Being a Wallflower, cioè “fare tappezzeria”: per i non addetti ai lavori ci si potrebbe perdere. Tutto è cominciato nel lontano 1999, per opera di Stephen Chbosky. Se c’è una cosa che i miei primi ventiquattro anni di vita mi hanno insegnato è che non arriva mai il punto in cui abbiamo imparato abbastanza; ma se questa espressione è diventata ormai frase da concorrente del GF, la verità è che basta cambiare prospettiva: il mondo ti ricorda costantemente tutte le cose che non sai, ma l’altra faccia della medaglia cosa ci sta a fare? Ed è così che un paio di settimane fa, dando uno sguardo ai trailer dei film in uscita, mi sono imbattuto in Noi siamo infinito. La prima cosa che mi ha colpito della pellicola, in uscita oggi nelle sale italiane, è che il regista era appunto Chbosky, lo stesso che aveva dato vita nel ’99 al romanzo epistolare, Ragazzo da parete; coerentemente con la moda di questi ultimi anni, quella cioè di portare al cinema grandi successi letterari, l’operazione mi è sembrata una mossa azzeccata. Il titolo niente male (quale dei tre vi starete chiedendo), la presenza di Emma Watson nella pellicola, e un altro paio di spunti mi hanno convinto a leggere il romanzo: la mia prima volta con un romanzo epistolare. Reazioni? Leggendo ho scoperto che quando il romanzo fu pubblicato nel 1999 da Mtv diventò in poco tempo un vero e proprio cult tra gli adolescenti; il fatto che Charlie, il ragazzo delle lettere, fosse al suo primo anno del liceo, mi aveva lasciato un po’ interdetto: tutta colpa di Moccia. Stavo per perdermi uno dei romanzi entrato ufficialmente nella lista dei miei preferiti (è così con tutti i nuovi libri che mi passano accanto, avrebbe detto Charlie) a causa di un uomo che ha mostrato agli italiani un’adolescenza fatta di corse clandestine in moto, bande e lucchetti; per non parlare di Amore 14, esperienza aliena. Per fortuna la copertina verde della nuova edizione di Ragazzo da parete, ribattezzata Noi siamo infinito in concomitanza con l’uscita del film, aveva il suo perché: non nascondo che ho fatto di tutto per trovare la prima, vecchia edizione del libro: purtroppo è fuori produzione quindi, per i fissati come me, il consiglio è quello di affidarsi al buon vecchio ebay.
Il romanzo epistolare ha il suo fascino: del resto non siamo più abituati a scrivere ma neppure a leggere delle lettere vecchio stampo: le coppie di oggi per le comunicazioni quotidiane utilizzano WhatsApp e per quelle importanti l’avvocato; capirete bene quindi che la lettera, con i suoi tempi lunghi e tutto il resto non è utile a nessuno e questo non fa che aumentare il suo valore simbolico; la mia paura nel leggere un romanzo costruito interamente con delle lettere inviate da Charlie ad un suo amico, era quella di perdermi qualcosa per strada, di non riuscire a cogliere le sfumature dei personaggi: mi sentivo un ladro, come quando da piccolo entravo in camera di mia sorella e armeggiavo con il lucchetto del suo diario segreto: non che fossi mai riuscito a leggerne una riga, ma la sensazione era la medesima. Bastano, però, poche pagine per dimenticare tutto e immergersi in una storia capace di emozionare: diretto, crudele, intellettuale e sincero, tutto questo è Noi siamo infinito; Chbosky, è vero, analizza l’adolescenza superandola, laddove mostra chiaramente come i sentimenti, le emozioni e l’esplorazione del mondo appartengono indistintamente all’uomo. Charlie questo lo capisce quando assieme ai suoi amici dell’ultimo anno, Patrick e Sam, in auto si lascia trasportare dalla gioia di esserci, a prescindere dal dolore che gelosamente nasconde, dimentico delle lacrime, sue fedele compagne: “In questo momento, siamo vivi. E, ve lo giuro, in questo momento noi siamo infinito”.
Meglio il libro o il film? Fino a un paio di mesi fa vi avrei risposto senza pensarci, il libro. Ma questo è il secondo caso consecutivo in cui sono costretto a ricredermi; mi è capitato con The Help e ora ancora. Sembra davvero che questi anni di incubazione abbiano fatto bene a Charlie; nelle pagine del libro la sua storia è drammatica e ingenua: il film regala alle vicende la magia giusta; le canzoni citate prendono vita, l’amore per Sam reale, l’amicizia con Patrick ancora più sincera. Chbosky parla di droga, omosessualità, pedofilia, aborto ma nulla sembra fuori posto perché, in realtà, Chbosky racconta le storie di uomini e donne senza forzare ma lasciando che gli eventi accadano come nella vita reale. In almeno una pagina del romanzo o in un scena del film ognuno di noi si riconosce e ricorda di esserci stato; io penso all’Attimo fuggente, alla prima sbornia post party, all’incapacità di dire alla prima fidanzatina: “Guarda, sei carina ma per tutta la vita sarebbe dura” (cosa che Charlie fa in maniera sublime). Voi a cosa avete pensato?
Ultima confessione: ho letto il libro e guardato il film quasi assieme e ho mescolati nella mente i ricordi dell’uno e dell’altro; penso sia meglio così, del resto si completano alla perfezione. Solo un rammarico per il film: l’assenza della scena in cui Charlie (Logan Lerman) accompagna la sorella, interpretata da Nina Dobrev (leggi l’intervista esclusiva, ndr) nella clinica per l’aborto. Per chi avesse già divorato il libro e visto il film, la scena è comunque disponibile qui in basso, direttamente dal sito di Mtv. Noi siamo infinito è uno di quei film (è uno di quei libri) che merita di essere riavvolto all’infinito. Dimenticavo, Asleep dei The Smiths? Per me, un’altra fantastica prima volta.
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