “Come sarebbe Star Wars diretto da Wes Anderson” e via dicendo. Proprio lui, in una recente intervista, ha dichiarato di non avere un’estetica cinematografica particolare.

Parole che stanno facendo simpaticamente sollevare parecchie sopracciglia agli amanti del cinema, più che convinti che, se c’è un regista con una sua estetica precisa, quello è proprio Wes Anderson. Lui non la pensa così però e a Deadline ha spiegato il motivo. Quando gli è stato fatto notare che già in The Royal Tenenbaums del 2001 c’era molto di quello che poi avrebbe riproposto nel corso della carriera, ha dichiarato dapprima di non avere un’estetica, poi, di fronte alla sorpresa dell’intervistatore – secondo cui molte persone non saranno d’accordo -, ha puntualizzato:

Lo capisco benissimo. Persino io potrei dire che sì, si può riconoscere la stessa persona dietro a quei film. Ma è solo un’invenzione, no? Quello che stavo facendo in Bottle Rocket [il suo primo film del 1996, ndr] era quello che avevo. Quella era la mia estetica. E in questo è cambiato. Ogni volta, gran parte del film successivo è ispirato a qualcosa che abbiamo fatto in quello precedente. Le persone si riferiscono a me come il tizio che fa riprese con la carrellata e Asteroid City inizia infatti con un molto lunga. È un modo di girare una sequenza che non è tipico per tutti, io lo faccio spesso.

Parole che sembrerebbero confermare una precisa estetica, ma nella seconda parte delle sue dichiarazioni Wes Anderson prende un’altra strada, raccontando da dove è nata per esempio la sua particolare “passione” per le carrellate: 

So esattamente quando ho iniziato a farlo e perché, il che è una cosa rara. Quando stavamo girando Rushmore, c’era una scena ambientata su un campo da baseball. Avevo pianificato tutto. […] Quando l’ho fatta, ho pensato: ‘Mi è piaciuto ed è stato interessante’. E quindi mi sento come se da allora ne avessi fatto delle variazioni. […] Spesso ho la sensazione che questo sia il modo in cui le cose si evolvono quando si fanno dei film. Trovi la cosa che ti piace, la fai di nuovo, la fai in modo diverso e poi pensi ‘Ok, proverò una cosa diversa qui, andrò in un’altra direzione’. 

Più che un’estetica, quindi, Wes Anderson sostiene di avere inventiva e di ricorrere a un tipo di riprese che in pochi usano e che per questo può essere scambiato per estetica. Ma i fan e anche i suoi delatori, a questo punto, potranno obiettare che trovare la cosa che ti piace fare e rifarla di continuo con variazioni qua e là permette comunque a chiunque di riconoscere un preciso tratto nell’autore, lui compreso. 

Il regista, pronto a sbarcare su Netflix con quattro cortometraggi che adattano i racconti di Roald Dahl, ha poi commentato proprio il trend nato su TikTok, dove molti utenti si divertono a replicare il suo stile nei loro video. Anderson, però, non li guarda:

È come se qualcuno dicesse: ‘Posso fare quello che fai tu’. Vogliamo davvero vedere imitazioni di noi stessi? Dà molta auto-consapevolezza. ‘È questo quello che faccio?’. Quindi non li guardo, non li ho mai visti. L’unico che ho guardato è quello del The Ritz Hotel. Ho pensato che mi dovessero almeno regalare una stanza, visto che usavano la mia musica e le mie mosse. Ma non me ne hanno mai date.

Voi cosa ne pensate? Davvero è credibile Wes Anderson quando rinnega la sua stessa peculiare estetica? Diteci la vostra nei commenti.

Leggi anche: Venezia 80, Wes Anderson passione Roal Dahl: «Volevo dare vita alle sue parole»

Foto: Kate Green/Getty Images for Netflix

Fonte: Deadline

© RIPRODUZIONE RISERVATA