You People: Indovina chi viene a cena? incontra la sitcom progressista e millennial nel film con Eddie Murphy e Jonah Hill. La recensione

Una coppia di sposi e le loro famiglie affrontano l'amore moderno tra scontri culturali, aspettative della società e differenze generazionali

You People
PANORAMICA
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Sceneggiatura
Interpretazioni
Fotografia
Montaggio
Colonna sonora

Scritto da Jonah Hill e Kenya Barris e diretto da Kenya Barris, al suo esordio alla regia di un lungometraggio, You People racconta di due persone che s’incontrano e, un po’ per caso, finiscono con l’innamorarsi, nonostante all’apparenza siano distantissimi l’uno dall’altra: sono Ezra (Jonah Hill), proveniente da un famiglia ebraica, e Amira (Lauren London), il cui coté familiare è invece afroamericano e musulmano. 

Il loro primo incontro, un po’ come tutto il film, sembrava la versione cinematografica di un podcast radiofonico o di YouTube, filmata con una verbosità televisiva che rimanda alla più loquace delle sitcom in presa diretta. E un po’ come nei film di Judd Apatow e nei titoli da lui prodotti c’è un’aria insieme buffa, sghemba e agrodolce, in virtù della quale anche i temi più ingombranti sono maneggiati con un fare sostanzialmente ridanciano, in una zona franca che permette di fatto di parlare di tutto, con Los Angeles in questo caso a fare da fondale sgargiante. 

In You People la miccia da commedia romantica è per l’appunto solo un pretesto per rivolgere lo sguardo all’America di oggi, alle questioni razziali mai adeguatamente elaborate e digerite. Anche dopo la presidenza di Barack Obama, citato non a caso nel dialogo d’apertura, dove si discute della sua figura che può passare senza colpo ferire dall’aver fumato le sigarette Newport (“quelle dei tossici”) al “fare cose gay” e poter essere un’icona per la comunità queer. 

La concezione dell’operazione è interessante e sintomatica, proprio perché trattandosi di un prodotto pensato per lo streaming tutto sembra superare fin dall’inizio le presunte maglie strette del cinema per abbracciare una genesi liquida e più che mai contemporanea dei mezzi e dei formati. Peccato però che tutto sia insopportabilmente prolisso e le chiacchiere infinite finiscano col disinnescare l’efficacia dei nodi e dei temi convocati, annacquando i dialoghi e prostrando anche i segmenti più brillanti a causa di un’insopprimibile voglia di strafare in scrittura, a dispetto di qualche siparietto o battuta ben riusciti («Se dici un’altra volta che non ho mai visto Fa’ la cosa giusta, ti lascio», dice Ezra ad Amira). 

Una maggiore misura e un dosaggio più a fuoco dello script di You People in tal senso non avrebbero certamente guastato, anche perché colpiscono decisamente nel segno molte delle stoccate verso una società che impedisce a due individui che vogliono formare una coppia di essere considerati semplicemente come tali, anziché come meri vettori culturali e d’identità, simboli di qualcosa di più grande o “neri generici”. Sia che si parli di buone intenzioni, come quelle progressiste della madre di Ezra (Julia Louis-Dreyfus) nel mostrare il suo placet per gli afroamericani, sia di propositi più torvi e inquisitori, come quelli del padre di Amira (Eddie Murphy), che guarda con sospetto ai risvolti più libertini e sregolati della vita “da bianco” del suo futuro genero, che reputa inappropriato per sua figlia in primis proprio perché bianco.

I modelli nobili di You People sono naturalmente Ti presento i miei per il versante più comico e Indovina chi viene a cena? di Stanley Kramer per l’impianto generale, ma rispetto a entrambi si tenta di essere più caustici, graffianti e à la page, di intercettare il mondo hip hop, la sensibilità millennial, la galassia delle sottoculture, la patina liberal di chi vede i conoscenti e magari i futuri parenti neri come una medaglia da appuntarsi sul petto. Un intento che, se da un lato cerca con buono sforzo di tenere insieme molte complessità e punti di vista, anche i più paradossali (per il personaggio di Eddie Murphy e sua moglie Forrest Gump è evidentemente un film “da bianchi”), dall’altro viene però ulteriormente delegittimato da un finale forzatamente positivo, all’insegna della ricomposizione delle fratture più retorica e di facciata: un’indigestione zuccherosa e tardiva di melassa che azzera gli orizzonti del dibattito e lo slancio di ogni autentica contrapposizione.

Foto: Misher Films, Strong Baby 

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