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La battaglia dei sessi: la recensione di ale5b

E’ il 20 settembre 1973 quando va in scena la Battaglia dei Sessi, un’esibizione mediatica in cui il tennis si è prestato a nobile teatro di una delle più importanti lotte contro il sessismo. Da una parte Bobby Riggs, 55enne ormai ritirato, un passato da campione e un presente da incallito scommettitore, arrogante e maschilista. Dall’altra Billie Jean King, campionessa in attività, tennista convinta e portavoce di un intero movimento.
Erano infatti i primi mesi del 1973 quando la stessa King, la giornalista sportiva Gladys Heldman e poche altre giocatrici statunitensi, stanche della disparità economica di trattamento della federazione, decisero di fondare una nuova associazione tutta al femminile che oggi conosciamo come WTA, Woman’s Tennis Associations.
Il clamore di questa rumorosa scissione diede il via ad un escalation socio-politica, culminata il 13 maggio dello stesso anno, con il primo incontro sponsorizzato da un’incontenibile Riggs, e che lo vide affrontare e sconfiggere nettamente Margareth Court, attuale numero 1 della classifica femminile, figura con una personalità più malleabile e meno complicata della King, fino ad allora restia a partecipare allo show denigrante messo in piedi dall’ex campione. Ma l’umiliante debacle della Court e l’enorme posta promessa da Riggs a qualunque donna riuscirà a batterlo, scatenerà in lei un desiderio di rivalsa rabbioso e vendicativo, inducendola a sfidarlo pubblicamente in quella che sarà una delle più importanti vittorie femminili della storia.

A dare volto e sembianze ai due protagonisti ci sono Steve Carell e una superba Emma Stone, già visti assieme nella commedia Crazy Stupid Love. Il film, diretto da Jonathan Doyne e Valerie Faris (sono una coppia, marito e moglie, già apprezzati per l’ottimo Miss Little Sunshine), fa del tennis una perfetta metafora sociale, alternando colpi proibiti a tocchi raffinati proprio come se fossimo su un campo da gioco. Ancora fresca del premio Oscar, Emma Stone è semplicemente sublime nella parte di una figura tanto forte quanto contraddittoria, megafono del messaggio rivoluzionario femminista e allo stesso tempo peccatrice di una relazione (extraconiugale) omosessuale con la parrucchiera Priscilla. Un’interpretazione toccante, testimone di un talento innaturale in cui forza, timidezza e vergogna si mescolano in un risultato sbalorditivo. La perfetta contrapposizione all’esuberanza di un rivale politicamente scorretto, del quale Carell smussa perfettamente ogni angolo esistenziale, nascondendone dietro ogni risata un lato triste e drammatico più volte messo in ginocchio dalla figura sfinita e compassionale della moglie. Il bollente contorno infuocato, dove la vera discriminazione è in realtà enfatizzata sul volto del patron Jack Kramer, interpretato da Bill Pullman, è frutto di un lavoro certosino della coppia regista che utilizza un comune punto d’osservazione che si fa largo attraverso slogan forti e dialoghi importanti tra la melma di una società ottusa e bigotta. Il tatto e la dura morbidezza che emerge dallo stile artistico, rende La Battaglia dei Sessi un elegante spaccato rivoluzionario. Testimoni del bellissimo tocco delicato che accompagna tutta la pellicola, sono le straordinarie scene sensuali tra Billie Jean e Priscilla: primi piani magnetici e intensi che sfidano lo spettatore a raccoglierne la pura innocenza in barba ad un tabù off limits.

Concentrato sulla figura di Billie Jean King e animato da una Stone in odore di nuova candidatura, La Battaglia dei Sessi è l’ennesima dimostrazione di come cinema e sport possano andare a braccetto colpendo il bersaglio. La nobiltà del tennis è la perfetta colonna sonora del forte messaggio femminile che ha segnato un decisivo punto di svolta nella storia. Un risultato eccellente ed emozionante.

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