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Arrietty: la recensione di Emilia Iuliano

Arrietty: la recensione di Emilia Iuliano

Appassionata, romantica e coraggiosa, quasi un archetipo. Arrietty non l’ha inventata Hayao Miyazaki, ma sembra davvero uscita dalla sua immaginazione, uno dei personaggi tra l’onirico e il fiabesco che hanno reso popolare lo Studio Ghibli, la sua casa di produzione, in tutto il mondo. Esattamente come accadde per Ponyo sulla scogliera, ma senza la stessa magia. Se non altro il maestro giapponese ha scritto per lei il film giusto, ispirandosi, come altri prima di lui, alla piccola “Prendinprestito” della celebre saga letteraria di Mary Norton.

Alta quasi quanto un mignolo, Arrietty è una “piccola persona” di lillipuziana memoria, che insieme alla sua famiglia vive sotto il pavimento di una villa abitata da esseri umani, dai quali “prende in prestito” piccoli oggetti, biscotti e zollette di zucchero per poter vivere e costruirsi un riparo, che assomiglia alle nostre case delle bambole. Tutto questo, ovviamente, senza farsi scorgere dagli umani: venire allo scoperto è un rischio enorme, che – in caso di sopravvivenza – implicherebbe un trasloco immediato. La regola numero uno, però, va in frantumi alla prima missione di Arrietty, sorpresa dal nuovo ospite umano, che tuttavia di fronte alla creaturina non mostra eccessivo stupore, quasi come se si trattasse di un incontro comune. Un bambino malato di cuore, Sho, che trascorre l’estate nella casa di villeggiatura della famiglia, in attesa di un intervento chirurgico. Sho non ha amici e i suoi genitori, reduci da un divorzio, si occupano più del loro lavoro che di lui. Combattere per una vita così ha perso quasi senso, ma l’incontro con Arrietty apre per Sho nuove prospettive.

Rispetto alla chiassosa trasposizione live-action del 1997 con John Goodman (I rubacchiotti), Arrietty è una dolce madeleine, che rimanda a un cinema d’animazione di altri tempi, a vecchie serie di anime come Lo strano mondo di Minù, nonostante sia ambientata ai giorni nostri. Nell’era dell’impero della CGI, i quadri bucolici disegnati a mano e la comicità tipica di manga e anime del film aprono la porta su una sorta di mondo parallelo alternativo, dove lo straordinario diventa ordinario. I Prendinprestito fanno parte del nostro mondo e noi del loro, inequivocabilmente e senza stupire né bambini né adulti. Perdendo l’effetto-meraviglia che ci avevano regalato La città incantata o Il castello errante di Howl.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
L’incanto di una storia senza tempo, a metà strada tra folklore europeo e le favole della nonna

Non mi piace
Ordinario e straordinario non hanno più confini e l’effetto-meraviglia, tipico della fiaba, perde sostanza

Consigliato a chi
Ai fan, senza sé e senza ma, di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli

Voto
3/5

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