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Festival di Venezia 2019: Terry Gilliam, “Internet come l’eroina. Non riuscivo a staccarmi da Breaking Bad”

Il visionario regista americano ci ha parlato dei pericoli del Web, di quanta testardaggine gli abbia richiesto il suo Don Chisciotte e del 50° dei Monty Python

Festival di Venezia 2019: Terry Gilliam, “Internet come l’eroina. Non riuscivo a staccarmi da Breaking Bad”

Il visionario regista americano ci ha parlato dei pericoli del Web, di quanta testardaggine gli abbia richiesto il suo Don Chisciotte e del 50° dei Monty Python

Terry Gilliam

Terry Gilliam è volato al 76° Festival di Venezia da Londra, svegliandosi all’alba, per partecipare alla cerimonia dei Filming Italy Best Movie Award (qui il racconto della cerimonia e la gallery dei premiati), in cui lo abbiamo premiato con l’Achievement Award per The Man Who Killed Don Quixote. Tra qualche giorno accompagnerà la presentazione del corto transmediale di Lorenzo Giovenga, Happy Birthday, che passa alla Mostra come evento speciale (è visibile sulla piattaforma Rai Cinema Channel), di cui ha disegnato l’artwork del poster.
Il film non fiction, che ha per protagonisti Jenny De Nucci e Fortunato Cerlino – oltre alla partecipazione straordinaria del cantante Achille Lauro -, racconta l’isolamento in cui si chiudono gli Hikikomori, termine giapponese usato per definire chi si ritira completamente dalla vita sociale, per immergersi totalmente nel mondo virtuale della Rete.
Lo incontriamo a latere del party del nostro premio, è stanco per il volo e sta sonnecchiando su una poltroncina della terrazza dell’Hotel Excelsior, ma non si tira indietro e si rianima velocemente quando gli chiediamo di concederci qualche minuto, per parlarci del suo ultimo progetto.
Se non si fosse consapevoli della sua lunga carriera iniziata a metà degli anni ’60 con i Monty Python, di cui è stato l’unico membro di origine americana, si stenterebbe a credere che quest’uomo ha quasi 80 anni. L’entusiasmo e l’allegria che gli dipingono il viso sono quelli di un ragazzino molto curioso della vita e con ancora molto da dire.
La nostra intervista al visionario Terry Gilliam parte dalla sua partecipazione ad Happy Birthday.
Mr. Gilliam, aveva dimostrato il suo interesse per il fenomeno dei ragazzi che si isolano nella virtualità già in Zero Theorem e lo riconferma con il suo contributo speciale ad Happy Birthday. Può dirci la sua opinione in merito?
«Vivo una forte preoccupazione per come Internet può dominare la vita delle persone. La Rete è uno strumento fantastico, ma quando le persone rinunciano alle relazioni con le persone e con la propria famiglia è terrificante. Penso sia peggio dell’eroina. E questo corto affronta il problema molto bene. Non sapevo neppure che esistesse una parola giapponese per parlare di questo problema, ma questo corto mi ha illuminato sul fenomeno».
Lei pensa che questo tipo di dipendenza crescerà?
«
Non so prevedere in che direzione andrà questa società. Spero che le persone che hanno questa forma così pesante di dipendenza restino sempre una percentuale piccola. A guardarli da vicino, i social media sono anti-social media, per come isolano le persone».
Le è mai capitato di vivere anche lei questo tipo di assuefazione?
«
Mia moglie dice che dipendo dal mio computer, perché trascorro tutto la mia giornata davanti allo schermo, però ormai sono un uomo di una certa età e ho abbastanza esperienza del mondo reale per sapere cosa mi succede. Quando sei giovane, se non sei in grado di avere relazioni sociali vere, allora rischi di avere problemi per il resto della tua vita».
Lei non pensa che anche chi ama il cinema e guarda tanti film scappi dalla realtà?
«In un certo senso sì, ma il cinema richiede progettazione, tempo e denaro, per essere fruito. Invece, adesso con lo smartphone e l’abbonamento a Netflix e alle altre piattaforme, è così facile; puoi passare 24 ore al giorno attaccato a uno schermo. Una volta lo schermo, la storia, erano grandi e noi eravamo piccoli, adesso noi siamo grandi e la storia è piccola. È una relazione sbagliata.
Quando mi sono appassionato a Breaking Bad, ad esempio, ho iniziato a seguirlo senza riuscire a staccarmi fino alle ore più impensabili della mattina e continuando a vederlo anche di giorno. È qualcosa di veramente molto pericoloso».
Venendo al premio che le abbiamo assegnato, dove ha trovato la determinazione per inseguire un progetto come The Man Who Killed Don Quixote per ben 30 anni?
«Sono uno stupido (ride, ndr). È un’altra forma di “addiction”. Tutti, compresi i produttori, mi dicevano: “Lascia perdere. Non sprecare il tuo tempo su questo progetto”. E così mi sono intestardito e in una qualche maniera sono diventato io stesso come Don Chisciotte. Ecco perché mi ha reso immensamente felice portarlo a termine. E la parte migliore di questa vicenda è che penso sia davvero un bel film. E quando Cannes lo ha voluto, mi sono sentito sollevato perché non ero l’unico a pensarlo. Il vostro premio è una conferma. Inoltre, sono riuscito in un’impresa in cui anche Orson Welles (che non riuscì a completare il suo di Don Chisciotte, ndr) ha fallito. Almeno in una cosa ho fatto meglio di Orson Welles».
Quali sono i suoi nuovi progetti?
«Al momento la mia immaginazione “è vuoto” (lo dice in italiano, ndr). Ci sono dei vecchi progetti su cui vorrei lavorare, ma niente di nuovo».
A proposito di vecchi progetti quest’anno si festeggia il 50° anniversario dei Monty Python. Può regalarci un ricordo o un aneddoto di questa meravigliosa esperienza?
«
Il ricordo più bello è l’estrema libertà di fare quello che volevamo fare. All’epoca c’erano solo tre canali in Inghilterra, per cui tutti ci guardavano. Avere contemporaneamente la libertà di espressione e la possibilità di accedere a milioni di persone è stato incredibile. La televisione inglese ha recentemente dedicato una due giorni di bingewatching a tutte le serie e a tutti i film dei Monty Python».
In questo caso si può parlare di un bingewatching salutare?
«Beh, Alcune droghe sono droghe buone».

Foto: ©Daniele Venturelli/Getty

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