L’idea di un nuovo adattamento cinematografico di Anna Karenina, non si direbbe certo una novità. Anzi è probabilmente un rischio confrontarsi con le molteplici riproduzioni dell’opera, che spaziano dal cinema alla televisione, senza tralasciare le più famose ed impeccabili interpretazioni di Greta Garbo e Vivien Leigh. Ma il regista Joe Wright ha voluto osare, decidendo di cimentarsi in un’impresa in grado di tener testa alla concorrenza. Di certo non azzardata la scelta del cast, Wright è andato sul sicuro scegliendo, per interpretare Anna, una ben nota, forse troppo, attrice del cinema hollywoodiano: Keira Knightley. Di certo trovare un volto nuovo e più esotico sarebbe stata una scelta rischiosa, ma anche più accattivante e stimolante, non solo per il pubblico. Ma nulla di ciò toglie alla Knightley un viso perfettamente adatto per vestire gli svolazzanti e principeschi panni della mondana nobildonna russa, (valsi un Oscar alla costumista Jacqueline Durran), dotata di una bellezza e di un fascino eccezionali, come ben ricordano i lettori del romanzo. Un’interpretazione però, che non colpisce nel segno. Recitazione impostata: la Knightley sembra incapace di rendere appieno le sfaccettature del carattere instabile di Anna, l’alta statura drammatica del personaggio, il suo processo di destabilizzazione mentale, la gelosia, gli incessanti tormenti e le manie di persecuzione. Molto più azzeccata la scelta dell’interprete maschile: Aaron Taylor-Johnsonn sembra incarnare perfettamente la figura del fascinoso e temerario conte Vronskij, del quale Anna si innamorerà perdutamente. Infine un Jude Law irriconoscibile. Si impone come una nuova sfida per l’attore interpretare i panni del noioso ed abitudinario Aleksej Karenin, marito dell’infedele Anna.
Ma veniamo alla vera novità della pellicola. Wright dà all’intera opera un’impostazione “teatrale”. Fin dalla prima scena lo spettatore vede aprirsi un vellutato sipario rosso scarlatto, che sarà preludio dell’intero dramma. Una trovata fuori dagli schemi, eccentrica, con la quale il regista scrolla di dosso da Anna Karenina qualsivoglia impronta di classicità, sradicandola dalla convenzionale narrazione cinematografica, ma forse osando troppo. Ci si chiede se il vero protagonista non sia proprio il palcoscenico, insieme alle sfarzose ed eleganti scenografie, che distraggono dalla narrazione e dalla psicologia dei personaggi, dai loro drammi e sentimenti; che potevano esser portati fuori nudi e crudi dagli attori, con semplicità e spogli dall’eccessiva sontuosità del tutto. Nonostante questo inizio un po’ caricaturale, con movimenti studiati e coordinati tanto da far pensare ad un musical, si tira un sospiro di sollievo con l’avanzare della pellicola. Wright non dimentica certo l’importanza dei punti fermi del romanzo tolstojiano: gli immortali temi dell’amore, della gelosia, e del tradimento; di una donna giudicata e manipolata dall’impietosa società della Russia ottocentesca, fatta di regole ferree ed imposizioni, che spingeranno Anna – costretta a scegliere tra i doveri coniugali ed il vero amore – alla disperazione più totale, alla separazione dal figlio, ed infine al suicidio. Sono inoltre frequenti i rimandi alla preponderante figura del treno a vapore, protagonista di quell’epoca, ma anche della scena. Il treno sarà anche l’unica via di fuga per Anna, ormai disperata e priva di speranze. Il regista lascia spazio al forte carisma di quest’eroina non convenzionale, ed al suo rapporto tormentato e passionale con il conte Vronskij. Una relazione per certi versi classica, che rimanda al leggendario dualismo amoremorte, al desiderio quasi infantile del vero amore, considerato allora “un’illusione del vecchio ordine.”
Anna Karenina e’ senza dubbio uno dei caratteri più memorabili della storia della letteratura, che in queste vesti tutte nuove e scintillanti non annoia minimamente, e dà piacere vederla reinterpretata, ma forse farà storcere il naso ad alcuni lettori, ormai troppo legati alla stesura originale e classica del romanzo di Tolstoj.