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La fuga di Martha: la recensione di Giorgio Viaro

La fuga di Martha: la recensione di Giorgio Viaro

Il titolo originale, Martha Marcy May Marlene, sono quattro nomi corrispondenti alle quattro personalità di una stessa ragazza: quelle in cui si spezza la psiche di Martha (Elizabeth Olsen), soggiogata a lungo dal santone (John Hawkes) di una confraternita parareligiosa che ha come base una baita in mezzo ai boschi, e si mantiene rapinando le abitazioni delle zone circostanti. Quando finalmente trova la forza di scappare dal gruppo, Martha cerca rifugio a casa della sorella e del cognato. Qui però i fantasmi del suo passato, rafforzati dalle molte droghe assunte nelle settimane precedenti, non le danno tregua, rendendole difficile distinguere la realtà dalla fantasia. E il timore che la setta sia ancora sulle sue tracce è forte.

Premiato al Sundance e successivamente presentato con successo al Festival di Cannes (tutto nel 2011), il film è un thriller della psiche su cui aleggia il fantasma di Charlie Manson. Occhio però: i crimini di sangue avengono tutti in flashback, mentre il tempo presente del racconto è fatto di allucinazioni e appesantito dalla percezione di una minaccia incombente. Di certo non è il genere di film che ti fa saltare sulla sedia, ma di atmosfera ce n’è da vendere.
Se volete accostarlo a qualcosa, pensate a Un gelido inverno, che tra l’altro nel 2010 aveva fatto un percorso festivaliero simile, e che con La fuga di Martha condivide l’inquietante protagonista maschile (Hawkes), oltre che l’opprimente ambientazione boschiva e una neo diva in rampa di lancio (lì Jenifer Lawrence, qui Elizabeth Olsen).

Leggi la trama e guarda il trailer del La fuga di Martha

Mi piace
La naturalezza con cui vengono mischiate realtà e allucinazione, presente e flashback

Non mi piace
La minestra è un tantino troppo allungata

Consigliato a chi
Cerca un thriller originale e carico d’atmosfera

Voto: 3/5

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