Festival di Roma, Jamie Bell: «Tintin è meglio di Batman e Spider-Man»

Il protagonista del nuovo gioiellino in performance capture di Steven Spielberg ci racconta come si è trasformato nel reporter creato da Hergé. Guarda le foto del film

Ciuffo rosso, lentiggini, Jamie Bell aveva le credenziali perfette per essere il Tintin di Spielberg. A dirla tutta, Spielberg glielo aveva già chiesto a sedici anni quando aveva in mente una versione live-action delle avventure del celebre reporter, ma a convincerlo che si potesse farne una versione performance capture è intervenuto Peter Jackson, il papà della saga del Signore degli Anelli e amico e sodale di Spielberg da tanti anni. Per convincerlo il neozelandese si sarebbe  travestito addirittura da Capitan Haddock. A raccontare tutti questi dettagli è stato Jamie Bell in persona, il protagonista della pellicola Tintin e il segreto dell’unicorno (pellicola in 3D) presentato ieri sera fuori concorso al Festival di Roma.

Best Movie: Che cosa si prova a girare tutto un film in performance capture?
Jamie Bell:
Non è affatto una cosa semplice. La prima volta che ho fatto un test con la tuta, i sensori addosso e il casco mi è sembrata una cosa alquanto bizzarra. Poi, invece, mi sono appassionato a quella modalità e anzi adesso trovo che sia un modo molto affascinante di lavorare. Se davanti a te è previsto un mobile, devi far finta che ci sia e questo rende il tuo lavoro di attore ancora più interessante, perché devi far leva sulla fantasia e sulla creatività in modo che si percepisca davvero che là c’è un mobile.

BM: C’è stata una scena particolarmente difficile da girare?
JB:
Sì, tutte le scene erano difficili. Ma se devo dirla tutta (ha spiegato alzandosi in piedi e dando una dimostrazione, ndr) la scena più complicata è stata quella dell’ammaraggio. Dovevamo far finta di fluttuare e galleggiare e non è come dirlo.

BM: È stato difficile ottenere la parte? Ha dovuto fare un provino?
JB: Era richiesto che l’attore fosse europeo, che conoscesse benissimo  Tintin e che avesse una fisicità simile. In più, io avevo già lavorato con Peter a King Kong ed è stato proprio lui a pensare che fossi la persona più indicata per quel ruolo.

BM: Farete dei sequel?
JB:
Ovviamente, dipende tutto da come andrà questo.

BM: Come mai conosceva le tavole così bene?
JB:
Ero un ragazzino di un paesino inglese che sognava di viaggiare e in più amavo ballare, cosa che a nessuno piaceva. Quindi era bello fantasticare di paesi sconosciuti e immaginare di essere lì.

BM: Quali sono le sue storie preferite?
JB:
Quella che preferisco è Tintin in Tibet, perché appartiene a un periodo della vita di Hergé in cui era in una profonda crisi di trasformazione e in quella storia Tintin è più vulnerabile e riflessivo che mai. Ma mi piace anche molto Tintin sulla luna.

BM: Quali sono le caratteristiche che le piacciono di più di Tintin?
JB:
Tintin è davvero idealista, coraggioso, positivo, ma soprattutto è autentico e io mi sono sentito profondamente onorato di interpretarlo. Non lo dico per pubblicità ma perché è sempre stato il mio eroe. Non è un supereroe, ma un ragazzo vero di cui sappiamo solo che ha un cane. La cosa più affascinante è proprio questa. Non sappiamo perché non abbia una ragazza, dove sia la sua famiglia, fa il giornalista ma non gli abbiamo mai visto scrivere un articolo e sappiamo anche che ha un cane. Non sappiamo altro di lui, ma nonostante ciò sappiamo che è davvero sempre se stesso.

BM: Come mai vista la sua giovane età non preferisce i personaggi della Marvel?
JB: A dir la verità, mi piacciono molto, infatti, ho fatto un test per Spider-Man, ma il mio preferito è Batman, perché Bruce Wayne è un personaggio molto interessante. Anche se il migliore di tutti è proprio Tintin.

BM: Noi l’abbiamo conosciuta con un film sulla danza, Billy Elliot. È ancora previsto nella sua carriera un film in cui ballerà? Magari un musical?
JB:
Io adoro ballare, datemi una superficie piatta e liscia e lo farò per ore. Ma al momento non è previsto un ruolo in cui balli. E poi sono veramente fuori esercizio…

Leggi la recensione di Le avventure di Tintin: il segreto dell’Unicorno

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