Alla ricerca di Dory: la recensione di salvatore89

Dory amnesica nuota una vita tranquilla in compagnia del pesce pagliaccio Marlin e di suo figlio Nemo, perduto e ritrovato un anno prima. Un evento fortuito riaffiora improvvisamente nella mente di Dory, ossia il ricordo di un’infanzia e una famiglia perduta. Determinata a ritrovare il suo passato, Dory attraversa la corrente marina con Marlin e Nemo e si lancia alla ricerca dei suoi genitori. Inseparabili e solidali, i tre amici attraversano l’oceano e approdano in California. Ma all’arrivo le cose si complicano, Dory finisce in quarantena all’istituto oceanografico, dove incontra Hank, octopus mimetico che odia i bambini e cerca un passaggio per Cleveland, Marlin e Nemo precipitano in un secchiello ‘traslocato’ da Becky, una strolaga spennata che li adotta e ‘cova’ come fossero uccelli. A colpi di pinna e di corrente, i nostri raggiungeranno il loro obiettivo in compagnia di Destiny uno squalo balena miope e di Bailey un beluga convinto della défaillance del suo eco localizzatore. Tutti gli adolescenti e i bambini di allora e di oggi si ricordano di Dory, personaggio irresistibile del lungometraggio Alla ricerca di Nemo. Tutti tranne Dory, amabile pesce chirurgo blu che soffre di un disturbo della memoria breve. Sorgente inesauribile di gag nel lungometraggio pixeriano ambientato nell’oceano del 2003, la sua perdita della memoria diventa il centro di una favola sulla disabilità e la maniera di convivere con i limiti che impone. Ma Dory coltiva la reciprocità, l’esperienza di scambio vicendevole con un beluga colpito da un blocco psicosomatico, uno squalo balena affetto da miopia e un uccello di mare vagamente grullo, che mettono le proprie risorse a servizio della loro piccola comunità di “pesci fuori” (d’acqua). Invertendo i ruoli, in questo giro di corrente i pesci clown recitano la parte dei “ rinforzi “, il film rincorre lo spirito picaresco del titolo nuotando nel mondo di Dory deformato dall’amnesia. Colta nel segno da una fugace immagine dell’infanzia, l’ex comedy sidekick( compagno fedele ) si lancia alla ricerca dei suoi ricordi, scongiurando con l’azione l’oblio. Nel viaggio che la separa dall’Istituto Biologico Marino imbottito di attrazioni e reminiscenze, Dory rischia non soltanto di non trovare quello che cerca ma addirittura di perdersi. Ciò che la protagonista dimentica è qualche volta un gioco, qualche altra volta un’azione tragica, più di tutto un dispositivo drammaturgico. Le scene sono disconnesse le une dalle altre, isolate dentro la loro bolla temporale. Ed è proprio questa memoria instabile e altalenante come la marea a fare dell’opera cinematografica di Andrew Stanton un nuovo (e grande) Pixar concettuale. Non è soltanto un sequel voluto fortemente alla luce dei 936 milioni d’incassi in tutto il mondo e i tre oscar vinti. La pellicola infatti è più vicina a Inside Out che Alla ricerca di Nemo, perché a dispetto del titolo, Alla ricerca di Dory ,si svolge simbolicamente proprio nella testa del simpatico pesciolino Dory, una testa tutta da ‘riordinare’. Lo spettatore non naviga nell’immensità dell’oceano, ambientazione che nel 2003 fece staccare diverse mascelle, tale era la forza visiva, ma nella sua proiezione ludica e pedagogica, mutuata direttamente dal parco d’attrazione emozionale di Riley, l’eroina di Inside Out. Una vicenda più raccolta ma non meno travagliata, Alla ricerca di Dory non ha l’audacia del film che l’ha preceduto, che si concede addirittura l’astrazione, nondimeno la Pixar afferma e persegue un’ambizione melodrammatica e teorica, spingendo più lontano l’intrattenimento (mentale). Sospeso tra vena familista e delirio mnemonico, tra divertimento ed emozione, Alla ricerca di Dory concepisce nei molteplici flashback la versione infantile (e mielata) di Dory, che i genitori allevano nel tenero rispetto della sua differenza. Eroina senza memoria, immersa in un parco acquatico e dentro una storia concepita come un percorso ad ostacoli, Dory rivela una formidabile attitudine al presente, all’intraprendenza e al lavoro di squadra, aggirando la sua diversità e trovando un modo altro di nuotare nell’oceano della vita.
Nel bestiario bizzarro e travolgente messo ‘in acqua’ dalla Pixar peschiamo su tutti Hank, l’octopus camaleonte, Gerard, l’otaria allocca, Becky, il volatile spiumato e bislacco e un’anonima ostrica sentimentale con un surplus di memoria, lacrime e parole che non ha mai dimenticato la sua Capasanta. Accanto alla banda accreditata di Nemo, le creature marine della Pixar seguono le correnti marine e ci conducono al largo ‘abbordando’ la nozione di solidarietà e accettazione e toccando il fondo. Dei nostri cuori.
Cuccia Salvatore

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